Energia7 Giugno 2022 10:17

Per l’Istat il rialzo dei prezzi energetici deprimerà spesa famiglie. Pil in crescita anche nel 2023

Dopo un 2021 caratterizzato da un forte dinamismo, nei primi mesi di quest’anno l’attività economica ha mostrato una decelerazione diffusa tra i principali paesi. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha amplificato le criticità già esistenti: inflazione in accelerazione; ostacoli al funzionamento delle catene del valore; aumento della volatilità sui mercati finanziari; ulteriori rialzi dei prezzi delle materie prime energetiche e alimentari.
Queste criticità, cui si aggiunge il cambio di intonazione delle politiche monetarie annunciato e in alcuni paesi già implementato a inizio anno, hanno determinato un generalizzato peggioramento delle prospettive di breve e medio termine dell’economia internazionale. La Commissione europea ha rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil mondiale per il biennio 2022-2023 (rispettivamente +3,2% e +3,5%).

Il commercio internazionale di merci in volume, incrementatosi in media nel 2021 del 5,5%, nel primo trimestre del 2022 ha decisamente rallentato, crescendo dello 0,8% rispetto ai tre mesi precedenti.

Tra gennaio e marzo, l’economia cinese, frenata dalle nuove misure di lockdown, ha decelerato rispetto al trimestre precedente (+1,3% in termini congiunturali da +1,6%). Secondo le stime della Commissione Europea il paese, quest’anno e il prossimo, crescerà rispettivamente del 4,6% e del 5%.

Negli Stati Uniti, il Pil nei primi tre mesi del 2022 ha mostrato un'inaspettata flessione congiunturale (-0,4%). Si tratta del primo calo da circa due anni. L’andamento è stato condizionato dai contributi negativi delle esportazioni nette e delle scorte superiori all’apporto positivo della domanda interna.
Come atteso dai mercati, e nonostante l’acuirsi delle tensioni geopolitiche, a marzo e aprile la Federal Reserve, per la prima volta da dicembre 2018, ha alzato i tassi di interesse rispettivamente di 25 e 50 punti base, come misura di contrasto ai livelli elevati dell’inflazione. Il paese è atteso crescere quest’anno del 2,9%, in netta decelerazione rispetto al 2021, per poi rallentare ulteriormente al 2,3% nel 2023.

Nell’area euro, nei primi tre mesi del 2022 il Pil è aumentato dello 0,3% in termini congiunturali, la stessa intensità del trimestre precedente. A livello nazionale, in Spagna, Germania e Italia il Pil è cresciuto rispettivamente dello 0,3%, dello 0,2% e dello 0,1% mentre in Francia si è mantenuto sui livelli dei tre mesi precedenti.

La fase di moderazione dell’attività economica sembra estendersi anche al secondo trimestre. L’indice composito ESI della Commissione europea, a maggio ha segnato un marginale miglioramento, mantenendosi sopra la media di lungo periodo. La Commissione europea prevede che il Pil dell’area euro aumenti del 2,7% quest’anno per poi rallentare al 2,3% nel 2023.

A livello nazionale, la Spagna dovrebbe crescere quest’anno del 4,0% (+3,4% nel 2023) seguita dalla Francia (+3,1% e +1,8%) e dalla Germania che dovrebbe mostrare una accelerazione dell’attività nel 2023 (+1,6% e +2,4%).
Lo scorso anno, il tasso di cambio si è attestato a 1,18 dollari per euro mentre per il 2022 si stima un progressivo deprezzamento dell’euro fino a 1,07 dollari che si manterrà, in base all’ipotesi tecnica sottostante la previsione, stabile nel 2023.

Nel 2021, la fase di ripresa dell’attività economica e il disequilibrio tra domanda e offerta hanno determinato un deciso aumento della quotazione del petrolio che in media è stata pari a 70,4 dollari al barile, in deciso rialzo rispetto al 2020 (43,4 dollari). Nei primi mesi del 2022 il prezzo del Brent è salito oltre i 100 dollari al barile. L’ipotesi tecnica implica il mantenimento di questo livello per il resto dell’anno e per il 2023.

PREVISIONI PER L’ECONOMIA ITALIANA

La fase di ripresa del ciclo economico italiano è apparsa affievolirsi nel primo trimestre (+0,1% la variazione congiunturale). La domanda nazionale (al netto delle scorte), ha fornito un contributo positivo alla crescita (+0,4 punti percentuali) mentre quella estera netta, condizionata dal marcato aumento delle importazioni, ha fornito un apporto negativo (-0,3 punti percentuali).

Il miglioramento della domanda ha riflesso andamenti differenziati tra i comportamenti di famiglie e imprese che hanno manifestato, nel confronto con il trimestre precedente, una riduzione dei consumi (-0,8%) e un ulteriore aumento degli investimenti (+3,9%), trainati dal protrarsi del dinamismo di quelli in costruzione e da una ripresa degli investimenti in impianti, macchinari e armamenti

Anche dal lato dell’offerta sono emersi andamenti differenziati tra i settori. All’ulteriore miglioramento congiunturale del valore aggiunto delle costruzioni (+5,8%) si è associato un calo dell’attività dell’industria in senso stretto (-0,9%) e una sostanziale stabilità di quella dei servizi (-0,1%), sostenuta dal recupero delle attività professionali, ricerca e servizi di supporto e dalle attività immobiliari (rispettivamente +4,0% e +1,3%).

Le indagini sulla fiducia confermano l’eterogeneità tra la reazione di famiglie e imprese all’impatto della guerra. L’indice di fiducia dei consumatori ha segnato una caduta tra marzo e aprile, condizionata dal peggioramento dei giudizi sul clima corrente e futuro, a cui è seguita a maggio una contenuta ripresa.

L’andamento della fiducia delle imprese, la cui flessione è stata più moderata rispetto a quella dei consumatori, mostra significative differenze tra le attività. A maggio, nel settore delle costruzioni la fiducia è rimasta su livelli massimi mentre è diminuita quella delle imprese manifatturiere, evidenziando un ulteriore peggioramento dei giudizi sugli ordini, ed è tornata ad aumentare la fiducia nel settore dei servizi, prevalentemente tra le imprese del turismo e dei servizi di informazione e comunicazione.

La fase di ripresa degli investimenti e il mantenimento della fiducia delle imprese a un livello superiore alla media di lungo periodo si associano, tuttavia, a due elementi di forte criticità legati alla crescita dei prezzi dei beni energetici: il peggioramento del saldo della bilancia commerciale e l’accelerazione dell’inflazione. Nel primo trimestre il saldo della bilancia commerciale è risultato negativo per 7 miliardi anche se, considerato al netto dei beni energetici, ha segnato un avanzo di 14,9 miliardi.

A maggio, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento del 6,9% su base annua (da +6,0% del mese precedente) trainato sia dai listini dei beni energetici sia da una più ampia diffusione del fenomeno inflattivo.

L’evoluzione di questi fattori nel breve e medio periodo è contraddistinta da un elevato grado di incertezza.

Assumendo il proseguimento delle tendenze in atto nei comportamenti di famiglie e imprese, nel 2022 il Pil in media segnerebbe un ulteriore miglioramento (+2,8%) trainato dalla domanda interna che, al netto delle scorte, contribuirebbe positivamente per 3,2 punti percentuali mentre la domanda estera netta fornirebbe un apporto negativo (-0,4 punti percentuali). Il contributo delle scorte è stimato pari a zero in entrambi gli anni. La fase espansiva dell’economia italiana è prevista estendersi anche al 2023, sebbene con una intensità più contenuta: il Pil aumenterebbe dell’1,9%, sostenuto interamente dal contributo della domanda interna al netto delle scorte (1,9 punti percentuali) mentre la domanda estera netta fornirebbe un contributo nullo. In questo scenario, nel 2023 si registrerebbe un azzeramento del saldo della bilancia commerciale.

CONSUMI IN RALLENTAMENTO

Nel primo trimestre del 2022, nei principali paesi europei la spesa per consumi finali è diminuita in termini congiunturali. In Spagna e Francia si sono registrati i cali più ampi (rispettivamente -2,3% e -0,9%), in Germania una sostanziale stabilizzazione (-0,1%).

Tra gennaio e marzo, in Italia i consumi finali hanno segnato una flessione congiunturale che estende la fase di moderazione avviatasi nel trimestre precedente (rispettivamente -0,6% T1 2022 e +0,1% T4 2021). In particolare, la spesa delle famiglie sul territorio economico ha evidenziato una particolare debolezza negli ultimi mesi (-0,9% in T1 e -0,4% in T4). Il peggioramento della spesa delle famiglie ha riflesso la riduzione degli acquisti per i servizi (-2,0% T1, -0,7% in T4) e per i beni non durevoli (-1,0% T1). Il miglioramento delle spese per beni durevoli e semidurevoli (rispettivamente +2,7% e +2,4%) ha determinato una attenuazione del calo dei consumi.

La fase di deciso peggioramento del clima di fiducia dei consumatori segnata a marzo e aprile ha mostrato una lieve attenuazione a maggio quando le attese di aumento dei prezzi si sono ridotte. La propensione al risparmio, ancora superiore ai livelli pre-crisi, potrebbe costituire un elemento di stimolo per i consumi nei prossimi mesi che, allo stesso tempo, risentirebbero negativamente dell’elevata inflazione. Per il 2022 si prevede un incremento dei consumi delle famiglie e delle ISP in termini reali (+2,3%) che si accompagnerebbe a un leggero aumento della propensione al consumo. Il miglioramento dei consumi è atteso proseguire anche nell’anno successivo seppure con una intensità più contenuta (+1,6%). Anche i consumi della PA sono attesi aumentare nell’orizzonte di previsione con una intensità simile (rispettivamente +0,5% e +0,6%).

INVESTIMENTI TRAINATI DALLE COSTRUZIONI

Nel 2021 gli investimenti italiani hanno segnato una forte accelerazione (+17,0%) superiore a quella di Francia (+11,6%), Spagna e Germania (rispettivamente +4,3% e +1,1%). La quota di investimenti sul Pil ha registrato un significativo incremento portandosi al 20,0%, un livello superiore a quello del 2019 (18,4%), ma ancora inferiore ai valori osservati in Francia (24,0%), Spagna (21,6%) e Germania (21,0%).
Il ciclo espansivo degli investimenti italiani è proseguito anche nei primi tre mesi del 2022 (+3,9% rispetto al trimestre precedente), sostenuto dall’ulteriore accelerazione del comparto delle costruzioni (+5,5%) e degli impianti, macchinari e armamenti (+4,3%).

Nei prossimi mesi i fattori a favore del proseguimento del ciclo favorevole degli investimenti, quali il sostegno al settore delle costruzioni e la realizzazione del piano di investimenti pubblici previsti dal PNRR, sono attesi bilanciare gli elementi negativi, quali il peggioramento della fiducia e delle attese di produzione da parte delle imprese e il possibile rialzo dei tassi di interesse.

Nel complesso, nel 2022 proseguirebbe il recupero degli investimenti (+8,8%) per poi rallentare nell’anno successivo (+4,2%). Nel 2023 il rapporto tra investimenti e Pil raggiungerebbe il 21,6%.

BILANCIA COMMERCIALE IN PAREGGIO

Nel corso del 2021 gli scambi con l’estero dell’Italia, analogamente agli altri paesi europei, hanno mostrato un forte recupero dopo il crollo dell’anno precedente. Le esportazioni di beni e servizi, misurate a valori concatenati, sono aumentate complessivamente del 13,4%, un tasso lievemente superiore a quello osservato in media nell’area euro. Anche le importazioni hanno evidenziato un deciso rimbalzo (+14,3%).

Il recupero delle esportazioni di beni italiani è stato diffuso tra i settori e tra i paesi, con una maggiore dinamicità all’interno dell’Unione europea. La fase di ripresa del commercio estero italiano è proseguita anche nel primo trimestre dell’anno con una intensità più accentuata delle importazioni rispetto alle esportazioni (rispettivamente +4,3% e +3,5% in termini congiunturali). Le vendite all’estero hanno mostrato aumenti nei principali mercati di destinazione, in particolare verso la Germania, la Spagna, la Francia e gli Stati Uniti mentre i flussi diretti verso la Cina hanno manifestato una minore vivacità rispetto ai primi mesi del 2021, condizionati dalle misure di lockdown introdotte nel paese.

Il forte rialzo dei prezzi delle materie prime energetiche, avviatosi a partire dal secondo semestre dello scorso anno, ha determinato un deciso incremento dei flussi in valore delle importazioni con un conseguente deterioramento della bilancia commerciale italiana che, nel primo trimestre, ha segnato un deficit per il totale dei beni (-7 miliardi) e un miglioramento per il totale al netto dell’energia (14,9 miliardi).

In assenza di significative cadute del commercio internazionale, nel 2022 le importazioni aumenterebbero con una intensità superiore a quella delle esportazioni (rispettivamente +8,5% e +6,7%) mentre nell’anno successivo entrambi i flussi crescerebbero con una intensità simile (+3,8% e +3,7%). L’aumento della spesa per le importazioni di beni energetici causerebbe un progressivo deterioramento del saldo della bilancia commerciale, espresso in percentuale di Pil, che si ridurrebbe nell’anno corrente (+0,6%) per poi annullarsi l’anno successivo (+0,1%).

MIGLIORAMENTI SUL MERCATO DEL LAVORO

Nel primo trimestre sono proseguiti i miglioramenti del mercato del lavoro con un aumento sia delle unità di lavoro (ULA) per il totale dell’economia (+1,7% la variazione congiunturale) sia delle ore lavorate (+1,5%). La crescita delle ULA, diffusa tra i settori, è stata trainata dalle costruzioni (+5,0% la variazione congiunturale) e, in misura più contenuta, dall’industria in senso stretto (+1,5%) e dai servizi (+1,4%).

Ad aprile si è manifestata una sostanziale stabilizzazione del mercato del lavoro. Il tasso di occupazione è rimasto invariato rispetto al mese precedente mentre si è registrata una marginale riduzione del tasso di disoccupazione (-0,1 punti percentuali) associata a un aumento del tasso di inattività (+0,1 punti percentuali).

Le prospettive sull’occupazione evidenziano primi segnali di rallentamento. Nel primo trimestre il tasso di posti vacanti ha segnato una prima flessione nei servizi mentre è rimasto sui livelli massimi del periodo nell’industria.

Il proseguimento delle tendenze in atto determinerebbe nell’anno corrente una crescita delle ULA (+2,5%) che è attesa proseguire nel 2023 (+1,6%), in linea con l’evoluzione del Pil. Il tasso di disoccupazione segnerà un deciso miglioramento nel corso dell’anno (8,4%) per poi ridursi ulteriormente nel 2023 (8,2%).

Le previsioni delle retribuzioni per ULA dipendente incorporano una ipotesi conservativa sui rinnovi contrattuali, contabilizzando solo quelli già in vigore. In questo scenario si registrerebbe un aumento delle retribuzioni per ULA nel biennio di previsione (rispettivamente +2,6% e +2,2%).
Tuttavia è opportuno ricordare che a marzo 2022 la quota di dipendenti in attesa di rinnovo era pari al 55,4%. L’Istat ha diffuso oggi la nota sulle previsioni dell’indice IPCA al netto dei beni energetici importati, indicatore utilizzato come riferimento per i rinnovi contrattuali.

SOSTENUTI E DIFFUSI AUMENTI DELL’INFLAZIONE

Nei primi mesi del 2022, l’inflazione ha accelerato trainata dagli effetti dei rincari del petrolio, del gas naturale e delle materie prime agricole che hanno avuto impatto nelle diverse fasi del sistema dei prezzi.

Nel primo trimestre, l’incremento tendenziale dell’indice per l’intera collettività si è attestato al 5,7%, per poi segnare una accelerazione ad aprile (+6,0%) e maggio (+6,9%). L’evoluzione è stata caratterizzata dal contributo fortemente positivo delle voci energetiche (+42,2% a maggio da 45,2% del primo trimestre) sostenute sia dalla componente dei prezzi dei beni regolamentati, caratterizzata dagli adeguamenti trimestrali al rialzo delle tariffe di energia elettrica e gas, sia da quella dei beni non regolamentati.

A maggio è proseguita la diffusione dei rialzi dei prezzi nei diversi prodotti. I prezzi dei beni alimentari hanno mostrato un’ulteriore accelerazione tendenziale (+7,1%), a sintesi di aumenti significativi sia degli alimentari lavorati (+6,8%) sia dei beni alimentari non lavorati (+7,9%). Anche i listini dei servizi hanno evidenziato una accelerazione negli ultimi mesi (+3,1% a maggio) trainati dai prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona e dei trasporti.

Il rafforzamento e la diffusione della fase di crescita dei prezzi si è riflesso nelle misure dell’inflazione di fondo, sia nell’accezione che esclude energetici, alimentari e tabacchi (2,7% a maggio da 2,0% a aprile) sia in quella al netto dei soli beni energetici (3,7% a maggio da 2,9% a aprile).
L’andamento dell’inflazione italiana, misurata dall’indice armonizzato dei prezzi al consumo IPCA, rimane comunque meno accentuato rispetto a quello dell’area euro con un conseguente aumento del differenziale rispetto sia all’indice complessivo sia alla core inflation, (rispettivamente -0,7 e
-0,9 punti percentuali a maggio).

La crescita dell’inflazione è attesa proseguire nei prossimi mesi per poi attenuarsi, anche se con tempi e intensità ancora incerti. Nella media del 2022, il tasso di variazione del deflatore della spesa delle famiglie è previsto crescere (+5,8%, +1,7% nel 2021) mentre il deflatore del Pil segnerà un incremento più contenuto (+3,4%, +0,5% nel 2021).

Sotto l’ipotesi che le pressioni al rialzo dei prezzi delle materie prime siano contenute e in presenza di una stabilizzazione delle quotazioni del petrolio e del cambio, nel prossimo anno l’inflazione è attesa in parziale decelerazione. Nel 2023, il deflatore della spesa per consumi delle famiglie e quello del Pil sono previsti crescere rispettivamente del 2,6% e 2,0% in media d’anno.

REVISIONI DEL PRECEDENTE QUADRO PREVISIVO

L’attuale scenario previsivo fornisce un aggiornamento delle stime per il 2022 diffuse lo scorso dicembre, elaborate prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

La revisione ha avuto un effetto principale, per l’anno corrente, sulle ipotesi per le esogene con un ridimensionamento del commercio mondiale (da +6,4% a +4,9%), un deprezzamento del tasso di cambio dell’euro rispetto al dollaro (da 1,18 a 1,04) e un rialzo delle quotazioni del petrolio (da 70,4 dollari al barile a 101,4).

L’insieme di questi aggiornamenti ha determinato per il 2022 una revisione al ribasso del Pil di circa 2 punti percentuali (da +4,7% a +2,8%) e della spesa delle famiglie residenti e ISP (-2,5 punti percentuali). La revisione delle esogene ha avuto un impatto significativo anche sulle stime di commercio estero dell’Italia, determinando un rialzo delle importazioni (+1,6 p.p) congiuntamente a una flessione delle esportazioni (-0.4 p.p.). L’incremento del prezzo del petrolio, infine, ha determinato una revisione al rialzo del deflatore della spesa delle famiglie e del Pil (rispettivamente +3,6 p.p. e +1,2 p.p.).