Previsto nel prossimo Consiglio dei ministri di venerdì 24 maggio il decreto Salva Casa di Matteo Salvini, che si propone di mettere pace a una situazione che mette a repentaglio il mercato degli immobili degli italiani. Obiettivo: eliminare la doppia conformità prevista nei procedimenti di Permesso in Sanatoria e SCIA in sanatoria e sanare alcune irregolarità edilizie. Due gli elementi per ora che sembrano essere certi: il decreto riguarderà solo piccole modifiche interne ed esterne ma escluderà le variazioni che impattano sulla stabilità dell’immobile e regolarizzerà le cosiddette piccole difformità in deroga alla legge della doppia conformità. Ovvero l’obbligo di rispettare le regole in vigore al momento della costruzione e quelle attuali.
Accade spesso di leggere nei rogiti aventi ad oggetto atti di compravendita immobiliare la seguente dichiarazione:
“la parte venditrice dichiara che l’immobile oggetto della presente compravendita è stato realizzato in data antecedente al 01 settembre 1967”.
Ciò ha portato a ritenere, da parte di molti - come scrive Roberto Mattoni, avvocato A.S.P.P.I. Associazione Sindacale Piccoli Proprietari Immobiliari - che tale dichiarazione rappresenti un “lasciapassare” per ogni abuso edilizio sussistente nell’immobile oggetto della compravendita. Va detto che le principali responsabili del diffondersi di tale convincimento sono sostanzialmente le Agenzie Immobiliari (non tutte, ovviamente).
La predetta convinzione è sostanzialmente errata. Per avere un quadro esatto della questione occorre distinguere il profilo civilistico da quello amministrativo.
PROFILO CIVILISTICO
L’obbligo della menzione degli estremi della licenza di costruzione negli atti di compravendita immobiliare, a pena di nullità dell’atto stesso, è stato introdotto solo con la legge n. 47/1985.
L’atto di compravendita rogato prima del 17.03.1985, dunque, era (ed è) perfettamente valido ed efficace anche se privo della menzione degli estremi della licenza di costruzione e degli altri provvedimenti autorizzativi.
E’ solo dunque dal 17.03.1985 che ai notai viene fatto obbligo di verificare che negli atti di compravendita, a pena di nullità degli stessi, siano inseriti gli estremi del titolo legittimante la costruzione, ciò sulla base di due disposizioni che si sono succedute nel tempo:
- l’art. 40 comma 2 della legge n. 47/1985 per le costruzioni realizzate prima del 17.03.1985;
- l’art. 46 D.P.R. n. 380/2001 per le costruzioni realizzate dopo il 17.03.1985.
Se da un lato l’art. 40 comma 2 della legge n. 47/1985 ha introdotto l’obbligo della menzione del titolo legittimante la costruzione in tutti i futuri atti di negoziazione immobiliare, dall’altro ha anche previsto un’importante eccezione:
- nel caso di immobili la cui costruzione risulti iniziata prima dell’01.09.1967(entrata in vigore della cd. legge Ponte che ha esteso a tutto il territorio nazionale l’obbligo di munirsi del titolo abilitativo) nell’atto di compravendita sarà sufficiente la dichiarazione sostitutiva di atto notorio dell’avvenuta costruzione prima di tale data e non sarà conseguentemente necessaria la menzione degli estremi del titolo urbanistico-edilizio.
E così, gli immobili la cui costruzione risulti avviata in epoca anteriore all’01.09.1967 sono liberamente commerciabili a condizione che nell’atto risulti inserita una dichiarazione sostitutiva di atto notorio avente tale contenuto, a prescindere dall’eventuale presenza di abusi.
Le ipotesi possibili saranno dunque le seguenti:
- atto di compravendita rogato ante 17.03.1985: è valido ed efficace senza menzione del titolo abilitativo;
- atto di compravendita rogato post 17.03.1985 ed avente ad oggetto un fabbricato la cui costruzione risulti iniziata prima dell’01.09.1967: è valido ed efficace senza menzione del titolo abilitativo ma purché sia inserita in atto la dichiarazione sostitutiva di atto notorio sopra indicata (“ante 1967”);
- atto di compravendita rogato post 17.03.1985 ed avente ad oggetto un fabbricato la cui costruzione risulti iniziata dopo l’01.09.1967 è valido ed efficace solo con la menzione del titolo abilitativo;
In quest’ultimo caso va anche precisato che, la mancanza nell’atto dei riferimenti del titolo, seppur effettivamente esistente (cd. requisito formale), determinerà automaticamente la nullità dell’atto, indipendentemente dal fatto che il titolo sia stato effettivamente conseguito.
Ovviamente a ciò si potrà porre rimedio con il cd. “atto di conferma” che consente di sanare la nullità: se difatti l’omessa indicazione nell’atto di quanto previsto dalla legge non è dovuta all’effettiva inesistenza della documentazione richiesta, l’atto nullo può essere confermato mediante un atto successivo che abbia la stessa forma del precedente e contenga l’omessa documentazione, a cura anche di una sola delle parti contraenti (art. 46, comma 4, D.P.R. n. 380/2001).
PROFILO AMMINISTRATIVO
Se quanto sopra detto vale per la validità ed efficacia dell’atto di compravendita immobiliare, diverso e più ampio è il discorso in merito al profilo amministrativo degli eventuali abusi.
Sebbene, infatti, ai fini della validità dell’atto notarile (profilo civilistico) ha senso la dicitura “ante 01 settembre 1967”, ciò non vale per l’aspetto amministrativo, risultando in ogni caso applicabili le sanzioni relative alla tipologia di abuso commesso.
In altre parole, se la costruzione del fabbricato risulti avviata prima del 1967, l’atto resterà sicuramente valido, ma l’abuso sarà legittimamente perseguibile dalla P.A..
Tale aspetto è stato ampiamente chiarito dal Consiglio di Stato:
con la legge n. 765/1967 (cd. legge ponte) è stato soltanto esteso a tutto il territorio quell’obbligo di titolo abilitativo che, per i centri urbani risultava già introdotto dall’art. 31 legge n. 1150/1942 e che, per le principali città-capoluogo, era già in precedenza previsto nei rispettivi regolamenti edilizi.
Per la città di Roma, in particolare, ogni costruzione da realizzarsi nel territorio capitolino, anche fuori dal centro abitato o dalle zone di espansione, era soggetta a preventiva autorizzazione del sindaco, a norma dell’art. 1 del regolamento edilizio comunale del 1934 (cfr. anche, al riguardo, Cass. civ. SS.UU., 16.3.1984, n. 1792).
Pertanto, ed in conclusione, immobili con presenza di abusi non sanati realizzati prima del 1967 sono commerciabili, ed in egual misura perseguibili.
Da non dimenticare poi che per gli immobili più vecchi di Roma, come accade ad esempio nel quartiere Prati, per poter essere in regola con il Comune capitolino è necessaria la rispondenza tra l'attuale stato dell'immobile e il catasto edilizio urbano del 1939. Perché nel caso non ci sia corrispondenza e non siano presenti titoli edilizi successivi (come Scia, Dia ecc) che provino una diversa disposizione dei vani dell'immobile è necessario intervenire con un ravvedimento operoso per sanare la situazione con il comune stesso, non avendo importanza che l'immobile sia invece regolarmente censito e accatastato all'Agenzia delle Entrate.
L'attuale quadro normativo è composto dal d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) sul quale hanno un effetto determinante un centinaio di modifiche arrivate in questo ventennio di applicazione, norme risalenti ad epoche remote, 3 leggi speciali sul condono edilizio e tanta (tantissima) giurisprudenza.
Uno dei termini più ricorrenti per chi si occupa di edilizia e urbanistica è "ante '67". Una parola che discende - come spiega Gianluca Oreto, ingegnere esperto di normativa tecnica e detrazioni fiscali, Team Leader di LavoriPubblici.it - dalla Legge Ponte 6 agosto 1967, n. 765 (Gazzetta Ufficiale 31/08/1967, n. 218) che ha modificato ed integrato la Legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 e che ha anche creato molte aspettative tra chi era convinto bastasse certificare la data di realizzazione di un immobile come "antecedente all'1 settembre 1967" per considerare l'intervento "legittimo" (con tutte le conseguenze relative alle compravendite immobiliari o ai successivi interventi).
In realtà, la Legge Ponte ha "solamente" esteso a tutto il territorio nazionale l'obbligo di dotarsi dei piani regolatori territoriali, dei piani regolatori comunali e delle norme sull'attività costruttiva edilizia (regolamento edilizio). Un obbligo già presente con la prima legge urbanistica del 1942 che prevedeva l'obbligo di dotarsi di licenza edilizia per alcuni territori (aree già urbanizzate) oltre che da molti piani regolatori e regolamenti edilizi (anche prima del 1942).
Proprio per questo motivo, per stabilire la legittimità di un intervento (e quindi dell'immobile) occorre verificare se lo stesso sia stato realizzato in epoca e in un'area in cui era obbligatoria la licenza edilizia. Non è, infatti, sufficiente la condizione di "ante '67" sulla quale occorre appurare anche l'assenza di regole costruttive nel territorio in cui l'intervento è stato realizzato.
LO STATO LEGITTIMO
Lo stesso art. 9-bis, comma 1-bis del T.U. Edilizia ha abbandonato l'idea di "ante '67" nella definizione di "stato legittimo" dell’immobile o dell’unità immobiliare. Nella formulazione inserita dall'art. 10, comma 1, lettera d) del Decreto Legge n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni), lo stato legittimo relativo agli "immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio", è desumibile "dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali".
Si fa, quindi, riferimento all'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, che cambia per ogni territorio.
In estrema sintesi, sulla base dell’epoca e localizzazione della costruzione, e salvo diverse previsioni più restrittive imposte con Regolamenti Edilizi, gli interventi eseguiti:
- ANTE 31/10/1942 (L.1150/42) – sia all’interno che all’esterno dei centri abitati, in assenza di titoli edilizi o difformità da essi sono legittimi, fatto salvo verificare eventuali previgenti obblighi di licenza edilizia o nulla osta eventualmente prescritti da regolamenti locali o edilizi, anche se precedenti alla L. 1150/42 e alla Costituzione (Cons. di Stato n. 1996/2017);
- DAL 31/10/1942 AL 30 AGOSTO 1967:
all’interno dei centri abitati e zone di espansione PRG, in assenza di licenza o difformità da essa: non sono legittimi; - DAL 1942 AL 30 AGOSTO 1967:
all’esterno dei centri abitati e zone di espansione PRG, in assenza di licenza o difformità da essa: sono legittimi, salvo obbligo di licenza imposto da Regolamento edilizio; - DAL 1° SETTEMBRE 1967 AD OGGI (L. 765/67) – in tutto il territorio comunale in assenza di titolo o difformità dal esso: non sono legittimi;
Come scrive Carlo Pagliai - ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare - permane dunque ancora l’equivoco sull’errata interpretazione di alcune norme e articolo di legge in materia di commerciabilità e compravendite immobiliari, che si sovrappongono anche alla più recente disciplina di Stato Legittimo.
Il regime di commerciabilità è nato con la Legge n. 47/1985 (e successive modifiche con altre norme), stabilendo precisi obblighi di citare negli atti di trasferimento immobiliare come le compravendite gli estremi dei titoli abilitativi primari:
- per gli edifici iniziati dopo l’entrata in vigore di questa legge (02/03/1985), le concessioni edilizie, permessi di costruire, DIA alternativa al P.d.C. e SCIA alternativa al p.d.c., nonché le rispettive versioni in sanatoria (articolo 17 L. 47/85, trasferito con modifiche nell’articolo 46 DPR 380/01);
- per edifici iniziati prima dell’entrata in vigore della L. 47/85, licenze edilizie, concessioni edilizie, le rispettive versioni rilasciate in sanatoria, le eventuali sanzioni versate per “fiscalizzazioni” (articoli 40 e 41 L. 47/85);
- Per entrambe le ipotesi temporali, citare anche gli estremi delle domande di condono o dei relativi rilasci, sottolineando che la L. 662/96 impone un maggior livello avanzamento della pratica di condono;
- Per edifici e opere iniziate prima del 1° settembre 1967, la possibilità di produrre una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestante tale circostanza;
Il rispetto di questi adempimenti e rilascio di dichiarazione deve sussistere, deve essere veritiero e rispondere all’immobile oggetto di trasferimento immobiliare, pena nullità dell’atto stesso.
La sentenza di Cassazione Civile a Sezioni Unite n. 8230/2019 ha confermato che si tratta di nullità formale, e non sostanziale; ciò significa che per questo particolare ambito di commerciabilità non rilevano l’effettive discordanze e violazioni edilizie. La possibilità di effettuare la celebre attestazione “Ante ’67” nei rogiti notarili di compravendita rappresenta una semplificazione offerta dal legislatore ai venditori, ma non va intesa per sostituire la legittimità a costruire del fabbricato. Tale dichiarazione non ha minimamente il valore di azzerare qualunque problematica di irregolarità, discordanze e abusi edilizi effettivamente preesistenti al 1° settembre 1967.