Energia12 Aprile 2022 12:12

Antitrust rileva criticità sui controlli per gli extra-profitti del 10%

“L’Autorità intende richiamare l’attenzione sulle criticità delle disposizioni che attribuiscono all’AGCM il compito di verificare ‘indebite ripercussioni’ sui prezzi finali della tassa del 10% sugli extra profitti delle imprese che producono/acquistano e rivendono prodotti energetici (energia elettrica, gas naturale, prodotti petroliferi). Tali problematiche riguardano, infatti, questioni applicative che attengono: i) alle variabili oggetto di monitoraggio; ii) alla modalità di raffronto dei margini mensili medi con margini presi a riferimento; iii) ai controlli da effettuare nel caso di accertamento di un extra margine mensile rispetto a quello preso a riferimento. Ed, infine, si rappresenta l’assenza di specifici poteri di enforcement in capo all’Autorità in caso di sospetto ribaltamento della tassa sui prezzi”. Lo ha detto Maria Tuccillo capo di Gabinetto dell’Antitrust, ascoltata dalle Commissioni Finanze e Industria del Senato sul DL Ucraina.

Qui il testo integrale dell'intervento:

Onorevole Presidente,
Onorevoli Senatrici e Senatori,
12 APRILE 2022
vi ringrazio per aver offerto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato l’opportunità di esprimere la propria opinione sul tema della formazione dei prezzi nel mercato dei carburanti e dei prodotti energetici nonché sul Decreto-legge n. 21/2022 recante “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina” (di seguito il “Decreto”).
Il Decreto prevede, infatti, ulteriori misure per contrastare l’attuale fase di forte aumento dei prezzi dell’energia e dei carburanti e, all’articolo 1, comma 7 e all’articolo 37, comma 8 contiene la previsione di nuovi compiti in capo all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”).
Di seguito, dopo aver formulato alcune osservazioni in merito all’attuale fase di rialzo dei prezzi dell’energia e ricordato quali sono le effettive competenze in capo all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (e, dunque, anche le modalità con cui essa può contrastare tali fenomeni) si evidenzieranno taluni profili di criticità delle nuove disposizioni e, in particolare, del comma 8 dell’articolo 37, che emergono sul piano applicativo.

In merito alla fase di forte crescita dei prezzi delle materie prime energetiche e, in particolare, del gas naturale, che si protrae ormai dalla primavera del 2021, l’Autorità ha avuto già occasione di esprimersi una prima volta lo scorso febbraio nell’ambito dell’esame della Comunicazione della Commissione europea in materia di prezzi dell’energia1.
In quell’occasione, l’Autorità si era soffermata in particolare sul dibattuto tema del ritorno ad un sistema di contratti di lungo termine e l’abbandono delle contrattazioni spot e, inoltre, sulla possibile riforma del meccanismo di formazione del prezzo dell’energia elettrica sul mercato nazionale. Con riferimento alle misure di breve termine, invece, l’Autorità aveva in quella sede rilevato come quelle prospettate dalla Commissione nella citata Comunicazione corrispondessero essenzialmente alle misure già assunte o in via di assunzione dal Governo italiano a partire da giugno 2021, consistendo, in estrema sintesi, in un rafforzamento degli interventi a sostegno delle categorie di clienti più in difficoltà e in un alleggerimento degli oneri fiscali e parafiscali che gravano sul consumo finale di energia2.
Lo scoppio della guerra in Ucraina ha inasprito un quadro già molto teso e reso necessario la pubblicazione da parte della Commissione europea, nello scorso mese di marzo, di una nuova Comunicazione sui prezzi dell’energia3.
Sul punto, risulta ormai chiara la necessità di adottare una strategia di riduzione dell’approvvigionamento di fonti fossili da paesi geopoliticamente non affidabili.
Le contingenti tensioni geopolitiche al confine tra Russia e Ucraina hanno altresì determinato un fortissimo incremento delle quotazioni dei carburanti per autotrazione (benzine e gasolio) in tutta Europa. La soglia psicologica dei 2 euro al litro è stata largamente superata nei giorni successivi al 10 marzo scorso.
L’Autorità, a partire dal 14 marzo, ha ricevuto moltissime segnalazioni di privati cittadini, associazioni di consumatori, soggetti istituzionali, che chiedevano un suo intervento teso a verificare i forti incrementi dei prezzi alla pompa. In data 18 marzo l’AGCM ha inviato, anche attraverso la collaborazione della Guardia di Finanza, numerose richieste di informazioni alle principali imprese petrolifere verticalmente integrate operanti in Italia sulla rete di distribuzione carburanti, ad alcuni operatori indipendenti e ad associazioni di categoria4. Proprio in questi giorni si sta completando la raccolta delle informazioni richieste e si procederà alla valutazione dei dati.
Al riguardo preme, tuttavia, rappresentare con chiarezza che tra i compiti attribuiti all’Autorità dalle norme (nazionali e europee) in materia di concorrenza non rientra la repressione di generici fenomeni speculativi. L’Autorità difatti reprime gli abusi di posizione dominante – che postulano l’individuazione di una posizione dominanza di uno specifico mercato – ovvero le intese restrittive della concorrenza.
Proprio con riferimento a quest’ultimo aspetto, deve segnalarsi un recentissimo caso relativo ad un cartello tra i distributori di Livigno (Sondrio), denunciato all’Autorità dalla Guardia di Finanza, e per il quale è stata avviata una istruttoria proprio perché sono agli atti evidenze documentali che dimostrano l’esistenza di una esplicita concertazione finalizzata alla fissazione del prezzo alla pompa dei carburanti5. La valutazione dei dati acquisiti con le richieste di informazioni del 18 marzo scorso, pertanto, verrà svolta nell’ambito di tali ben definite competenze in materia antitrust.
Non meno complessa, infine, appare l’applicazione a siffatti fenomeni speculativi della normativa a tutela dei consumatori, attribuita all’AGCM dal Codice del Consumo.
***
Passando all’esame del Decreto che è all’esame di codeste Commissioni, si rileva che lo stesso si inquadra esattamente nel solco delle iniziative tese a ridurre l’impatto del caro energia su imprese e consumatori.
Tra queste, si segnalano, in particolare: a) il contenimento dei prezzi di benzina e gasolio tramite una riduzione delle accise (art. 1 e 2); b) le misure per la riduzione dei prezzi di energia elettrica e gas naturale tramite l’ampiamento dei crediti di imposta e del bonus sociale (artt. 3-7); c) le misure specifiche a sostegno dei settori dell’autotrasporto, della pesca, agricoltura e turismo (artt. 13-22).
Inoltre, al fine di finanziare alcune tra le misure di contenimento degli effetti dell’aumento dei prezzi del settore energetico, l’articolo 37 del Decreto introduce, per l’anno 2022, un contributo a carico di una serie di imprese del settore dell’energia, a titolo di prelievo solidaristico straordinario nella misura del 10% di un cd. “extraprofitto” misurato sulla base della differenza di due saldi tra due le operazioni attive e passive a fini IVA.
Si tratta, nel complesso, come peraltro era avvenuto anche nel caso dei passati interventi del Governo, di misure opportune e ben calibrate soprattutto in un’ottica di breve termine al fine di contenere l’impatto della situazione contingente sulle imprese e sulle categorie sociali più vulnerabili che, però, non sono in grado - da sole - di eliminare in radice la gravità del fenomeno dell’incremento dei prezzi dell’energia.
Sul punto, infatti, l’AGCM non può che ribadire l’importanza di interventi funzionali ad una più rapida, consapevole ed efficiente diffusione di un regime di libero mercato dell’energia, nel quale i consumatori finali possano beneficiare degli effetti della concorrenza tra i fornitori.

I nuovi compiti attribuiti all’Autorità
Nel quadro delle misure introdotte per contrastare l’aumento dei prezzi delle materie energetiche e dei carburanti, il Decreto legge n. 21/2022 prevede un ruolo dell’Autorità nel sistema dei controlli pubblici all’uopo predisposti, al fine di non vanificare l’effetto delle medesime misure.
i) Il monitoraggio in materia di riduzione delle accise sui carburanti (articolo 1, comma 7).
In particolare, il comma 7, dell’articolo 1 in materia di riduzione delle accise, prevede che la Guardia di Finanza possa segnalare ad AGCM, per l’adozione dei provvedimenti di competenza elementi rilevati, nel corso delle attività di monitoraggio sull’effettiva applicazione degli sconti sulle accise, sintomatici di condotte che possano ledere la concorrenza o costituire pratiche commerciali scorrette7.
Si tratta, a ben vedere, di un compito che può essere ricondotto nel solco delle ordinarie attribuzioni dell’Autorità in materia antitrust e di tutela del consumatore ed in virtù delle quali l’AGCM, d’ufficio o su segnalazione, è chiamata a vigilare sul mercato per contrastare eventuali condotte collusive tra le imprese del settore ovvero abusive di una posizione dominante, nonché a reprimere le condotte scorrette poste in essere a detrimento dei diritti dei consumatori.
ii) Il monitoraggio in materia di prezzi e tariffe nel settore energetico (articolo 37 comma 8)
Particolari criticità presenta, invece, l’articolo 37 del Decreto che ha istituito, per l’anno 2022, un contributo a carico di una serie di imprese del settore dell’energia, a titolo di prelievo solidaristico straordinario nella misura del 10% di un c.d. “extraprofitto”. In tale quadro, al comma 8 viene attribuita ad AGCM una funzione di monitoraggio dei margini prezzi-costi delle imprese soggette alla extra-tassa del 10% al fine di evitare “indebite” ripercussioni sui prezzi finali8. La norma mira dunque ad evitare il ribaltamento sui prezzi dei prodotti energetici per la restante parte del 2022 della tassazione degli extra profitti.
Si richiama sin d’ora l’attenzione sulla circostanza che la norma non vieta il ribaltamento della tassa sui prezzi, ma si limita ad auspicare che si evitino “indebite ripercussioni”, senza tuttavia specificare cosa si intenda per “indebito”. A tal fine i soggetti gravati dal prelievo, per il periodo aprile-dicembre 2022, dovranno comunicare all’Autorità, ogni fine mese, una serie di dati sulla base di modalità decise dall’AGCM.
L’Autorità può sottoporre a verifica i dati ricevuti “nell’ambito di un piano straordinario di controllo sulla veridicità dei dati” avvalendosi della Guardia di Finanza che agisce con i suoi poteri in materia di verifiche IVA e può utilizzare a tal fine anche i dati di cui al comma 5, dell’articolo 37 del Decreto9.
Si sottolinea altresì che la norma in esame non prevede alcun meccanismo sanzionatorio in caso di mancato invio dei dati da parte dei soggetti gravati, né, tantomeno, individua un obbligo in capo agli stessi di comunicare all’Autorità di essere oggetto del monitoraggio.
La disposizione contenuta al comma 8 dell’articolo 37 presenta ulteriori aspetti critici, che l’Autorità ritiene opportuno evidenziare.
In primo luogo, si rileva l’assoluta indeterminatezza circa le variabili oggetto della comunicazione delle imprese all’Autorità. Da un lato, infatti, si ricorda come al comma 3, dell’articolo 37 il Decreto in esame preveda che la tassa del 10% non sia misurata sulla base di un margine classico contabile da bilancio (MOL, MON o utile netto), ma da un saldo a fini IVA dato dalla differenza tra le c.d. operazioni attive (dal registro delle fatture emesse) e le operazioni passive (dal registro degli acquisti). Il comma 8 tuttavia prevede la comunicazione ad AGCM “del prezzo medio di acquisto, di produzione e di vendita dell’energia elettrica, del gas naturale e del gas metano nonché dei prodotti petroliferi, relativi al mese precedente”. Sembrerebbe, dunque, che le variabili su cui calcolare il margine che rappresenta la base imponibile non siano le stesse che le medesime imprese devono notificare all’Autorità al fine di consentire la verifica su indebite ripercussioni sui prezzi della tassa10. Si rende necessario, dunque, un intervento idoneo ad individuare i dati oggetto di monitoraggio a partire dalla fine del mese di aprile 2022.
Al riguardo, si rileva che per l’energia elettrica e il gas naturale, che sono beni omogenei, è possibile ipotizzare un obbligo di comunicazione di due soli dati mensili (per costi e ricavi medi), anche alla luce del fatto che - sulla base di una consolidata prassi applicativa dell’Autorità - i diversi mercati rilevanti della vendita di energia a gas non si differenziano per la qualità del bene venduto, ma per la dimensione del cliente (grande impresa, PMI, domestico).
Maggiori difficoltà si pongono invece per i prodotti petroliferi: una impresa che commercia prodotti petroliferi può, infatti, vendere benzine, gasoli, olio combustibile, GPL, Nafta, jet fuel ecc. Lo stesso gasolio può essere impiegato per diversi usi (autotrazione, riscaldamento, agricoltura, pesca ecc). Esistono poi tutta una serie di prodotti a valore aggiunto (con additivi, per basse temperature, con caratteristiche ambientali particolari). Emerge, dunque, la necessità di operare delle scelte con riferimento a quali prodotti petroliferi limitare la comunicazione mensile dei dati.
Infine, anche con riguardo al contenuto dei controlli che la Guardia di Finanza dovrebbe porre in essere per conto dell’Autorità, la norma non risulta sufficientemente chiara: da un lato, infatti, essa dispone, al comma 8, che le imprese devono comunicare “il prezzo medio di acquisto, di produzione e di vendita dell’energia elettrica, del gas naturale e del gas metano nonché dei prodotti petroliferi, relativi al mese precedente”; dall’altro, la medesima disposizione prevede, al comma 9, che la Guardia di Finanza utilizza “anche i dati di cui al comma 5 e agisce con i poteri a essa attribuiti per l’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte sui redditi”11.
Una volta individuato l’ambito oggettivo dell’attività di monitoraggio con riguardo alle informazioni da trasmettere, appare altresì necessario stabilire in che modo verificare la sussistenza di “indebite ripercussioni sui prezzi al consumo dei prodotti energetici e dell’energia elettrica”. In tale ottica, assume rilievo il fatto che ogni possibile attività di accertamento di un ribaltamento della tassa sui prezzi non possa prescindere dall’utilizzo di un valore parametrico di margine prezzo/costi oltre il quale si presuma l’avvenuto ribaltamento.
In altri termini, sembrerebbe necessario calcolare un margine mensile per ogni azienda gravata dall’obbligo e rapportare questo margine con un margine standard realizzato dalla medesima azienda12. Qualora la differenza tra margine mensile effettivo e margine di riferimento dovesse superare un dato livello predefinito, potrebbero essere disposti ulteriori accertamenti tesi a verificare la natura di questo scostamento.
Ciò di fatto equivale a fissare, per lo meno fino a dicembre 2022, un margine predefinito per le imprese oltre il quale scatterebbero ulteriori controlli, che - tenuto conto della lettera della norma - potrebbero essere realizzati anche con l’ausilio della Guardia di Finanza. Qualora, ad esito di detti controlli, non emergessero motivi validi a supporto dello scostamento dei margini, la norma prevede che l’Autorità possa verificare “la sussistenza dei presupposti per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza sulla base dei dati ricevuti e di apposite verifiche”.

La criticità più rilevante relativa ai poteri individuati dal Decreto in parola attiene principalmente a tale verifica.
Ed invero, in applicazione della normativa a tutela della concorrenza, non si ravvedono spazi d’intervento per ipotesi di abuso di posizione dominante. L’art. 3 della legge 287/90 e/o l’art. 102 del TFUE in tema di abuso di posizione dominante, infatti, oltre a prevedere l’individuazione del presupposto della posizione dominante, consentono, solo in casi molto limitati, di colpire i prezzi eccessivi rispetto ai costi sopportati.
Nel caso di specie, inoltre, le aziende gravate, da aprile a dicembre 2022, vedranno i loro costi aumentare in ragione della tassa del 10%. Ciò rende ex se inapplicabile a tali fenomeni – anche a prescindere dall’accertamento o meno di una posizione dominante - la disciplina sull’abuso di posizione dominante, sub specie di prezzi gravosi ai casi contemplati dalla nuova normativa.
Ancora più difficile è ipotizzare un intervento ai sensi delle norme in materia di intese restrittive (ex art. 2 legge 287/90 e/o art. 101 TFUE) che richiederebbero l’esistenza di un accordo tra imprese operanti nei medesimi settori merceologici finalizzati a ribaltare in forma identica (o, comunque, coordinata) la tassa al fine di non alterare i relativi prezzi.
Infine, non meno ardua appare l’applicazione della normativa a tutela dei consumatori alle ipotesi contemplate dal Decreto atteso che il Codice del Consumo mira a garantire la trasparenza delle condotte commerciali e ad assicurare che i consumatori possano effettuare liberamente le loro scelte di acquisto al riparo da indebiti condizionamenti o da prospettazioni ingannevoli.
****
In conclusione, l’Autorità intende richiamare l’attenzione di codeste Commissioni sulle criticità delle disposizioni che attribuiscono all’AGCM il compito di verificare “indebite ripercussioni” sui prezzi finali della tassa del 10% sugli extra profitti delle imprese che producono/acquistano e rivendono prodotti energetici (energia elettrica, gas naturale, prodotti petroliferi).
Tali problematiche riguardano, infatti, questioni applicative che attengono: i) alle variabili oggetto di monitoraggio; ii) alla modalità di raffronto dei margini mensili medi con margini presi a riferimento; iii) ai controlli da effettuare nel caso di accertamento di un extra margine mensile rispetto a quello preso a riferimento.
Ed, infine, si rappresenta l’assenza di specifici poteri di enforcement in capo all’Autorità in caso di sospetto ribaltamento della tassa sui prezzi.
Si ringrazia per l’attenzione.