Poche ore fa la segretaria al Tesoro Usa, Janet Yellen, si è detta "ottimista" sulla possibilità di un accordo per fissare un limite di prezzo alle esportazioni di petrolio dalla Russia che i ministri economici del G7 si apprestano a discutere questa settimana. Riassumendo le posizioni occidentali erano quelle di pervenire ad un embargo dei prodotti petroliferi ostacolando la capacità della Russia di reindirizzare i flussi di petrolio verso Paesi terzi. Oltre il 90% delle navi del mondo è assicurato tramite l'International Group of P&I Clubs, un'associazione di assicuratori con sede a Londra. In accordo con il Regno Unito, l'UE ha vietato l'assicurazione delle navi che trasportano petrolio russo, rendendo più costoso il trasporto del petrolio russo, che dovrà fare affidamento su assicurazioni meno efficienti. Il divieto di assicurazione potrebbe risultare molto costoso per l'economia globale. Impedirebbe a gran parte del petrolio russo di essere venduto sul mercato, facendo salire i prezzi del petrolio per quasi tutti, tranne che per i Paesi che possono acquistare petrolio russo a prezzi scontati nonostante le sanzioni UE sui trasporti. Questo problema è stato particolarmente sentito dall'amministrazione Biden, che ha sempre messo in guardia l'UE contro un embargo totale sul petrolio russo, viste le potenziali ripercussioni negative sull'economia globale.
La proposta del G7 del Price Cap cerca di mitigare le conseguenze negative per l'economia globale dell'embargo sulle assicurazioni marittime dell'UE permettendo ai Paesi terzi di importare tutto il petrolio russo che desiderano, a patto che venga commercializzato al di sotto di un tetto di prezzo fisso. In questo modo si libererebbe anche il petrolio non russo per i Paesi che impongono l'embargo, che quindi starebbero meglio.
La proposta del G7 cerca quindi di sfruttare la posizione dominante degli alleati occidentali nel settore dei trasporti marittimi, delle banche e in particolare delle assicurazioni marittime, negando la fornitura di tali servizi a qualsiasi entità che cerchi di acquistare petrolio russo al di sopra di un prezzo limite. Ciò significa essenzialmente costringere il mondo a un cartello di acquirenti. Il tetto potrebbe essere fissato a un prezzo compreso tra il costo marginale di produzione della Russia e il prezzo del suo petrolio prima dell'invasione dell'Ucraina del 24 febbraio: tra 40 e circa 60 dollari al barile.
Un tetto massimo di prezzo appena superiore al costo di produzione russo, secondo l'idea, dovrebbe ridurre drasticamente i profitti della Russia, preservando al contempo i suoi incentivi a vendere, poiché non vendere significherebbe per la Russia non ricevere alcun profitto e dover chiudere i pozzi di petrolio, un'operazione costosa. Affinché il Price Cap sia possibile, il divieto annunciato dall'UE sui servizi assicurativi per le spedizioni di petrolio russo dovrebbe essere parzialmente revocato
Si tratta di una proposta molto complicata per le questioni che rischiano di manifestarsi.
In primo luogo, le sanzioni legate alle assicurazioni potrebbero non funzionare perché la Russia o alcuni Paesi terzi - come la Cina - possono fornire da soli i contratti assicurativi. Questi potrebbero non avere lo stesso valore delle assicurazioni occidentali e potrebbero non essere accettati per il transito attraverso porti e canali essenziali, ma i Paesi potrebbero comunque decidere che ottenere il petrolio russo vale la pena di rischiare se è ancora chiaramente più economico di altri fornitori. Se questo alla fine avrebbe successo, dato che anche la spedizione e il finanziamento effettivi potrebbero essere sanzionati, è un'altra questione. A questo proposito, sarebbe importante l'impiego da parte degli Stati Uniti di sanzioni secondarie extraterritoriali per far rispettare le restrizioni imposte alla Russia, anche se finora l'amministrazione Biden ha evitato di farlo.
In secondo luogo, anche con sanzioni di trasporto perfette, i massimali di prezzo sono difficili da applicare perché i Paesi importatori potrebbero cercare di aggirare il massimale di prezzo attraverso pagamenti collaterali, come è successo quando è stato imposto uno schema simile al petrolio iracheno negli anni Novanta. Immaginiamo ad esempio che l'India paghi un prezzo più alto del solito per le forniture di armi dalla Russia. Si potrebbe dimostrare che si tratta di un pagamento secondario per il petrolio? Il G7 sarà pronto ad applicare le sanzioni se ciò dovesse accadere? Sembra che il cartello di acquirenti proposto non sia molto credibile
In terzo luogo, l'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio potrebbe reagire male, riducendo l'offerta di petrolio perché non ama i limiti di prezzo. I prezzi più bassi potrebbero scoraggiare l'immissione sul mercato di ulteriore produzione/esportazione. Ma soprattutto, l'OPEC guarderà con sospetto a un simile price-cap, perché un'esperienza di successo potrebbe incoraggiare la comunità degli acquirenti globali a estendere il meccanismo oltre l'OPEC. Di conseguenza, è possibile che l'OPEC cerchi di ostacolare un tetto massimo, ad esempio sostenendo le esportazioni russe o riducendo quelle dell'OPEC.
Infine la Russia potrebbe con un coup de theatre ridurre l'offerta di petrolio. La Russia potrebbe anche decidere di fare una scommessa tattica e interrompere del tutto le forniture di petrolio. Potrebbe quindi fare appello alle sue ingenti riserve di liquidità per non essere coinvolta. In tal caso, i prezzi del petrolio potrebbero aumentare in modo sostanziale, questa opzione risulta improbabile, perché danneggerebbe i rapporti della Russia con l'OPEC perché una brusca interruzione della produzione danneggerebbe i suoi stessi pozzi petroliferi. La perdita di entrate causerebbe anche una pressione sostanziale e immediata sulla valuta e sull'economia generale della Russia.
Nel complesso, la proposta del G7 ha molti punti oscuri, certamente se attuata con successo, potrebbe migliorare l'attuale regime di sanzioni occidentali perché potrebbe ridurre al minimo gli impatti negativi sull'economia globale. Tuttavia, è chiaro che i difficili compromessi rendono difficile per la proposta del G7 raggiungere il suo duplice obiettivo di massimizzare la pressione sulla Russia, riducendo al minimo l'impatto sull'economia globale. Ad esempio, il tetto al prezzo del petrolio potrebbe essere fissato a un livello troppo alto per intaccare realmente la rendita petrolifera di Putin. L'attuale approccio dell'UE, nel lungo periodo, potrebbe essere molto più incisivo, ma solo a rischio di far salire i prezzi globali del petrolio, con un impatto negativo sull'economia globale. Si tratta dunque di una proposta molto complessa che rischia di attuarsi continui aggiustamenti. In questo senso il ruolo e il coinvolgimento di Cina, lndia e altri Paesi in via di sviluppo, è determinante per evitare comportamenti opportunistici. Ciò mette in campo la possibilità di sanzioni secondarie per imporre un'accettazione almeno tacita del tetto al prezzo del petrolio da parte dei Paesi non occidentali.