Politica8 Luglio 2022 11:26

La sfida per il futuro è la transizione ecologica: cosa dice il rapporto Istat 2022

Dopo una crescita record nel 2021 (+6,6%), a inizio anno il Pil dell’Italia è tornato sui livelli di fine 2019, anche se con progressi non uniformi tra i settori. Dalla seconda metà dello scorso anno lo scenario internazionale si è gradualmente deteriorato per effetto di strozzature dal lato dell’offerta e di consistenti spinte inflazionistiche, esacerbate dall’invasione russa dell’Ucraina. Quest’ultima ha anche peggiorato le attese, così come il cambio di intonazione della politica monetaria. Coerentemente, le prospettive di crescita mondiali per il 2022 e il 2023 sono peggiorate e quelle per l’Italia, pur restando positive, sono in decelerazione. L’inflazione a giugno ha raggiunto l’8,0% per l’indice NIC, ai massimi da gennaio 1986, sospinta dai rincari delle materie prime, in particolare del gas naturale, il cui prezzo è aumentato di circa sei volte. È quanto rileva Istat nel Rapporto annuale 2022.

Guardando al futuro, la sfida della transizione ecologica – alla quale il PNRR dedica circa 85 miliardi di euro di investimenti – è particolarmente rilevante per il nostro Paese, che dipende dall’estero per oltre tre quarti dell’approvvigionamento energetico, principalmente di petrolio e gas naturale. Nell’ultimo decennio risparmi importanti sono stati conseguiti nei consumi dell’industria, molto minori quelli delle famiglie mentre sono rimasti stabili i consumi del terziario.

Di rilevanza strategica per sostenere lo sviluppo è anche la modernizzazione delle amministrazioni pubbliche, che dispongono di un organico ridotto e invecchiato: oggi l’età media dei dipendenti è di quasi 50 anni rispetto ai 42 circa nel settore privato. Oltre che nella semplificazione delle procedure amministrative, la sfida è rivolta allo sviluppo del capitale umano e al pieno sfruttamento delle tecnologie digitali per l’offerta di servizi. In questa prospettiva sono incoraggianti le esperienze dell’ultimo biennio. Le istituzioni pubbliche hanno rinforzato le assunzioni e la formazione e continuato a erogare servizi nonostante la maggior parte del personale operasse da remoto, ed è cresciuto l’utilizzo delle piattaforme digitali pubbliche da parte di cittadini e imprese.

L’ECONOMIA INTERNAZIONALE

La ripresa dell’economia mondiale dallo shock associato alla pandemia da Covid-19 è iniziata già nella seconda metà del 2020 ed è proseguita fino all’inizio di quest’anno, seppure con intensità e tempistiche differenti tra i principali paesi e le aree geo-economiche, sottolinea Istat. D’altra parte, dalla seconda metà del 2021 la risalita delle quotazioni delle materie prime – soprattutto energetiche – e la vivacità della ripresa hanno determinato una forte fiammata inflazionistica, in particolare nelle economie avanzate. Alla fine di febbraio 2022, l’aggressione della Russia all’Ucraina ha inoltre accentuato la volatilità sui mercati e innescato ulteriori rialzi dei prezzi delle materie prime energetiche e agricole. Questi fattori negativi, assieme alla normalizzazione della politica monetaria, hanno determinato un netto peggioramento delle prospettive di breve e medio termine dell’economia internazionale. Il commercio mondiale di beni e servizi in volume, cresciuto lo scorso anno di oltre il 10%, ha superato ampiamente i livelli del 2019, perdendo però dinamismo nei primi mesi del 2022. Le prospettive nel breve periodo sono divenute moderatamente negative.

Nelle maggiori aree geo-economiche l’intonazione espansiva delle politiche a supporto di consumi e investimenti ha continuato ad accompagnarsi a un marcato recupero del clima di fiducia, soprattutto delle imprese, che nell’Ue è rimasta su valori storicamente elevati nonostante le tensioni geopolitiche e l’accelerazione dell’inflazione, prosegue Istat. Scontando i recenti fattori di rischio associati allo scenario mondiale, la Commissione europea ha previsto che la crescita del Pil nell’Uem, analogamente alle altre principali economie, deceleri quest’anno e il prossimo.

IL QUADRO CONGIUNTURALE DELL’ECONOMIA ITALIANA

In Italia il Pil è cresciuto del 6,6% nel 2021 e a inizio 2022 è tornato sul livello del quarto trimestre 2019, nonostante la decelerazione dell’attività economica. La crescita acquisita per il 2022 è, al momento, del 2,6%. Le recenti previsioni dell’Istat stimano che il Pil continuerà a crescere nel 2022 e nel 2023, anche se a un ritmo nettamente inferiore a quello del 2021, grazie soprattutto alla spinta degli investimenti, comunica Istat.

La produzione industriale italiana aveva già superato nel 2021 i livelli di fine 2019. Nei primi quattro mesi del 2022 l’indice è cresciuto di un ulteriore 2,1% su base annua, nonostante una flessione importante a gennaio. Nello stesso periodo, al netto degli effetti di calendario, il fatturato è aumentato del 20,4% a prezzi correnti e del 5,5% in volume. Analogamente, trainato dagli incentivi fiscali, il settore delle costruzioni ha registrato una crescita continua e significativa da inizio 2021, che si è arrestata solo ad aprile 2022, evidenzia ancora Istat. Le attività del terziario sono state le più colpite dalla crisi. Nel complesso, il livello del fatturato si è attestato su valori superiori a quelli di fine 2019, ma con notevoli differenze tra settori. A mostrare le maggiori difficoltà sono stati quelli più penalizzati dalle misure di contenimento dovute all’emergenza sanitaria, come l’alloggio e ristorazione e i servizi alle imprese.

Il 2021 è stato caratterizzato da un forte dinamismo degli scambi con l’estero dell’Italia, che hanno raggiunto livelli decisamente superiori a quelli di fine 2019. Nei primi quattro mesi del 2022 le vendite all’estero di prodotti italiani sono cresciute del 20,7% rispetto allo stesso periodo del 2021, ma l’incremento del valore dell’import è stato più che doppio, portando in negativo il saldo commerciale. Il deterioramento dei saldi commerciali è stato un fenomeno comune anche alle altre maggiori economie Ue e in larga parte dovuto all’aumento dei valori medi unitari delle importazioni, trainati dai costi dell’energia.

Nei primi mesi del 2022 il tasso di incremento tendenziale dei prezzi al consumo ha continuato il sentiero di crescita iniziato nei mesi estivi del 2021. L’inflazione, misurata dall’indice armonizzato IPCA, ha raggiunto l’8,5% a giugno e il 3,4% per la componente di fondo (al netto dei prodotti alimentari ed energetici): si tratta di valori leggermente inferiori rispetto alla media Uem. L’inflazione acquisita per il 2022 (misurata dall’indice NIC per l’intera collettività) è pari al 6,4.

Nel 2021 la dinamica salariale si è mantenuta molto moderata, con aumenti delle retribuzioni contrattuali per dipendente dello 0,7% e dello 0,4 per quelle lorde di fatto per unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (Ula). Pertanto, la risalita dei prezzi al consumo ha portato a una diminuzione delle retribuzioni reali superiore a un punto percentuale, che erode quasi totalmente la crescita del 2020. Nonostante l’intensificarsi dell’attività negoziale, la dinamica retributiva contrattuale è rimasta molto contenuta anche nei primi mesi del 2022, ma è attesa accelerare sostanzialmente nella seconda parte dell’anno, alla luce dei rinnovi in corso e della previsione dell’indice dei prezzi al consumo armonizzato al netto dei prodotti energetici importati, utilizzato come base per i rinnovi contrattuali, pari al 4,7% nel 2022.

I FATTORI DI CRITICITÀ PER L’ECONOMIA: L’ENERGIA E IL COSTO DELLE MATERIE PRIME

Il rialzo dei prezzi delle materie prime energetiche e agricole e le tensioni geopolitiche associate al conflitto russo-ucraino rappresentano fattori critici per l’economia italiana. Nel breve periodo sono possibili ulteriori rincari dei prezzi e, insieme, una riduzione delle forniture di questi input produttivi, avverte Istat che prosegue: Gas naturale e petrolio insieme soddisfano oltre i tre quarti del fabbisogno energetico italiano – il gas da solo circa il 40% - e sono quasi interamente importati. Analogamente, i processi produttivi del comparto agro-alimentare dipendono per oltre il 22% dagli approvvigionamenti esteri (in particolare per alcune materie prime come cereali e fertilizzanti), dei quali Russia e Ucraina sono tra i principali produttori.

Come conseguenza delle caratteristiche relazionali dei settori energetico e agro-alimentare, la trasmissione degli shock su prezzi e forniture al resto del sistema produttivo è piuttosto estesa, anche se la velocità di propagazione è relativamente limitata. Questi shock colpiscono in maniera significativa comparti rilevanti per la produzione di beni di largo consumo (circa un terzo dell’economia in termini di valore aggiunto) e, dato il modello di specializzazione italiano, il commercio con l’estero (quasi la metà dell’export), sottolinea Istat.

LE SFIDE: LA TRANSIZIONE ECOLOGICA

In Italia all’interno del PNRR sono stanziati circa 85 miliardi per la transizione ecologica e la mobilità sostenibile con la finalità, tra l’altro, di coordinare gli interventi utili a raggiungere l’obiettivo della de-carbonizzazione entro il 2050, continua Istat: tra il 2011 e il 2021 le emissioni complessive in Italia sono diminuite di circa il 19%. La riduzione è stata pari al 31% nella manifattura - riguardando la maggioranza dei settori di attività - e di appena il 10% nei consumi delle famiglie.

Nello stesso periodo, prosegue l’istituto di statistica, nei comparti ad alto impatto climatico (tranne i trasporti), si è avuta una riduzione dell’intensità dell’impatto per unità di valore aggiunto. Questa contrazione è largamente dovuta al miglioramento delle tecnologie di produzione dei settori industriali mentre le attività terziarie a servizio della manifattura, il cui peso è cresciuto nel tempo, hanno fornito un contributo molto debole. Nel 2022 è in atto il terzo evento siccitoso grave in dieci anni, particolarmente acuto nel Nord-ovest. Gli effetti per l’economia, anche attraverso le ripercussioni sui prezzi dei beni stagionali ad elevata frequenza di acquisto e sulla disponibilità di acqua potabile, dipendono sia dai cambiamenti climatici sia dalle vulnerabilità strutturali del sistema di approvvigionamento, distribuzione e impiego dell’acqua.

La possibilità di razionamento delle forniture idriche nelle aree più colpite avrebbe effetti significativi in primo luogo sul comparto agricolo e sull’uso civile, che assorbono rispettivamente il 50% e il 36% del totale dei consumi idrici. Nel quadro delle misure per la tutela del territorio e della risorsa idrica, il PNRR destina 4,38 miliardi alla gestione sostenibile delle risorse idriche lungo l’intero ciclo, con l’obiettivo di migliorare la qualità ambientale delle acque marine e interne. Si tratta di risorse fondamentali per iniziare un profondo rinnovamento infrastrutturale e gestionale, conclude Istat.

IL RAPPORTO COMPLETO