Energia22 Settembre 2022 13:04

La Gran Bretagna revoca il divieto di fracking del gas per promuovere l’indipendenza energetica. E l’Italia?

La Gran Bretagna ha formalmente revocato la moratoria sul fracking per lo shale gas in vigore dal 2019, affermando che il rafforzamento dell'approvvigionamento energetico del Paese è una "priorità assoluta".

La decisione arriva, naturalmente, dopo che i prezzi dell'energia sono aumentati vertiginosamente in Europa a causa dell’invasione russa dell'Ucraina, fattore che ha spinto la Gran Bretagna a sovvenzionare le bollette di famiglie e imprese – come stanno facendo tutti gli altri paesi europei, Italia compresa - a un costo di oltre 100 miliardi di sterline (113 miliardi di dollari).

A sbloccare la situazione è stato il nuovo primo ministro Liz Truss che ha sdoganato il fracking laddove fosse supportato dalle comunità.

Il segretario agli Affari e all'Energia Jacob Rees-Mogg ha affermato che tutte le fonti di energia devono essere esplorate per aumentare la produzione interna, giustificando quindi la revoca della pausa per realizzare “qualsiasi potenziale fonte di gas domestico".

Un rapporto, richiesto dal governo e pubblicato oggi dal British Geological Survey (BGS), ha invece affermato che visto lo scarso utilizzo di questa tecnica nel paese, "rimane difficile" stimare l'impatto sismico che potrebbe avere.

Il più grande tremore causato dal fracking si è verificato nel sito di Cuadrilla a Blackpool, nel nord dell'Inghilterra, nel 2011, registrando una magnitudo di 2,3. Successivamente, il governo ha introdotto un sistema a semaforo che sospende i lavori se è stata rilevata un'attività sismica pari o superiore a 0,5 della scala Richter.

E l’Italia? È ferma sulle sue posizioni e, a parte un aumento della produzione domestica da giacimenti già operativi, per il momento non sbloccherà le trivelle, come sta facendo invece la Croazia nell’Adriatico. "Le riserve accertate nella parte italiana dei giacimenti sfruttati dalla Croazia sono di almeno 30-40 miliardi di metri cubi. Servirebbero due o tre anni per metterli a regime ed estrarre 3 miliardi di metri cubi di gas in più l'anno per un ventennio. Tutto è fermo, però, per il rischio di abbassamento del fondale marino. «Avevo presentato un emendamento per avviare il processo autorizzativo e rimuovere il niet degli anni precedenti. Non c'è nessuna reale motivazione ambientale», ha spiegato al Giornale la deputata di Forza Italia, Claudia Porchietto". Mentre Il Foglio nell’edizione dello scorso 15 settembre rammenta che “il ministro dell’Economia e dello Sviluppo sostenibile croato Davor Filipovic ha riunito la task force incaricata di seguire l’emergenza e ha annunciato la decisione di aumentare la produzione domestica del 10 per cento rispetto ai precedenti obiettivi". Gas che poi "dovrà essere venduto alla società elettrica di stato Hep a un prezzo non superiore a 41 euro per megawattora” per “garantire tariffe più basse a cittadini e imprese croate ed evitare interruzioni delle forniture in vista dei tagli dei consumi concordati con l’Europa".