La tempesta dei costi energetici si è abbattuta sul Regno Unito, già colpito duramente dalle conseguenze della Brexit. Il conto per la casa media inglese potrebbe raggiungere le 3600 sterline l’anno a partire da ottobre, oltre 1000 in più rispetto a quanto già pagato a caro prezzo ora, ma l’impennata potrebbe proseguire anche a gennaio 2023. Mentre il governo promette un robusto intervento e sta preparando un price cap per il prezzo dell’energia, alcune aziende produttrici di gas stanno prendendo iniziative autonome per venire incontro alla grave situazione.
British Gas destinerà il 15% del proprio utile, circa 12 milioni di sterline su 98 milioni di utili, per aiutare i clienti a coprire gli extra costi per tutta la durata della crisi energetica.
Questa iniziativa potrebbe essere presa dalle aziende italiane che producono e distribuiscono gas? Eni, per il primo semestre 2022, ha visto crescere il proprio utile netto a 7,398 miliardi, un balzo enorme rispetto agli 1,103 miliardi del semestre 2021 corrispondente. Addirittura l’ebit adjusted è salito a 11,03 miliardi, con una crescita del 228%, tanto da consentire, secondo le parole dell’Ad Claudio Descalzi, “di migliorare la remunerazione degli azionisti aumentando il programma 2022 di acquisto di azioni proprie a 2,4 miliardi”.
Nel frattempo, da quanto apprende AGEEI, sembrerebbe che la politica voglia mettere un freno ai super guadagni dei fornitori di energia attraverso norme ad hoc.
Secondo Confcommercio sarebbero a rischio da qui ai primi sei mesi del 2023 circa 120mila imprese del terziario di mercato e 370mila posti di lavoro.
A fronte di questa impennata degli utili AGEEI ha chiesto ad Eni “se sta valutando la stessa strada intrapresa da British Gas, in vista dell'impennata dei prezzi energetici prevista per questo autunno”, ma Eni ha preferito non rispondere.
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