Sostenibilità3 Novembre 2022 11:06

Sostenibilità, Confcooperative: La svolta green mette a rischio 1,6 milioni di imprese che occupano 5,6 milioni di lavoratori

Nel 2021 è stato di oltre 1,2 miliardi di euro l’investimento dalle imprese aderenti in sostenibilità ed economia circolare. Il dato, diffuso nel corso della Seconda Giornata della Sostenibilità organizzata da Confcooperative, è sul 79% di cooperative aderenti che ha intrapreso almeno un’iniziativa riconducibile ad alcune delle principali tematiche dello sviluppo sostenibile e dell’economia circolare.

In tutti i macrosettori l’ambito d’intervento in cui si concentrano i maggiori investimenti è quello del risparmio energetico e la riduzione dei consumi che ha interessato il 40,3% delle cooperative, in aumento di quasi il 10% rispetto al 2020 (30,9%). Il 28,8% ha indicato l’acquisto e l’utilizzo di materiali di minore impatto. Il 23,1% ha avviato percorsi formativi e informativi interni sulla sostenibilità. Il 18,8% ha scelto di promuovere l’eco-innovazione e di investire in tecnologie rispettose dell’ambiente. Infine, il 14,4% si è indirizzato verso il riciclo e il riutilizzo dei materiali.

Su base settoriale nell’industria e costruzioni l’ambito più interessato da progetti di investimento in sostenibilità è quello del risparmio energetico e riduzione dei consumi che raggiunge il picco del 60% delle cooperative.

Nell’agroalimentare una quota considerevole di cooperative (27%) ha avviato percorsi di sviluppo sostenibile nell’ambito degli investimenti in tecnologie rispettose dell’ambiente.

Tra le cooperative di servizi e tra le cooperative sociali l’acquisto e l’utilizzo di materiali di minore impatto rappresenta il secondo ambito di investimento nello sviluppo sostenibile promosso dalle aderenti nel 2021 (rispettivamente con il 28% e 33% delle cooperative).

Nella cooperazione di consumo e distribuzione al dettaglio, ben 8 cooperative su 10 sono impegnate nella sensibilizzazione dei consumatori su tutte le tematiche dello sviluppo sostenibile.

“È di oltre 1,2 miliardi di euro l’investimento delle nostre cooperative in sostenibilità. Le principali voci di investimento: risparmio energetico, riduzione dei consumi, utilizzo di materiali di minore impatto, formazione e nuove tecnologie. La svolta green mette a rischio 1,6 milioni di imprese che occupano 5,6 milioni di lavoratori. Ad alto rischio oltre 932.000 imprese che danno lavoro a 2 milioni di persone. Mentre sono meno di 17.000 le imprese già in linea con i requisiti previsti dagli standard UE. La sostenibilità per le imprese è una strada obbligata. Le cooperative sul green sono pronte a investire di più. Il PNRR può rappresentare ancora la benzina verde della transizione. Occorrono misure di sostegno e soprattutto meno burocrazia per realizzare impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile in tempi più brevi” ha detto Maurizio Gardini, presidente Confcooperative commenta i dati del Centro studi Confcooperative e del CENSIS.

Ecco le imprese che hanno accettato e vinto la sfida della transizione ecologica: la quota di imprese totalmente green (attività di smaltimento e gestione rifiuti, distribuzione di elettricità e gas), riguarda un numero ancora ridotto: infatti, soltanto 16.354 imprese, che danno lavoro a 267.000 occupati, sono già in linea con i requisiti di un sistema ad emissioni zero previsti dagli standard UE.

Le ombre, le imprese a rischio alto: sono oltre 932.000 le imprese che, danno lavoro a poco meno di 2 milioni di lavoratori pari all’11,6% dell’occupazione totale che rischiano di incorrere in considerevoli perdite finanziarie a seguito dei necessari investimenti per adattarsi alle strategie di un’economia a zero emissioni e sostenibile dal punto di vista ambientale. Rappresentano il 17,6% del totale.

Il “rischio” è da considerarsi medio per quelle 600.000 imprese che danno lavoro a 3,7 milioni di lavoratori di questi oltre 1,5 milioni nelle pmi. Imprese che appartengono al comparto manifatturiero, come ad esempio, il sistema moda, il sistema casa, la meccanica. In questo caso l’adeguamento dei processi produttivi per ridurre l’impatto ambientale delle attività obbliga comunque a investimenti rilevanti. Un fenomeno che riguarda oltre l’11% delle imprese italiane.

Tuttavia, più di 3,7 milioni di aziende su oltre 5 milioni di quelle censite (il 70,9% sul totale delle imprese attive presenti nel Registro delle imprese) vengono definite a rischio trascurabile: per queste imprese, infatti, gli investimenti per adeguare o riconvertire la produzione in un sistema economico a zero emissioni nette e sostenibile dal punto di vista ambientale non inciderebbero sui costi, l’occupazione e l’accesso ai mercati finanziari. Rientrano in questo segmento le strutture attive nei servizi alle imprese e alle famiglie e nel comparto Costruzioni.
Le PMI che necessitano di elevati investimenti per riconvertire gli impianti produttivi e renderli sostenibili, pena l’uscita dal mercato, sono il 10,6% sul totale delle PMI. In termini di appartenenza di settore, le imprese ad alto grado di rischio sono quelle impegnate in attività di estrazione, lavorazione e commercializzazione di combustibili fossili, nella produzione di energia elettrica da fonti non rinnovabili e, in genere, in attività “energivore” come la siderurgia, ma anche parte delle filiera agricole come l’allevamento.
Un ulteriore approfondimento, realizzato da Cerved su 683 mila società di capitali e sui relativi bilanci, segnala che il “rischio transizione” di grado elevato riguarda 57 mila imprese (l’8,4% sul totale) che impiegano un 1.253.000 addetti (il 12,6% sul totale addetti) e sono esposte per debiti finanziari per circa 285 miliardi di euro (il 31% sul totale dei debiti finanziari, pari a 924 miliardi di euro).