Sono trascorsi più di due anni da quando la Guardia di finanza bussò alle porte della Sogin per effettuare attività di polizia giudiziaria delegate dalla Procura di Roma. Era il 16 dicembre 2021: una nutrita pattuglia di militari insieme al magistrato inquirente si presentarono alla sede di via Marsala per dare esecuzione ai decreti di perquisizione disposti nei confronti di un consigliere di amministrazione e di due dirigenti, accusati del reato di violazione di segreto d’ufficio. Quel giorno i finanzieri intervennero a interrompere la fuga di notizie che da tempo incedeva all’interno della società sul contenuto di alcuni documenti caratterizzati da segretezza. Si trattava degli atti delle verifiche interne che la Sogin avviò esattamente un anno prima incaricando propri dipendenti di fare luce sull’impatto a bilancio dei costi dovuti alla plurimilionaria campagna di comunicazione del 2015, sul deposito nazionale delle scorie radioattive, avviata senza autorizzazioni ministeriali.
Adesso, per quella storia ascesa alle cronache nazionali, giunge notizia di ulteriori censure della condotta degli imputati con l’ultimo pronunciamento depositato in ordine di tempo dalla Procura di Roma, questa volta ad opera del GUP Patrone nel procedimento penale a carico del consigliere di amministrazione del tempo L. Meola, in cui la società del nucleare è ascritta come parte lesa.
All’udienza dello scorso 13 novembre, - da quanto apprende AGEEI - il Magistrato ha messo un altro punto fermo: sia l’ex Capo del Legale Scocco che il consigliere Meola hanno espressamente ammesso che quest’ultima rivelò al primo parte del contenuto della relazione riservata, e precisamente la parte relativa alla questione riguardante la sussistenza dell’incompatibilità di Scocco, che per anni ha ricoperto sia il ruolo di Responsabile prevenzione corruzione che quello di Capo Ufficio Legale iscritto all’Albo speciale avvocati.
LA SENTENZA DEL 7 DICEMBRE
Nel contempo, è pacificamente dimostrato che lo stesso Scocco ha rivelato a più interlocutori di essere a conoscenza del contenuto della relazione riservata o quantomeno di parte di esso.
Pertanto, per il GUP sussistono, quanto alla divulgazione allo Scocco della notizia riservata sulla decisione assunta in tema di incompatibilità, gli elementi oggettivo e soggettivo del reato di rivelazione del segreto di ufficio, trattandosi di notizia destinata a rimanere riservata.
LA SENTENZA DEL 7 DICEMBRE
Il GUP non manca di rimarcare che i documenti sulle verifiche interne del 2021 sono connotati da segretezza e che tale aspetto fosse al tempo facilmente intuibile.
Unico neo del pronunciamento, l’errata identificazione della qualità degli autori della relazione presentata ai sensi della normativa sul whistleblowing e del loro incarico.
La lettura del testo sembra lasciar pensare che il GUP abbia inteso che, anziché dipendenti della PA e personale in servizio alla Sogin, quelli fossero degli ispettori esterni delegati da organi terzi (ARERA), oltre a ritenere che la norma non ricorra per il contenuto ispettivo e consultivo dei rapporti della squadra ispettiva (così viene definito il gruppo di progetto).
LA SENTENZA DEL 7 DICEMBRE
Ovviamente, in questo caso si trattava di dipendenti della Sogin, incaricati dalla propria governance e non da enti terzi. La legge poi non prevede alcun limite sul tipo di attività o incarico svolto dai lavoratori segnalanti e pur se noti, nel contesto lavorativo, una mansione e chi la svolge, solo chi è autorizzato può sapere che quell’attività abbia originato una segnalazione.
Viene da chiedersi perché qualcuno della parte lesa, la Sogin, non l’abbia fatto presente. La società però è da sempre forte dei pronunciamenti a proprio favore del Tar Lazio contro Scocco e dell’ente per l’accesso agli atti di Palazzo Chigi.
LA SENTENZA DEL 7 DICEMBRE
Il GUP si è espresso ritenendo sussistente il fatto ascritto all’imputata, per la circolazione delle informazioni relative ai rilievi su Scocco, disponendo il non luogo a procedere per tenuità dei fatti.
Da un lato ha respinto la richiesta della difesa di non luogo a procedere per insussistenza dei fatti, dall’altro ha valutato ai fini della punibilità, rifacendosi a un indirizzo della Cassazione del 2016, alcuni elementi come la condotta non abituale dei soggetti.
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