In Parlamento7 Maggio 2024 10:35

Ue, mozione Conte (M5S Camera): su revisione Patto di stabilità

Atto Camera

Mozione 1-00279

presentato da

CONTE Giuseppe

testo di

Venerdì 3 maggio 2024, seduta n. 286

La Camera,

premesso che:

il tema dell'aggiornamento e della revisione del quadro della governance economica europea rappresenta una questione centrale nel dibattito europeo ed un tema decisivo di politica economica per il nostro Paese in quanto dalla sua approvazione dipenderà la capacità di spesa e di investimento a livello nazionale ed europeo per i prossimi anni, pesantemente influenzata dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali;

come noto, il 21 dicembre 2023 il Consiglio Ecofin ha formalmente approvato il mandato negoziale con il Parlamento europeo sul nuovo quadro di governance economica e, nello specifico, sul regolamento sul braccio preventivo, nonché un accordo di massima in vista della consultazione del Parlamento sul regolamento sul braccio correttivo e sulla direttiva relativa ai requisiti per i quadri di bilancio nazionali. Successivamente, il 17 gennaio 2024, lo stesso Parlamento europeo ha adottato il proprio mandato negoziale in vista dell'avvio dei negoziati interistituzionali sulla proposta di regolamento riguardante il braccio preventivo del Patto;

in ragione delle modifiche peggiorative, apportate nel corso dei negoziati alla proposta di riforma che hanno dato seguito a regole più severe sul deficit e a un controllo più restrittivo sulla spesa pubblica degli Stati membri, il Movimento 5 Stelle, in sede parlamentare europea, ha espresso voto contrario alla suddetta posizione negoziale, coerentemente con la posizione peraltro già assunta anche in sede nazionale con la mozione Scerra ed altri n. 1-00082 in materia di revisione della governance economica dell'Unione europea e delle relative politiche di bilancio; la posizione negoziale di gennaio con il Parlamento europeo è stata invece votata favorevolmente da tutte le altre forze politiche; Fratelli d'Italia, Lega, Forza Italia, Italia Viva e Pd;

le elezioni europee si avvicinano e il percorso di riforma e di definizione delle nuove regole sulla governance si è appena concluso: con l'accordo politico provvisorio raggiunto tra i negoziatori del Consiglio e del Parlamento europeo il 10 febbraio 2024 è stato infatti confermato l'impianto complessivo della riforma della governance che rimane quello stabilito nell'accordo raggiunto dagli Stati membri nel Consiglio Ecofin del 21 dicembre 2023;

da ultimo, la ferma contrarietà del Movimento 5 Stelle a tale proposta di riforma, in coerenza con le posizioni già assunte nelle precedenti votazioni richiamate in premessa, è stata ribadita con il voto del 23 aprile 2024 in sede di ultima plenaria del Parlamento europeo prima delle elezioni europee, unica forza politica italiana ad essersi espressa contro nella votazione finale della proposta di regolamento sul braccio preventivo del Patto di stabilità e sulla procedura di consultazione sulle altre due proposte relative al regolamento sul braccio correttivo e alla direttiva sui quadri di bilancio nazionali;

in quella sede si è peraltro assistito alla totale spaccatura del fronte italiano della maggioranza di centrodestra cosiddetto dei conservatori e riformisti europei, presieduto dalla Premier Meloni, che, in aperto contrasto con la posizione assunta nelle votazioni precedenti in sede di Consiglio e sconfessando di fatto l'operato del proprio Ministro dell'economia Giorgetti – il quale aveva difeso la sostenibilità dell'accordo per l'Italia – si è astenuta. Nonostante il Governo si fosse dichiarato «soddisfatto» e avesse appoggiato la riforma, definendola «un buon compromesso», FdI, FI e Lega non l'hanno infatti sostenuta al momento della votazione;

sul dietrofront delle forze di maggioranza sul medesimo pacchetto di proposte di riforma – peraltro sconfessato, ancora una volta, dal voto espresso in sede di Consiglio dell'Unione europea il 29 aprile a favore del nuovo Patto di stabilità – ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo pesa evidentemente la prossima campagna elettorale per le elezioni europee di giugno, che lascia trasparire una preoccupante mancanza di responsabilità da parte dell'Esecutivo;

dopo oltre un anno e mezzo di trattative, è arrivata infatti, con il voto favorevole del Governo italiano, l'approvazione definitiva, senza discussione, del Consiglio sul pacchetto di proposte legislative inerenti alla riforma del Psc che si è espresso all'unanimità – con l'eccezione del Belgio che si è astenuto al regolamento sul coordinamento efficace delle politiche economiche e alla sorveglianza di bilancio multilaterale – dando così il via libera a un compromesso giudicato da tutti gli osservatori peggiorativo rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea la riforma delle vecchie regole di governance economica era stata invocata per semplificare il quadro delle regole fiscali europee e rimuovere i difetti di «prociclicità» del vecchio impianto, che avevano finito per comprimere la spesa per investimenti durante i periodi di consolidamento fiscale mentre l'accordo confermato dal Consiglio rischia di fallire entrambi gli obiettivi, con il pericolo concreto per l'Italia di manovre correttive per gli anni a venire e tagli che colpiranno la spesa pubblica, in particolare quella destinata a sanità, istruzione, diritti, investimenti, imprese, infrastrutture e crescita;

secondo le stime di autorevoli istituti internazionali, gli obiettivi contenuti nella proposta di riforma si tradurranno in un aggiustamento che per l'Italia potrebbe essere pari a 12-13 miliardi per sette anni. In particolare, secondo lo studio della Confederazione europea dei sindacati (Ces) che si basa sui calcoli del prestigioso think tank Bruegel, la riforma potrebbe costringere l'Italia a tagli annuali al bilancio tra lo 0,61 per cento e l'1,15 per cento del Prodotto interno lordo (le percentuali più alte in Unione europea dopo Belgio e Slovacchia). Questo dipenderà dal tipo di piano di rientro del debito che il nostro Governo concorderà con la Commissione europea (una delle novità della riforma), ossia se un piano di 4 anni o uno di 7 anni. Nel primo caso, il taglio annuale, calcola la Ces, sarebbe di 25,4 miliardi. Nel secondo caso, lo sforzo scenderebbe a 13,5 miliardi;

complessivamente, i nuovi parametri di base contenuti nel Patto – in cui sono rimaste immutate le soglie di riferimento del 3 per cento nel rapporto deficit/prodotto interno lordo e del 60 per cento nel rapporto debito/prodotto interno lordo – rischiano infatti di spingere non solo l'Italia, ma l'intera Unione europea in recessione, dal momento che comporteranno pesanti conseguenze sulla riduzione degli investimenti;

proprio con riferimento agli investimenti, quelli nelle aree prioritarie dell'Unione europea – e cioè la transizione climatica e digitale e la sicurezza energetica – a differenza degli investimenti per la difesa considerati fattore rilevante per l'esclusione dal calcolo degli obiettivi di bilancio – non vengono scorporati nella proposta di riforma della governance economica, ma dovranno essere elencati nei piani che gli Stati membri manderanno a Bruxelles;

la complicata situazione dei conti pubblici italiani è stata confermata anche dai dati contenuti nelle previsioni economiche d'inverno, pubblicate a febbraio 2024: la Commissione europea ha infatti rivisto, al ribasso, rispetto alle aspettative contenute nelle previsioni economiche di novembre, le stime di crescita per l'Italia, tagliandole di - 0,2 per cento e portandole allo 0,7 per cento per il 2024; tali previsioni contraddicono di fatto anche l'azione governativa che ha basato l'ultima manovra di bilancio su una crescita superiore all'1 per cento;

scontata è poi – come confermato dallo stesso Ministro dell'economia e delle finanze Giorgetti, in base all'indebitamento netto registrato dall'Italia nel 2023, la prossima apertura di una procedura per disavanzo eccessivo (Pde) nei confronti dell'Italia in relazione alla riforma della governance economica europea, in base alle raccomandazioni della Commissione europea,

impegna il Governo:

1) alla luce degli effetti applicativi che le rinnovate regole di governance economica europea avranno in termini di tagli alla spesa pubblica per il nostro Paese, censura fortemente l'operato del Governo in relazione al consenso manifestato al Patto di stabilità, dichiarato in sede di Ecofin del 21 dicembre 2023 e confermato in sede di Consiglio il 29 aprile 2024 con il via libera definitivo alle rinnovate regole di governance, e impegna altresì l'Esecutivo ad astenersi dall'assumere posizioni negoziali che confermino l'impostazione attuale del Patto di stabilità così come riformato, in conformità anche con la linea politica espressa dagli eurodeputati italiani sulla riforma in sede di ultima seduta del Parlamento europeo;

2) a voler assumere, in ogni sede europea, una posizione di netta contrarietà al rinnovato Patto di stabilità, facendosi portavoce della necessità di rinegoziare l'accordo, al fine, da una parte, di evitare nuovi vincoli e tagli agli investimenti per l'Italia, e dall'altra di includervi, tra i fattori da considerarsi rilevanti, anche le spese in investimenti strategici – tra i quali gli investimenti destinati all'istruzione, quelli in ambito di spesa sanitaria, gli investimenti green quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio – per prevenire politiche di austerità, preservare la qualità e il livello di spesa pubblica, evitare pesanti tagli allo Stato sociale e sostenere una crescita inclusiva e sostenibile di medio e lungo termine;

3) a scongiurare il rischio dell'apertura di una procedura di infrazione per disavanzo eccessivo nei confronti dell'Italia, che la Commissione europea, a seguito dell'entrata in vigore delle nuove regole di bilancio, potrebbe raccomandare al Consiglio, alla luce dell'attuale rapporto di deficit dell'Italia in rapporto al Prodotto interno lordo al di sopra del 3 per cento in tutti gli anni dell'orizzonte previsivo.
(1-00279) «Conte, Scerra, Francesco Silvestri, Baldino, Santillo, Auriemma, Cappelletti, Fenu, Alfonso Colucci, D'Orso, Riccardo Ricciardi, Pellegrini, Torto, Caso, Ilaria Fontana, Iaria, Pavanelli, Barzotti, Quartini, Caramiello, Scutellà».