Le immagini impressionanti degli effetti della crisi climatica sulla Toscana sono un richiamo fortissimo a quella che possiamo definire un’emergenza nell’emergenza: la necessità di fare presto per mettere in sicurezza il territorio, interrogandoci con quali mezzi e procedure. Il territorio del nostro Paese con la sua fitta rete infrastrutturale è sottoposto a minacce crescenti, legate all'obsolescenza delle strutture e alla probabilità di eventi atmosferici straordinari. Per affrontare la fragilità del nostro Paese bisogna intervenire sul territorio rafforzandolo, e ovviamente tali competenze sono proprie dell’ingegneria civile.
Purtroppo, e questo è un primo allarme, già oggi il numero di ingegneri addetti è gravemente insufficiente a soddisfare le richieste ed esigenze in tema di protezione dai rischi. E in futuro potrebbe essere ancora peggio: basti pensare che al Politecnico di Milano in dieci anni c’è stata una diminuzione di laureati magistrali in Ingegneria Civile di quasi il 30%. A livello nazionale Ingegneria civile ed ambientale e scienze e tecniche registrano un calo costante e per il momento inarrestabile: nel 2010, la quota di laureati di primo livello del settore civile ed ambientale era prossima al 40% di tutti i neo-ingegneri, ora si attesta sul 15%.
“Occorre ripensare – dichiara il Presidente di AIS Lorenzo Orsenigo - il modo con cui progettare le infrastrutture: come associazione abbiamo prodotto un position paper a cui hanno lavorato oltre 100 professionisti espressi da 30 tra i principali operatori del Paese, con indicazioni e proposte, delle vere e proprie linee guida, per raggiungere livelli sempre maggiori di concreta sostenibilità relativamente a 11 ambiti, dal consumo di acqua, alla riduzione dell’impronta carbonica, alla digitalizzazione, aspetto quest’ultimo a cui sono legate importantissime potenzialità di controllo e tutela dei territori ma anche grandi sfide quali quella dell’evoluzione delle amministrazioni pubbliche”.
AIS comprende player di primo piano con 80 aziende tra stazioni appaltanti, società di ingegneria, imprese di costruzioni, produttori di materiali e tecnologie, società di servizi, impegnate nella realizzazione delle più importanti infrastrutture in Italia, e che esprimono complessivamente oltre il 2% del PIL nazionale.
“Oggi per potersi definire sostenibili – conclude Orsenigo – le infrastrutture devono essere sottoposte a progettazione e preferibilmente a manutenzioni predittive rispetto a quelle ordinarie. Occorre non solo ridurre, in fase di realizzazione, l’impatto dell’opera sul clima ma anche aumentarne il livello di resilienza ai cambiamenti climatici, perché oggi vanno considerati nuovi parametri di progettazione non solo dell’infrastruttura in quanto tale ma legati al territorio e alle sue potenziali criticità".