Energia13 Aprile 2023 14:28

Termovalorizzatore Roma, brevetto Made in Italy mette KO tecnologia obsoleta bocciata da Ue che discrimina cittadini. Pmi italiane battono politica degli accordi

L'accordo sembrava cosa fatta tra le fila del Pd romano e i grandi costruttori di Roma: il termovalorizzatore è un male necessario per smaltire i rifiuti della Capitale, assediata ogni giorno da cumuli di immondizia sparsi ai quattro angoli della città.

Ma poi è arrivata la Schlein, e le cose sembrano aver preso un altro giro. Tutto questo mentre la polemica è accesa sulla decisione del sindaco di Roma di puntare su Santa Palomba nel 2026 per il termovalorizzatore che sembrerebbe possa essere costruito, secondo alcuni rumors interni, dal gruppo Caltagirone.

I cittadini, i comitati e le associazioni, tuttavia, hanno deciso di non aspettare le sentenze dei ricorsi presentati contro la decisione di Gualtieri e per questo motivo scenderanno in strada il 19 aprile alle ore 17. Il sit in sarà proprio di fronte al Campidoglio. Un appuntamento a cui gli aderenti alla Rete Tutela Castelli Romani hanno dichiarato di voler aderire “per rivendicare una corretta informazione e protestare contro le fake news diffuse da Gualtieri nell'ultimo anno”.

Francesco Ferrante, vicepresidente di Kyoto Club, una delle tante organizzazioni che si dicono contro alla nuova infrastruttura, parla senza mezze misure: "C’è disonestà intellettuale nel presentare il progetto come avanzato, tecnologico, europeo - quando in Europa da tempo si è smesso di seguire questa strada - e non per quello che al massimo è: un amaro calice. Ma onestà politica a parte, così si perde l’occasione di fare una città più moderna".

In effetti, si sa: il termovalorizzatore produce CO2 e altre sostanze inquinanti, non ne esistono oggi a impatto zero. Non a caso l'Unione Europea ha escluso questo tipo di impianti dalla sua tassonomia verde degli investimenti sostenibili. Il motivo è che non rispetta il principio del "Do no significant harm", - in italiano "Non arrecare danno" -, su cui si fonda a livello teorico la strategia europea in vista della transizione ecologica e dell'impatto zero continentale entro il 2050.

Senza contare che nel 2028 scadranno infine i cosiddetti "sussidi Ets", per cui impianti che emettono gas climalteranti come inceneritori e termovalorizzatori dovranno pagare diritti di emissione da cui attualmente sono esclusi. A costi tra l'altro elevati visto che attualmente si viaggia sopra gli 80 euro a tonnellata ì. 

Esiste poi il cosiddetto "effetto lock-in", ovvero il rischio di legarsi a tecnologie costose che risultano però obsolete, dato il rapido sviluppo tecnologico. Come sta accadendo per lo stesso impianto di Copenaghen, come dichiarato dallo stesso governo danese: la Danimarca si trova costretta ad importare rifiuti dall'estero per finanziare le spese di gestione dell'impianto. Lo stesso sta facendo Amsterdam che compra l'immondizia nostrana: il 27 marzo l’Ama, la società che gestisce i rifiuti a Roma, ha raggiunto un accordo con l’amministrazione di Amsterdam, nei Paesi Bassi, per smaltire lì una parte dei propri rifiuti: il contratto prevede che ogni settimana 900 tonnellate di rifiuti prodotti a Roma vengano mandate in treno fino ad Amsterdam.

Ma i rifiuti non sono un problema, al contrario un'opportunità.
Possono infatti generare energia, riciclo di materiali, reddito e ripulire il Pianeta.

Uno dei temi di questi anni è quello di risolvere l'equazione rifiuti-ambiente ma l'innovazione va avanti e le opportunità crescono più velocemente degli accordi politici o sociali che vengono stipulati sui territori. Che diventano obsoleti e fuori tempo prima che si traducano in realtà.

Ed è proprio l'innovazione che sfida la politica e l'Italia si dimostra ancora una volta Genius Loci del mondo: alcuni imprenditori italiani hanno messo a punto una macchina che sembrerebbe risolvere questa equazione.

Si chiama GetEnergyPrimeItalia, e con brevetto europeo, è l'unica al momento ad offrire il futuro del pianeta in 600 metri quadrati di assoluto silenzio e aria pulita.

Se un termovalorizzatore riesce a smaltire circa 270 tonnellate al giorno di rifiuti (quello di Gualtieri ne dovrebbe smaltire addirittura di più), la macchina Made in Italy ne smaltisce circa 24 tonnellate al giorno.

Se un termovalorizzatore produce un mix tra ceneri, che ammontano a circa il 30% del peso del rifiuto originario, e polveri sottili, recuperate in parte ma non del tutto (motivo per cui si fatica a farlo accettare dalle comunità dove deve essere posizionato), la GEPI non produce alcun fumo e alcuna diossina

Il termovalorizzatore ha bisogno di un investimento di circa 100 milioni di euro, la GEPI ha bisogno di un investimento di circa 3 milioni di euro per macchina

Il termovalorizzatore necessita di un periodo di realizzazione pari a circa alcuni anni, la GEPI viene consegnata chiavi in mano in circa sei mesi

Il termovalorizzatore è sito in un unico luogo dove confluiscono i rifiuti di tutta la metropoli, con spostamenti di camion per la citta; la GEPI può essere montata vicino al quartiere di riferimento evitando ai camion che portano i rifiuti di percorrere chilometri

Il termovalorizzatore produce energia, a seconda dei rifiuti che vengono combusti il 30/35% dell'energia prodotta dalla macchina Made in Italy viene utilizzata per il funzionamento della stessa 24/24 ore su 7/7 giorni. Il restante 70% viene redistribuita localmente per il centro urbano con un semplice allaccio alla cabina.

In sostanza, una batteria di 11 GEPI è in grado di smaltire lo stesso quantitativo di rifiuti che vengono smaltiti da un termovalorizzatore per un costo di circa 33 milioni di euro anziché circa 100 milioni di euro, sparsi sul territorio così da risparmiare tempo, denaro, non far circolare rifiuti per il centro urbano e inquinare di meno e poter inoltre fornire elettricità direttamente all'area (quartiere-municipio-zona urbana) dove è stato montato. Senza - per dirla come la Commissione Europea "arrecare danno" agli abitanti e creare polemiche politiche o sociali in virtù del fatto che la macchina occupa 600 metri quadrati in totale silenzio grazie a un procedimento pneumatico e in totale assenza di inquinanti come fumi, ceneri o diossine.
Tutto questo in sei mesi contro i sette anni circa necessari per la realizzazione di un termovalorizzatore tradizionale. E senza discriminazioni dei cittadini.

Infine il termovalorizzatore dal 2028 dovrà pagare le emissioni dato che è escluso dalla tassonomia verde degli investimenti sostenibili dell'Unione europea.

Ancora una volta, in Italia, sembra che gli imprenditori e le Piccole e medie imprese con le singole iniziative stiano avanti anni luce alla politica e agli accordi in atto.

 

Rifiuti, innovazione italiana vince: sul mercato un brevetto Made in Italy che produce energia senza inquinare. Getenergy Prime Italia