Energia30 Settembre 2022 15:34

Energia, nessuna reciprocità in Ue: Italia apre le gare mentre la Francia se ne infischia della concorrenza. E vale anche per la Bolkestein

C’è uno scoglio importante sul quale il prossimo governo a trazione Fratelli d’Italia dovrà cimentarsi al più presto e sul quale si misurerà, probabilmente, la reale tenuta della coalizione: quello delle lobby dei taxi e dei balneari. I due gruppi hanno sostenuto in maniera pressoché granitica Giorgia Meloni nelle ultime elezioni grazie all’appoggio di FdI che ha sempre osteggiato qualsiasi tentativo di riforma in Parlamento, nonostante il premier Mario Draghi abbia tentato più volte - anche sul filo di lana in chiusura di legislatura - di far passare la riforma del settore, improntata alla messa a gara, secondo la ben nota direttiva Bolkenstein.

L'attuazione dell’ultimo Dl concorrenza, d'altronde, era legato alle scadenze del Pnrr e sulle proroghe ai balneari pende da tempo una procedura d'infrazione europea, ma alla fine anche il presidente del Consiglio uscente si è arreso lasciando tutto in mano al nuovo esecutivo.

Ma allora cosa succederà? Una risposta può arrivare da uno sguardo a un altro settore, lontano da quello di balneari e taxi e cioè quello dell’energia.

Si tratta dell’articolo 5 del precedente Dl Concorrenza, che introduce “procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche secondo parametri competitivi, equi e trasparenti” che prevede un percorso di assegnazione delle concessioni da avviare dalle Regioni entro il 31 dicembre 2022, con la possibilità per il ministero delle Infrastrutture di intervenire con poteri sostitutivi verso chi non rispetti questo termine.

Una norma che, a dispetto delle netta contrarietà dei principali operatori del settore – vedi Enel, A2A, Edison – è stata molto criticata perché esporrebbe il settore alla concorrenza estera senza un principio di reciprocità e senza la possibilità di ricorrere al meccanismo del Golden Power.

Il tema è stato sollevato perfino dal Copasir, (il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), secondo cui aprire a gara le concessioni idroelettriche a “operatori esteri ma in un regime di non reciprocità poiché gli altri Paesi europei applicano un regime protezionistico in questo ambito” fa incorre nel rischio di scalate da parte di aziende estere, con tutti i rischi economici e strategici per il paese.
Ciò senza dimenticare che un titolo concessionario in Europa dura in media 60-90 anni mentre in Italia nella migliore delle ipotesi arriva a 30 anni, con dunque una disparità di trattamento evidente.

La domanda, a questo punto, nasce spontanea: perché l’Italia ha deciso di compiere un simile passo? Tanto più che i nostri vicini d’oltralpe, i francesi, non solo hanno fatto tutto il contrario – prolungando in automatico fino al 2041 le concessioni idro – ma addirittura di recente hanno avviato una nazionalizzazione del principale operatore e cioè Edf.

Era già stato scritto:

Gargano (Anbi): “Italia non svenda le rinnovabili agli operatori esteri”