Energia22 Settembre 2022 17:13

Perché gli alti prezzi dell’energia potrebbero indurre le aziende a fuggire dall’Europa

L'aumento dei costi energetici in Europa sta minacciando seriamente le attività imprenditoriali e l'avvio di una recessione in tutta l'Ue. Il colosso siderurgico ArcelorMittal ha dichiarato all'inizio del mese che ridurrà della metà la produzione di acciaio in Germania a causa dei prezzi elevati del gas. Sempre l'azienda ha annunciato un drastico taglio della produzione di acciaio per il quarto trimestre dell'anno, circa 1,5 milioni di tonnellate rispetto all'ultimo trimestre del 2023. Al contempo ArcelorMittal ha però dichiarato di avere in programma di espandersi in Texas, descrivendo lo stato come una "regione che offre energia altamente competitiva e, idrogeno competitivo". È solo una delle società con sede in Europa che stanno iniziando a vedere i vantaggi della crescita negli Stati Uniti, secondo un articolo di David Uberti del Wall Street Journal.

Uberti cita i dirigenti del settore dicendo che non sarebbe stata una decisione difficile da prendere. Fondamentalmente, secondo l'articolo, si tratta di un semplice dilemma tra piegarsi di fronte a bollette energetiche esorbitanti e passare a un ambiente energetico molto più economico, completo di nuovi incentivi per alcuni settori.

Sostanze chimiche, batterie, energia verde: queste sono tutte aree destinate a beneficiare in modo sostanziale della legge sulla riduzione dell'inflazione approvata il mese scorso negli Usa. Non c'è da stupirsi, quindi, che le aziende attive in queste aree considerino una buona idea trasferirsi o espandersi negli Stati Uniti.

Nel frattempo, in Europa, sempre più aziende stanno passando alla modalità sopravvivenza. Questo perché, per molte di loro, sta arrivando il momento di rinnovare i contratti di fornitura di energia elettrica con le utilities. E grazie all'inflazione, i nuovi contratti dovrebbero essere molto più elevati rispetto agli attuali, con prezzi di inizio anno che superano anche i 1.000 dollari in Francia e Germania.

Liz Alderman del New York Times ha scritto in un recente articolo che le industrie energivore come possono essere quelle per la produzione di fertilizzanti risultano essere particolarmente vulnerabili proprio a causa del loro maggiore fabbisogno energetico. E ha citato il caso di un importante produttore di vetro, Arc International, che sta chiudendo le unità di produzione per far fronte ai costi energetici più elevati.

Tornando al di qua dell'Atlantico, la Commissione europea ha promesso di aiutare le imprese limitando le entrate dei generatori di elettricità che utilizzano una fonte primaria di energia diversa dal gas e tassando i profitti "eccessivi" delle compagnie petrolifere, del gas e del carbone. Secondo Bruxelles, si dovrebbero raccogliere circa 140 miliardi di euro, da distribuire tra famiglie e imprese in difficoltà. Anche se c'è chi critica questa misura, notando che tali somme non saranno sufficiente per salvare le aziende dal fallimento, si legge sul Financial Times. European Aluminium, l'associazione industriale di settore, ha ad esempio affermato che i costi energetici potrebbero causare il crollo dell'industria dell'alluminio in Europa.

Lo stesso sta accadendo in Italia dove il governo è recentemente intervenuto con il Decreto Aiuti Ter allargando il credito d’imposta a favore delle imprese per uno stanziamento complessivo di 9,8 miliardi, tre quarti del totale dei 14 miliardi di soldi pubblici stanziati con l’ennesimo provvedimento per alleggerire l’aumento dei prezzi. Complessivamente, secondo l'ufficio studi di Confcommercio, la spesa in energia per i comparti del terziario nel 2022 ammonterà a 33 miliardi, il triplo rispetto al 2021 e più del doppio rispetto al 2019 mettendo a rischio 120 mila aziende e 370 mila posti di lavoro.