Energia1 Agosto 2023 15:03

Pnrr, l’intervento del ministro Fitto sulla revisione del Piano: “Solo 3 mld progetti RePower riguarda partecipate”

Nella seduta di martedì 1 agosto, il Ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto ha reso all’Assemblea comunicazioni del Governo in ordine alla revisione complessiva degli investimenti e delle riforme inclusi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Presidente. Colleghi, l'occasione odierna è molto importante, non solamente per fare il punto sulle questioni collegate al dibattito di questi giorni, cioè ai temi relativi alle modifiche del Piano nazionale di ripresa e resilienza proposte dal Governo in cabina di regia, ma è anche l'occasione, come concordato, per un'informativa sulle proposte relative alla quarta rata, per fare il punto complessivo rispetto all'avanzamento del programma e alle questioni collegate al lavoro svolto sulla terza rata.

Com'è noto, venerdì scorso la Commissione europea ha dato il via libera con un'approvazione alle proposte che il Governo ha messo in campo, sia relativamente all'approvazione della terza rata con alcune modifiche, che relativamente alle modifiche proposte della quarta rata. Un lavoro molto complesso e molto articolato, che ha portato - e ne sono molto soddisfatto - a un apprezzamento, anche pubblico, da parte di tutti gli esponenti della Commissione europea. Il che testimonia in modo molto chiaro che il coordinamento e il confronto costante, che abbiamo messo in campo con la Commissione europea, non solo stiano producendo risultati positivi, ma siano la strada attraverso la quale il Governo punta a risolvere definitivamente le questioni principali che riguardano la fase di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

So bene che ci sono state molte critiche in questi mesi, ma penso che i risultati raggiunti e anche il contributo che, mi auguro, oggi questo dibattito potrà portare alla fase di avanzamento del Piano, possano essere utilizzati in modo propositivo rispetto anche alle difficoltà oggettive, che sono state riscontrate all'interno del Piano e che devono essere elemento fondamentale nel lavoro che il Governo e il Parlamento, mi auguro nella sua interezza, possano portare avanti.

L'esperienza di questi mesi, però, è molto utile per le scelte che il Governo metterà in campo, soprattutto in riferimento al percorso di confronto, al quale facevo cenno poc'anzi, sia sui temi relativi alla terza rata, che sui temi relativi alla quarta rata.

È bene ricordare, in via preliminare, che il Governo, insediatosi a fine ottobre, nel poco tempo che ci divideva dal 31 dicembre 2022, ha affrontato le questioni relative alla terza rata, che - com'è noto - avevano, a differenza delle prime due rate, non solamente una differenza dal punto di vista della quantità degli obiettivi, dei target e delle milestone da raggiungere, ma avevano anche una diversa complessità rispetto ai precedenti target e milestone, per il semplice fatto che la terza rata, ossia i 55 obiettivi del 31 dicembre, era strutturata anche su una serie di interventi che iniziavano, come si suol dire, a mettere a terra gli investimenti e, quindi, hanno visto un'azione diversa.

È con quest'azione, in termini propositivi, che noi dobbiamo avere un approccio diverso rispetto a quanto non si sia fatto fino ad oggi, soprattutto perché, da una parte, c'è una verifica molto dettagliata sul fronte della rendicontazione da parte della Commissione europea, com'è giusto che sia e, dall'altra, ed è l'elemento altrettanto importante, esiste il meccanismo, sul quale tornerò, del sampling, cioè del campionamento, che comporta una verifica puntuale, a campione, dei singoli interventi realizzati, per verificarne la fase di attuazione e di avanzamento.

È un tema, questo, con il quale noi dobbiamo abituarci a convivere da qui al giugno 2026 e con il quale dobbiamo inevitabilmente portare avanti l'approccio per i passaggi successivi, soprattutto perché la complessità dell'intero Piano deve essere sviluppata e anche individuata, non solamente in modo generale, ma anche e soprattutto sulle singole questioni e sulle singole misure d'intervento. Devo dire che è utile anche che la dimensione del Piano possa accompagnarci nella nostra riflessione perché, come vedremo anche oggi, quando parliamo di alcune misure e quindi immaginiamo che siano semplici nella loro attuazione, dobbiamo avere presente che dentro la misura di qualche miliardo di euro si apre un mondo con decine di migliaia di progetti e con una serie di complessità che rischiano di non essere compatibili con le previsioni che sono esclusivamente previsioni di indicazione europea e non certamente previsioni o meccanismi che il Governo ha voluto individuare.

Questo lo dico perché è importante sottolineare il lavoro che si è fatto sulla terza e sulla quarta rata, un lavoro molto complesso. La terza rata ha comportato, infatti, ben 47 interventi normativi e amministrativi nella cosiddetta fase di assessment, cioè di verifica, in questi mesi. Quindi, si è intervenuti per 47 volte nel confronto con la Commissione europea, con decine, anzi, devo dire con oltre un centinaio di riunioni in presenza e online per poter definire con la Commissione europea le soluzioni migliori e giungere a questa definizione. Lo voglio sottolineare perché l'intento del Governo non è in alcun modo di creare polemiche. Però, sinceramente penso che l'intero dibattito - spiegherò il perché - anche di queste ore sicuramente rischi di portarci completamente fuori strada rispetto ai contenuti oggettivi e ai fatti che accompagnano questa discussione.

La terza rata - come dicevo - ha visto questi 47 interventi di carattere normativo e amministrativo, che sono stati anche oggetto di discussioni. Soprattutto, siamo anche in una fase di riforme. Penso alla prima legge sulla concorrenza, che la Commissione europea ha definito una delle riforme più complesse all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma anche dell'intera programmazione fra tutti gli Stati membri, proprio per la sua complessità, per i diversi aspetti che questa riforma individuava e soprattutto per le volte nelle quali siamo dovuti intervenire per adeguare ulteriori aspetti nel confronto con la Commissione europea.

Dico questo perché - com'è noto - abbiamo individuato non solamente la soluzione per tutti gli obiettivi della terza rata fino al 54° - spiegherò, poi, la proposta individuata e la soluzione condivisa con la Commissione europea - ma anche perché - lo vorrei ricordare, sempre come un dato di fatto utile al dibattito - all'atto di insediamento del Governo abbiamo verificato che 25 obiettivi erano stati raggiunti e gli altri erano in corso di realizzazione. Quindi, il lavoro non è stato semplice, ma molto articolato e - come ho avuto modo di dire - ha visto ben 47 modifiche per poter giungere a questa definizione. Dopo avere raggiunto i 54 obiettivi, in relazione al 55° obiettivo sono emersi dubbi interpretativi e anche di previsione rispetto al lavoro fatto precedentemente. Ecco perché non considero positiva la costruzione di una polemica su questi obiettivi. Pertanto, il Governo, d'accordo con la Commissione europea, ha proposto lo spostamento del 55° obiettivo sulla quarta rata, portando la quarta rata da 27 a 28 obiettivi, e ha proposto preventivamente la modifica nella quarta rata di 10 obiettivi, che sono diventati 11 nel momento in cui si è aggiunto quest'obiettivo. Questo ha comportato non quello che, purtroppo, alcune volte ho immaginato venisse auspicato - cioè un pagamento parziale - per potere polemizzare con il Governo, ma un accordo serio e costruttivo con la Commissione europea, apprezzato reciprocamente, che ha visto la definizione della terza rata con 18,5 miliardi di euro di pagamento. La Commissione europea, lo scorso venerdì, ha approvato questo percorso, che ha iniziato il suo iter nelle istituzioni europee e che a settembre vedrà il suo completamento. Con lo spostamento del 55° obiettivo, relativo ai posti letto per gli studenti universitari, alla quarta rata, le proposte di modifica della quarta rata hanno visto l'approvazione da parte della Commissione europea.

Qui c'è un primo tema che accompagnerà questa nostra riflessione e che deve accompagnare il nostro percorso anche sulla parte relativa alle modifiche del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il lavoro fatto sulla terza rata ci insegna, infatti, in modo molto chiaro che le questioni vanno viste preventivamente, che bisogna costruire le soluzioni prima che si arrivi a un problema che poi non ha una sua soluzione e che si debbono evitare, per esempio, le questioni collegate a ciò che è accaduto - faccio l'esempio più evidente - con il Piano urbano integrato, relativamente agli stadi di Firenze e di Venezia. Perché non citare un episodio concreto, anziché parlare di questioni generali? Sul Piano urbano integrato abbiamo visto l'approvazione, ad aprile dello scorso anno, di un decreto interministeriale del Ministero dell'Interno e del Ministero dell'Economia e delle finanze, che prevedeva l'approvazione dei Piani urbani integrati utilizzando un cofinanziamento fra le risorse del PNRR e le risorse del piano complementare, cioè la quota di risorse nazionali che accompagna il Piano nazionale di ripresa e resilienza, e nella relazione semestrale di ottobre scorso depositata in Aula i piani urbani integrati erano un obiettivo raggiunto. Cos'è accaduto dopo? Che la Commissione europea ci ha spiegato l'inammissibilità di quegli interventi, abbiamo dovuto lavorare per trovare delle soluzioni complesse e abbiamo visto la soluzione di un problema a Venezia e ancora non c'è una soluzione sulla questione di Firenze. Lo dico perché i Piani urbani integrati a cui faccio riferimento torneranno nella nostra discussione perché sono uno dei punti indicati all'interno delle modifiche, non perché c'è qualcuno che, con riguardo a quelle modifiche vuole definanziare, com'è stato raccontato, ma perché c'è bisogno di avere un'analisi dettagliata della situazione ed evitare adesso quello che potrebbe accadere dopo, quando non avremo più la possibilità di risolvere i problemi. Questo lo voglio indicare anche con riferimento alle modifiche della quarta rata, perché di quello che è accaduto sulla terza rata abbiamo fatto tesoro riguardo alla quarta rata, se è vero, com'è vero, che abbiamo proposto, condividendole a livello tecnico preventivamente, le 11 modifiche alle quali ho fatto cenno. Non è un caso che la Commissione europea abbia approvato queste modifiche, sempre venerdì scorso, creando le condizioni per far diventare la quarta rata con un obiettivo in più, da 16 miliardi di euro di importo a 16,5 miliardi di euro, quindi recuperando la parte della terza rata e avviando una fase che, per dichiarazione stessa della Commissione europea, condivisa da noi, completerà il suo iter entro il 2023 e consentirà al nostro Paese di ricevere i 35 miliardi della terza e della quarta rata, che sono l'intera somma relativa all'assegnazione di queste risorse. Questi sono fatti sui quali non possiamo - lo voglio dire con molta chiarezza - immaginare che si apra un dibattito di carattere generico, con critiche che non poggino su elementi fattuali.

Su questo dibattito c'è un'altra considerazione che voglio fare. Noi abbiamo ascoltato per giorni - di questo sono abbastanza dispiaciuto e deluso - un dibattito secondo cui ci sarebbe stata la responsabilità di questo Governo sulla questione relativa agli asili nido, una questione che, sinceramente, dal punto di vista dell'individuazione delle responsabilità, è surreale. Noi, nell'ambito degli asili nido, abbiamo lavorato per individuare le soluzioni, per modificare degli obiettivi intermedi, per immaginare il mantenimento del target finale e soprattutto abbiamo, con la proposta di modifica, individuato 900 milioni aggiuntivi per un nuovo bando che dà una risposta in questa direzione. Altro che tagli! Diciamo anche il perché ci si è trovati in questa situazione: perché i bandi, dal 2021 al 2022, sono stati aperti e riaperti più volte e questo ha portato a un ritardo che non ha consentito il mantenimento dell'obiettivo dell'aggiudicazione dei lavori al 30 giugno di quest'anno. Questo ha comportato una seconda valutazione - basta leggere i documenti, evitando lo slogan ed entrando nel merito delle questioni - anche rispetto al tema degli asili, un'altra questione importante: la Commissione europea non ha condiviso e ha criticato la possibilità che la demolizione e la ricostruzione di nuovi asili prevista nel bando fosse da conteggiare come nuovi posti e ha preteso e indicato che, nell'ambito della demolizione e della ricostruzione, solamente la quota aggiuntiva rispetto a ciò che c'era venisse prevista e individuata come nuovi posti. Quindi, questo Governo, facendo il percorso che ho indicato, ha modificato il target intermedio, ha garantito sugli asili il target finale e oggi si presenta con la proposta di un bando aggiuntivo di 900 milioni, esattamente per garantire quel numero di posti che diversamente non sarebbero stati garantiti.

Questo è quello che è accaduto. Sono fatti! Sono fatti concreti che mi farebbe piacere venissero smentiti con altrettante considerazioni fattuali, perché questo è quello che il Governo ha messo in campo ed è previsto all'interno delle modifiche che, come ho detto, sono state approvate dalla Commissione europea rispetto al tema della quarta rata.

Questo lo voglio dire anche e soprattutto per un'altra questione. Infatti, è evidente che il lavoro che abbiamo fatto sulla terza e sulla quarta rata ci deve accompagnare anche sul percorso che va dalla quinta alla decima rata, perché l'obiettivo di questo Governo, come più volte abbiamo detto, non è di guardare alla scadenza immediata per aprire un dibattito nei prossimi giorni su quello che accade fra qualche mese.

Noi abbiamo l'obiettivo e il dovere di portare a compimento l'intero Piano, e per fare questo abbiamo bisogno di avere un approccio corretto che ci ponga rispetto ai passaggi successivi in modo completo rispetto alla scadenza del Piano, cioè rispetto a giugno del 2026. Ecco perché il lavoro fatto sulla terza rata e il lavoro preliminare fatto sulla quarta, che comporterà una fase assolutamente ridotta di verifica degli obiettivi raggiunti, devono accompagnare il lavoro che porteremo avanti dalla quinta alla decima rata nella valutazione complessiva del Piano. Ed ecco perché noi, rispetto alle modifiche della quarta rata alle quali ho fatto riferimento, abbiamo messo in salvaguardia diversi obiettivi e diverse questioni che erano a rischio, tutte questioni che erano state definite precedentemente.

Penso, per esempio, per fare alcuni esempi, al progetto su Cinecittà, che è stato modificato in diversi aspetti per superare una serie di criticità nelle quali non voglio entrare, perché l'obiettivo è quello di risolvere le questioni e procedere su questo tipo di soluzione; così come il tema relativo alla tecnologia satellitare e l'economia spaziale, il tema collegato alle infrastrutture della ricerca elettrica, la sperimentazione dell'idrogeno per la mobilità ferroviaria, e potrei continuare con tutti gli obiettivi che sono stati oggetto di un confronto che ha portato alla modifica degli stessi e delle schede relative agli 11 obiettivi della quarta rata e che ci ha portato, in una positiva collaborazione con la Commissione europea, a risolvere queste questioni.

Anche questi sono fatti oggettivi, perché le opinioni sono discutibili, ma i fatti sono oggettivi. E anche rispetto al tema relativo alla modifica complessiva del Piano vorrei esprimere alcune considerazioni perché, se è vero com'è vero che la terza e la quarta rata comportano una valutazione attenta su quello che è accaduto, sono anche un'occasione utile per capire in che direzione andare per il futuro. È evidente, infatti, che il Governo lavorerà nella direzione di evitare il rischio di ritrovarsi nuovamente in una situazione nella quale non è possibile individuare una soluzione, soprattutto quando, chiusa la finestra della modifica del Piano, ci si ritroverebbe di fronte a problemi che non sarebbero più risolvibili.

E veniamo nel merito della modifica della quarta rata, perché penso che sia molto importante ricordare gli argomenti fondamentali che sono alla base di questa proposta. Questa è la premessa che vorrei fare. La proposta. Il Governo in cabina di regia ha messo in campo una proposta, che è oggetto appunto di questo confronto parlamentare, del confronto con le parti sociali e le organizzazioni di categoria, che sarà oggetto del confronto con il sistema delle autonomie locali e con le regioni, e che sarà, anche in questo contesto, oggetto di un lavoro attento e puntuale, che si definirà solamente al momento dell'approvazione da parte della Commissione europea di questa proposta di modifica.

Noi non abbiamo fatto altro che mettere in campo un'analisi dettagliata, sulla quale, misura per misura, questa mattina entrerò nel merito, perché penso che sia utile parlare sempre per fatti e non per sentito dire, per spiegare e illustrare le ragioni per le quali il Governo propone alcune modifiche. Infatti, la narrativa di immaginare un Governo intento a definanziare interventi utili per il Paese solo per uno spirito di irresponsabilità sinceramente è una narrativa che non accettiamo, sia perché non è vera, e soprattutto perché sarebbe paradossale solamente nell'individuarla e nel raccontarla.

Lo dico perché in questi giorni ho letto numerosissime dichiarazioni in questo senso. Ho qui con me, ho conservato e ho voluto leggere nel dettaglio tutte le dichiarazioni che hanno accompagnato il dibattito di questi giorni, e penso che sia utile avere dei momenti di chiarimento concreto per evitare che si continui a scrivere e a dire cose che non corrispondono nemmeno lontanamente alla realtà dei fatti e che non si ritrovano all'interno della proposta che oggi abbiamo presentato per avviare in questa direzione il dibattito.

Ebbene, complessivamente il Governo, a fronte di 63 riforme e 235 tra investimenti e subinvestimenti, per un totale di 298 misure, propone delle modifiche che riguardano 144 di queste misure. Ci sono diverse tipologie di modifiche che vengono proposte. Le prime sono di carattere tecnico, per correggere errori formali e dubbi interpretativi che, se non corretti in questa fase, rischiano di creare dei problemi nella fase finale, quando poi non sarà più possibile intervenire.

Quindi, anche alla luce dell'esperienza di questi mesi, è bene chiarire preventivamente e avere una posizione comune e una corretta interpretazione rispetto all'obiettivo finale tra noi e la Commissione europea, e non aprire un dibattito dopo. Infatti, se l'indicazione su alcune misure è assolutamente equivoca e si presta a diverse interpretazioni, è evidente che noi rischiamo di ritrovarci esattamente nella situazione precedente; invece, dobbiamo evitare tutto questo, dobbiamo preventivamente individuare le soluzioni dal punto di vista tecnico e formale.

Una seconda parte di queste modifiche prevede - anche alla luce dei dati oggettivi relativi all'aumento dei costi delle materie prime e alle difficoltà che sono sorte in questa fase a causa di tutti gli avvenimenti esterni che conosciamo - di individuare, all'interno delle stesse misure di intervento, degli spostamenti di risorse che sono stati proposti dai singoli Ministeri.

In ultimo, c'è una valutazione importante relativa a nuove misure in particolare, per le quali - voglio fare anche qui una premessa - noi non stiamo dicendo quello che spesso ascolto, ossia che revochiamo il finanziamento.

Anche qui, se noi revocassimo il finanziamento per interventi che in molti casi sono oggetto di obbligazioni giuridicamente vincolanti, non solo saremmo degli irresponsabili, ma non avremmo capito nulla di quello di cui stiamo parlando. Quindi, è bene che su questo si dicano le cose con chiarezza.

Noi abbiamo sviluppato una valutazione di merito rispetto alle singole misure che è oggetto di un lavoro dettagliato, che è frutto dell'esperienza alla quale noi facciamo riferimento. L'esperienza, appunto, è quella della terza e della quarta rata. Lo voglio dire perché è importante anche su questo chiarire le posizioni. Le nuove misure individuate non saranno oggetto di un definanziamento e gli interventi andranno avanti regolarmente; è una proposta che noi facciamo alla Commissione europea per porre una serie di questioni che sono oggettive, sulle quali adesso entreremo nel merito. Infatti, è bene che si sappia di cosa stiamo parlando, perché dal dibattito si rischia di non comprenderne il significato.

Questa mattina, cosa che non ho fatto fino ad oggi, sarò costretto a entrare nel merito per spiegare le questioni di cui oggi ci siamo occupati (Commenti), per spiegare nel dettaglio i rischi che il nostro Paese corre e per spiegare che l'obiettivo del Governo è anticipare un dibattito che magari, auspicabilmente, c'è chi immagina di fare dopo, quando non saremo in grado di raggiungere gli obiettivi che non sono stati previsti da noi; e avremo chi, invece, tornerà per dirci che è colpa nostra avere perso quelle risorse.

Ecco, noi stiamo invertendo il meccanismo, stiamo solamente invertendo questo meccanismo. E lo stiamo facendo garantendo il finanziamento per tutti gli interventi, perché gli interventi restano garantiti nel loro finanziamento. Quindi, lo voglio dire ai sindaci con i quali ho parlato, lo voglio dire a chi ha immaginato scenari catastrofici: gli interventi previsti all'interno del PNRR vanno avanti regolarmente, non c'è nessuna interruzione rispetto a tutto ciò che è previsto. Saranno oggetto di un confronto con la Commissione europea laddove, nell'ambito di questa verifica, noi proporremo, sì, sulla base di quello che sarà il confronto con la Commissione europea, delle modifiche, che sono quelle che voi trovate all'interno del Piano.

Entriamo nel merito e spieghiamo perché immaginiamo che una serie di questi interventi vadano spostati su altre fonti di finanziamento, perché non sono coerenti con i principi di rendicontazione, con i principi di campionamento e di verifica e, soprattutto, con i criteri di carattere generale previsti dalla Commissione europea.

Uno per tutti, che è molto caro nelle dichiarazioni, ma che spesso viene dimenticato: il DNSH, il do no significant harm, che rappresenta l'intervento sul quale la Commissione europea ha costruito una sua proposta per individuare l'intervento che non reca danno al territorio e all'ambiente. Ebbene, parliamo di questo, vediamo quanto questi criteri siano compatibili con le misure di cui noi stiamo parlando e facciamo un'indicazione precisa. Si è fatto un gran parlare della questione relativa al dissesto idrogeologico, 1,2 miliardi di interventi; vogliamo spiegare quali sono gli interventi previsti, perché se un progetto del 2010, del 2014 o del 2016, che non ha visto ancora un avanzamento, viene inserito nel PNRR con criteri totalmente differenti e, oggi, non è ancora partito, noi siamo convinti e tranquilli che questo intervento venga realizzato a giugno del 2026 o dobbiamo porci qualche problema per evitare che nel giugno del 2026 questo intervento venga revocato e noi dobbiamo restituire queste risorse (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier)?

Basta fare una verifica specifica per trovare l'elenco delle questioni relative alle risorse del dissesto idrogeologico e mi riferisco, in modo particolare, all'accordo di programma fra il Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica e le regioni, ai Patti per il Sud della delibera CIPE del 10 agosto del 2016, alla delibera CIPE del 26 agosto del 2016, al Piano strategico metropolitano, al Piano operativo per il dissesto idrogeologico 2019, al Piano stralcio 2019, al Piano stralcio 2020. Parliamo di questi interventi, non è che stiamo parlando di interventi che sono adeguati alle previsioni europee, parliamo di interventi che sono i progetti in essere. E, qui, c'è bisogno di un altro chiarimento, perché c'è bisogno di individuare quelle che sono le questioni di fondo e mi riferisco, in modo particolare, alle risorse dei progetti in essere. Cosa sono i progetti in essere? Sono dei progetti che erano precedentemente finanziati con norme nazionali e che sono stati inseriti all'interno del PNRR, che erano stati, per 65 miliardi di euro, più 15 miliardi del Fondo per lo sviluppo e la coesione, inseriti dal Governo Conte, per un totale di 80 miliardi di euro, e che sono stati ridotti a 67 complessivamente, 52 miliardi di progetti in essere più 15 miliardi del Fondo per lo sviluppo e la coesione, dal Governo Draghi. Noi dobbiamo sottolineare che, nell'ambito dei 291 miliardi di euro relativi alle risorse del PNRR, 67 miliardi sono di progetti precedenti, che erano stati già finanziati e che sono stati spostati dentro il PNRR, con tutte le difficoltà che ciò comporta. Se non bastasse il riferimento al tema del dissesto idrogeologico, parliamo di un'altra misura importante, che è quella che viene raccontata come la misura relativa agli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l'efficienza energetica dei comuni, importo: 6 miliardi di euro. Ebbene, la misura deve puntare principalmente ad affrontare i rischi idrogeologici nelle aree urbane e metropolitane, cioè quelli riguardanti inondazioni, erosioni o instabilità degli edifici, che causano un grave deterioramento, tra l'altro, del parco immobiliare, delle reti dei servizi sotterranei e della rete stradale. La misura, sempre in ambito della macro-area “Rischio idrogeologico”, prevede un insieme variegato di interventi finalizzati a: prevenzione e mitigazione dei danni connessi al rischio idrogeologico; messa in sicurezza dei centri abitati; messa in sicurezza degli edifici pubblici; messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti; efficienza energetica degli edifici e degli impianti di illuminazione pubblica. I soggetti attuatori e beneficiari dell'investimento sono i comuni. Parliamo in questo caso di progetti in essere, precedenti al PNRR, che sono stati spostati nel PNRR e che prevedono complessivamente 39.866 progetti; in questa misura, lo ripeto, ci sono 39.866 progetti. L'importo di questa misura è composto da interventi che partono da 900 euro per una ringhiera, a 1.100 euro per un ascensore e al 75 per cento degli interventi che sono al di sotto dei 100.000 euro. Al momento della verifica con la Commissione europea - lo dico a coloro i quali difendono l'operato dei Governi precedenti e attaccano questo Governo -, noi siamo convinti che questo intervento sia rendicontabile rispetto ai principi previsti dalla Commissione europea (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier)? Noi siamo convinti che il miliardo circa di interventi per la viabilità, che evidentemente non è rendicontabile in modo oggettivo, ma che è previsto qui dentro, in questi 6 miliardi, sia realizzabile e rendicontabile, oppure aspettiamo un anno e mezzo o due e, quando non potremo più fare nulla, verremo in quest'Aula per sentirci dire che noi siamo stati incapaci di rendicontare questi interventi e di recuperare queste risorse (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier)? Vogliamo dirlo adesso, vogliamo individuare adesso le soluzioni e le proposte? E così, potrei fare per un altro intervento che viene individuato e indicato, altrettanto importante, quello relativo anche, e torno indietro, al tema del dissesto idrogeologico, perché la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il Presidente del Consiglio Meloni sono state in Romagna per fare una verifica relativamente a ciò che è accaduto in Emilia-Romagna e il Governo sta lavorando perché, anche nella rimodulazione di queste risorse, ci sia una proposta che possa essere, d'intesa con la Commissione europea, eventualmente valutata alla luce della nomina del Commissario e delle procedure che potrebbero, se compatibili, essere individuate all'interno della dinamica delle previsioni del PNRR e, anche e soprattutto, della tempistica del PNRR, che è quella del giugno del 2026.

È importante anche ricordare, così come ho fatto prima, il tema dei Piani urbani integrati. Non voglio, qui, aprire polemiche, confronti, c'è un dibattito singolare in Italia: tutti gli attuatori, tutti i protagonisti hanno tutti le carte in regola, tutti quando vengono chiamati in causa dicono che va tutto bene e che sono in grado di spendere tutto, poi, dopo, c'è una contraddizione, che è quella, quando andiamo a verificare la fase di attuazione e di avanzamento della spesa, di non ritrovare, rispetto a tutte queste rassicurazioni, un confronto coerente che indichi dei numeri che accompagnino esattamente questo dato. Lo voglio dire, perché quando ho fatto il riferimento, non ne farò altri, ai Piani urbani integrati, anche qui, noi verificheremo quale sarà lo stato d'avanzamento dei Piani urbani integrati, non c'è nessuno che immagina di definanziare il Piano urbano integrato di questo o quel comune; non c'è nessuno che immagina di definanziare il tema relativo alla rigenerazione urbana; anche qui, si tratta di progetti in essere, progetti del 2020. Siamo convinti che la fase di avanzamento di questi progetti sia compatibile con le date di scadenza previste dal PNRR e con i criteri previsti all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza? Io temo di no. Ma sarei molto soddisfatto se nel confronto dei prossimi giorni con la Commissione europea questo venisse messo per iscritto, in modo che tutti fossimo tranquilli rispetto a quello che accadrà dopo e verificassimo, nel merito delle questioni, che non ci sono dei rischi, che sono quelli che abbiamo corso rispetto all'esempio che ho fatto precedentemente, quello, di scuola, dello stadio di Firenze e dello stadio di Venezia, così come il tema degli asili e così come tutte le numerose questioni relative alla terza e alla quarta rata, per le quali, per la quarta rata, troverete all'interno del documento inviato in Parlamento un dettaglio, mentre per la terza rata con un'informativa, alla ripresa, in Parlamento, indicheremo in modo puntiglioso e specifico tutti gli obiettivi che sono stati modificati e raggiunti per creare le condizioni per avere la terza rata e avere l'approvazione da parte della Commissione europea.

Vorrei anche fare un riferimento, come ho detto, al tema della rigenerazione urbana, perché penso sia importante ricordare che, a fronte di 3,3 miliardi di euro, questa misura, costituita tutta da progetti in essere, è stata inizialmente introdotta con la legge di bilancio, come dicevo, del 2020; questo progetto è finalizzato a fornire ai comuni, con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, una serie di interventi previsti e relativi al 2020, non nel 2022 con le previsioni alle quali abbiamo fatto riferimento. La tempistica di spesa di queste risorse va verificata non con le dichiarazioni, ma con la verifica dei CUP, per capire quanti sono i programmi che sono realmente in fase di avanzamento, quanti sono i programmi che sono stati modificati, ricordando che il termine dell'affidamento dei lavori è fissato al 30 luglio del 2023, non fra molto tempo, ma ieri, l'altro ieri. Questo è quanto previsto all'interno della misura. Così come la misura delle aree interne, 725 milioni di euro, che noi proponiamo di rimodulare sui programmi ulteriori, che prevedono in modo molto semplice, ad oggi, un importo pari a 18,2 milioni di euro, corrispondente a poco più del 7 per cento complessivo del valore. Vogliamo parlare di questo, vogliamo rappresentare i fatti veri? Vogliamo discutere anche del tema relativo a un'altra polemica veramente fastidiosa, quella collegata al tema dei beni confiscati alle mafie che, obiettivamente, che è chiaramente e assolutamente non vera ma, soprattutto, molto strumentale.

Lo voglio dire in modo chiaro, perché questo intervento, che prevede questa valorizzazione dei beni confiscati, soprattutto, nelle regioni del Sud per 300 milioni, prevede, nel suo bando di selezione, pubblicato a novembre 2021, sulla base di una previsione statistica dei tempi di realizzazione di questi interventi, che il termine per le aggiudicazioni avrebbe dovuto essere anticipato a giugno 2023. Noi siamo ad agosto 2023; dunque, vogliamo parlare di questo? Vogliamo continuare su una strada per la quale noi non siamo in grado di mantenere fede a questi impegni e poi apriamo un dibattito, come dicevo prima, sull'incapacità del Governo o vogliamo, oggi, aprire questo tema, perché questi interventi sono assolutamente coerenti con quanto previsto all'interno dei programmi di coesione del Fondo di sviluppo e coesione?

Lo voglio dire perché, anche qui, i programmi di coesione sono nazionali e regionali e i programmi del Fondo di sviluppo e coesione sono nazionali e regionali e il lavoro che il Governo sta portando avanti è un lavoro, anche in questo senso, teso a costruire così com'è stato fatto dall'inizio della legislatura e così come la Commissione europea, con le sue raccomandazioni di due mesi fa, ci ha indicato quando ha parlato della necessità per gli Stati membri di raccordare il Piano nazionale di ripresa e resilienza alla coesione.

Noi lo abbiamo fatto dall'inizio. Lo stiamo facendo dal primo momento, perché siamo convinti che non solo ci sia bisogno di una visione comune tra i diversi interventi, ma le diverse date di scadenza nella rendicontazione di queste risorse ci consentono di avere un quadro d'insieme tra le risorse nazionali, le risorse del Fondo di sviluppo e coesione, le risorse della coesione e le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, perché il Piano nazionale di ripresa e resilienza, come abbiamo detto, ha la scadenza del giugno 2026 e quei progetti, che non sono realizzabili a giugno 2026, possono trovare una collocazione all'interno di quei programmi che scadono il 31 dicembre 2029 - la coesione - o che non hanno una data di scadenza visto che sono nel Fondo di sviluppo e la coesione. Questo non è definanziare: questo è ragionare e trovare le soluzioni con senso di responsabilità ed è quello che il Governo sta facendo.

Per questo sinceramente il dibattito e le polemiche, per quanto ci riguarda, andrebbero assolutamente evitati, anche e soprattutto perché - e chiudo su questa riflessione relativamente alle misure modificate; penso, appunto, ai beni confiscati alla mafia - ad oggi la situazione di attuazione dei progetti vede il 60 per cento degli interventi allo stato non avviato. Nessuna amministrazione ha chiesto l'anticipazione, evidenziando, quindi, quantomeno una forte complessità, e il termine era quello del 31 luglio per l'aggiudicazione dei lavori.

Allora, noi vogliamo definanziare questi interventi o ci stiamo ponendo il problema di come salvaguardare questi interventi, che è una cosa differente? Questo lo voglio dire anche perché è molto importante, evidentemente, spiegare il meccanismo che noi stiamo portando avanti in questo contesto, un meccanismo che, come dicevo, fa parte dell'esperienza che la terza e la quarta rata ci hanno consegnato e fa parte anche della questione della seconda parte del nostro programma di rimodulazione; perché tutta questa rimodulazione parte dal fatto che la Commissione europea, approvando il regolamento REPowerEU, ha messo in campo un meccanismo relativo alla possibilità di dare una risposta forte e seria alla grave crisi energetica conseguente all'invasione dell'Ucraina.

Ebbene, il regolamento REPowerEU pone una prima questione, un primo elemento di riflessione, rispetto a quanto non accade per gli altri Paesi, perché l'Italia è stato l'unico Paese, insieme alla Grecia e alla Romania, a prendere il 100 per cento di tutte le risorse a debito che le venivano assegnate, 122 miliardi di euro.

Quindi, quando noi abbiamo affrontato il tema del REPower, ci siamo trovati, a differenza degli altri Paesi, di fronte a una situazione diversa, perché gli altri Paesi - quasi tutti - hanno preso esclusivamente la quota a fondo perduto; visto che spesso la citiamo, la Spagna ha preso 69 miliardi a fondo perduto e non ha preso i soldi a debito; li ha chiesti adesso, collegandoli al progetto REPower. Oggi noi siamo nella situazione nella quale per poter dare una copertura finanziaria al REPower, sul quale dirò più di qualcosa successivamente, abbiamo 2,7 miliardi di euro, come quota ETS a fondo perduto, e abbiamo, all'interno di questa dinamica, la necessità di costruire un piano che possa utilizzare quelle risorse che troveranno con certezza assoluta - sono obbligazioni giuridicamente vincolanti, lo voglio ribadire - la loro prosecuzione su altri programmi che sono utilizzabili per finanziare qualcosa che sia molto più efficace e molto più necessario al nostro Paese, che rientra nei parametri del REPower e che si collega e si forma di due elementi fondamentali.

Qui vorrei fare una premessa, perché la visione complessiva del Governo porta, anche nell'ambito della definizione del REPower, a una scelta precisa. Il Piano Mattei, il lavoro strategico di interlocuzione con i Paesi del Nordafrica e dell'Africa e la dimensione mediterranea ci portano a dire che diverse di queste infrastrutture che vengono proposte sono e possono rappresentare una grande opportunità, nell'interlocuzione all'interno del Mediterraneo, per dare una centralità al nostro Paese su un tema, quale, appunto, quello dell'approvvigionamento elettrico dell'energia, che rappresenta un elemento fondamentale per il nostro Paese, non solamente nella dinamica nazionale, ma anche e soprattutto nella dinamica internazionale e nel rapporto a livello europeo.

Lo voglio dire perché il REPower rappresenta una soluzione che ha visto non solamente l'individuazione di alcune misure, ma ha una sua strategicità. Mi riferisco, in modo particolare, ai 3 investimenti e alle 6 riforme, che sono previsti all'interno del REPower. I 3 investimenti sono sulle reti dell'energia, su transizione verde ed efficientamento energetico e sulle filiere industriali strategiche. Le 6 riforme riguardano, in modo specifico: la riduzione dei costi della connessione alle reti del gas per la produzione di biometano; i contratti innovativi per garantire la remunerazione stabile a chi investe nelle fonti rinnovabili; nell'ambito del settore privato, la formazione delle risorse umane attualmente impiegate nell'industria tradizionale; nell'ambito del settore pubblico, la formazione specialistica dei dipendenti della pubblica amministrazione; nell'ambito della road map, il percorso per la razionalizzazione dei sussidi inefficienti ai combustibili fossili e una riforma molto rilevante, che dal mio e dal nostro punto di vista è molto apprezzata, che è quella - a livello anche europeo - relativa al testo unico riguardante la legislazione delle autorizzazioni per le fonti rinnovabili.

Come vedete, sono 3 importanti investimenti e 6 assolutamente importanti riforme che danno l'idea di una visione e che mettono in campo un programma di investimenti che, per 19 miliardi complessivi, può rappresentare una grande opportunità per il nostro Paese, anche per utilizzare le misure di intervento in modo efficace e anche e soprattutto per poter immaginare una prospettiva che dia al nostro Paese, come dicevo, non solamente quella dimensione di carattere internazionale, ma che affronti - e penso anche al tema degli incentivi per imprese e famiglie sull'efficientamento energetico - le questioni strutturali.

Vorrei solo ricordare che, nella nostra prima legge finanziaria, approvata con senso di responsabilità nei numeri e apprezzata a livello internazionale da tutte le istituzioni, a fronte di 35 miliardi di euro di disponibilità, ben 21 sono stati indirizzati per sostenere le famiglie e le imprese per l'aumento del costo delle bollette. Con il REPower c'è la soluzione strutturale a questo problema: non una spesa corrente momentanea per andare incontro a un'esigenza del momento, ma si pone il problema di dare una risposta strutturale sul fronte dell'efficientamento energetico per le famiglie e per le imprese che hanno subito, in quel momento, una fase di totale difficoltà. Ciò rappresenta, soprattutto per il Governo, un'opportunità non solo per mettere in campo un investimento utile e positivo, ma, al tempo stesso, individuare delle soluzioni che possano evitare di dover recuperare ulteriori risorse negli anni successivi rispetto a eventuali fasi di crisi che potrebbero ancora esserci, perché non è detto che noi siamo usciti da una situazione di difficoltà e di crisi rispetto a ciò che è accaduto nei mesi scorsi.

Io penso che sia importante sottolineare alcune questioni fondamentali. La prima è quella che il Governo, dal primo momento, ha lavorato con serietà e con responsabilità, evitando polemiche. Io penso e mi auguro che, su questo fronte, si possa lavorare avendo dei contributi di merito. Soprattutto, sarei molto interessato ad avere delle valutazioni sulle questioni sollevate oggi, cioè entrare nel merito, spiegare che i punti sollevati, che sono parte integrante della relazione, non vanno bene e per quale motivo. E, soprattutto, individuare una proposta alternativa rispetto a questo, che possa evitare una polemica - che non serve a nessuno - e che possa rappresentare una soluzione per il futuro del nostro Paese, differente rispetto alle questioni che noi eventualmente solleviamo.

In conclusione, vorrei sottolineare il tema della governance, che è stato oggetto di polemiche più volte. La governance che, con il decreto-legge n. 13 abbiamo dato, è stata una governance risolutiva di molte delle questioni di cui noi ci occupiamo.

Io lo voglio dire con molta chiarezza, sia perché la Commissione europea non ha sollevato mai alcun problema sull'organizzazione della governance sia perché noi abbiamo lavorato su quel decreto che ha rimodellato la governance del PNRR, collegando la nuova governance sulla coesione a una serie di norme di semplificazione, con un parere favorevole della Conferenza unificata delle regioni, dei comuni e delle province, sia perché, dentro quella dinamica organizzativa, nella differenziazione dei ruoli ma nel coordinamento perfetto che stiamo portando avanti anche e, soprattutto, d'intesa con il Ministero dell'Economia e delle finanze, stiamo trovando la soluzione ai problemi.

Oggi noi, qui, non veniamo a dire cose generiche, noi qui portiamo i fatti e i fatti ci dicono che, venerdì scorso, dopo un duro e intenso lavoro, che è individuabile con obiettivi raggiunti, la Commissione europea ha approvato le proposte del Governo italiano relativamente alla terza rata e relativamente alle modifiche della quarta rata. Lo voglio dire perché sarebbe stato molto semplice, su questi punti, scaricare eventuali responsabilità, perché è evidente che, sia sulla terza rata sia sulla quarta rata, non c'è un solo argomento che rientri nella competenza temporale dell'azione di questo Governo. Eppure, abbiamo lavorato seriamente per individuare tutte le soluzioni, e questo è un altro fatto oggettivo.

Così come a me piace sottolineare in modo molto chiaro che le dichiarazioni, il lavoro, le valutazioni che la Commissione europea ha messo in campo anche nei giorni scorsi, accompagnando l'approvazione della modifica della terza rata, accompagnando le proposte di modifica della quarta rata, sono dati oggettivi. Infatti, la dichiarazione della Presidente von der Leyen, la dichiarazione del Commissario Gentiloni e la dichiarazione del Commissario Dombrovskis andrebbero lette, perché accompagnano il percorso e la decisione della Commissione europea e penso che testimonino le questioni e il lavoro che si sta portando avanti. Soprattutto, penso siano molto utili.

Voglio dire, anche qui, con una valutazione che io mi auguro possa essere risolutiva nell'approccio, che noi abbiamo dimostrato, in modo concreto, con elementi di fatto, che l'intervento che stiamo mettendo in campo e le modifiche che noi stiamo proponendo sono e restano modifiche utili alla soluzione dei problemi. Lo voglio dire soprattutto perché, in questo contesto, noi abbiamo un lavoro ancora molto complesso da portare avanti, perché, come ho avuto modo di dire, in ordine alla fase di modifica del Piano nazionale di ripresa e resilienza - lo dico anche e soprattutto per aver letto delle ricostruzioni che, obiettivamente, sono totalmente infondate, voglio essere molto netto su questo - noi abbiamo individuato, in modo molto chiaro, un percorso che vede insieme il collegamento dei diversi programmi di finanziamento, che vede insieme una scelta strategica che il Presidente del Consiglio ha fatto all'inizio della legislatura. Infatti, il collegamento delle deleghe della coesione con il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha dimostrato in modo concreto, come dicevo, anche alla luce delle decisioni della Commissione europea, delle raccomandazioni della Commissione europea, del lavoro che si sta portando avanti, quanto questa sfida sia fondamentale e quanto il Governo abbia una visione nell'azione.

Ecco perché l'occasione odierna per me è utile anche per esprimere un sentito ringraziamento a tutti i colleghi del Governo e a tutte le strutture che hanno lavorato all'interno dei singoli Ministeri, perché questo lavoro è un lavoro collegiale, è un lavoro molto complesso, è un lavoro che ha avuto bisogno di una serie di approfondimenti e, soprattutto, di numerosissimi momenti di confronto e anche di discussione, per carità, com'è giusto che sia. Questo lavoro ha portato a una sintesi efficace e positiva, che oggi indica in modo molto chiaro quale è la strada sulla quale noi ci siamo incamminati. È una strada positiva per il nostro Paese, è una strada utile per il lavoro che stiamo facendo ed è una strada che può dare una prospettiva che, sicuramente, rappresenterà, per quanto ci riguarda, una svolta anche e, soprattutto, per poter adeguare questo programma a delle condizioni oggettive. Infatti, insieme alle valutazioni di merito che ho fin qui fatto, ce ne sono altre che accompagnano le scelte sul REPowerEU, come il cambio di contesto, le decisioni assunte a livello internazionale. Penso alle decisioni e al programma di investimenti messi in campo dagli Stati Uniti, dal Governo americano, e penso, per esempio, alla scelta dell'allentamento delle regole sul regime di aiuti che è stato avviato a livello europeo per un periodo temporale ma che, sicuramente, per un Paese come il nostro, può rappresentare un grosso problema, non avendo noi una capacità fiscale.

Ecco perché rivendico con forza l'azione del Governo e l'azione del Presidente del Consiglio Meloni in relazione ai risultati raggiunti, perché quando, nel Consiglio europeo di febbraio, il Presidente del Consiglio ha individuato come tema necessario e fondamentale l'inserimento della questione relativa alla flessibilità nell'utilizzo di programmi come il Piano nazionale di ripresa e resilienza e come la coesione, ha compiuto una scelta lungimirante, ha compiuto una scelta che ci consente di affrontare le questioni che abbiamo di fronte, ha compiuto una scelta che consente al nostro Paese di confrontarsi in modo serio e concreto con gli altri Paesi.

Ecco perché sono convinto che il lavoro che porteremo avanti ancora sarà costruttivo e positivo. La scelta è chiara: si può continuare, come io non mi auguro, ad ascoltare una serie di critiche a prescindere oppure, come io mi auguro, sedersi e confrontarsi nel merito rispetto alle soluzioni sulle quali noi stiamo lavorando. Lo dico soprattutto perché le questioni che noi portiamo all'attenzione del Paese, del Parlamento, delle parti sociali, delle organizzazioni di categoria, del sistema delle autonomie locali, in questo dibattito, sono questioni oggettive che non possono essere banalizzate o semplificate con l'idea che il Governo vuole definanziare questo o quell'intervento, chissà per quale ragione. Siccome noi abbiamo, invece, un'idea molto chiara, come ho ribadito, lavoreremo per salvaguardare tutti gli interventi fino in fondo, e non ci sarà alcun intervento che, in questa fase, correrà dei rischi o dei problemi, perché il lavoro che porteremo avanti troverà un momento di sintesi quando, con la Commissione europea, approvando la proposta in via definitiva che oggi stiamo iniziando a discutere, avremo la possibilità di capire quali progetti andranno spostati su altri programmi di intervento e per quali ragioni.

Questa è la visione d'insieme che noi stiamo portando avanti e mi auguro che su questo il dibattito possa essere utile e costruttivo. Mi riservo, evidentemente, anche in fase di replica, di poter individuare delle risposte adeguate rispetto anche alle ragioni che verranno sollevate, perché abbiamo bisogno di portare un contributo di chiarezza, nel merito delle questioni di cui noi ci stiamo occupando. Grazie per l'attenzione.