Energia7 Giugno 2022 13:01

La Russia spaventa i consumi italiani ma scendono i prezzi del gas. FT: nel lungo termine declino per Mosca?

Il conflitto tra Russia e Ucraina continua a spaventare: quasi 4 italiani su 10 ridurranno i loro consumi mentre la quasi totalità (il 95%) è convinto che il conflitto porterà delle ripercussioni sulla nostra economia. Il report è di “FragilItalia”, elaborato da Area studi Legacoop e Ipsos che evidenzia come, rispetto a febbraio, è cresciuta dal 42% al 48% la percentuale di chi crede che le conseguenze possano essere contenute, a fronte di chi si aspetta strascichi molto pesanti (il 47%). La situazione è variegata: il 38% pensa che perderà parte del suo potere di acquisto, mentre il 68% teme l’aumento generalizzato dei prezzi per l’esplosione dell’inflazione e per l’aumento dei prezzi di pasta, pane, farine. Mentre per quanto riguarda le forniture di gas la paura che possano essere ridotte scende di 17 punti rispetto a febbraio, attestandosi al 39%.

Al momento, comunque, le forniture di gas russo all'Europa rimangono stabili. Gazprom ha fatto sapere che il flusso attraverso l’Ucraina tramite il punto di ingresso di Sudzha è stimato a 40,9 milioni di metri cubi, in linea con i 40,1 milioni di metri cubi di ieri. Un fattore che sta contribuendo, assieme alla diversificazione delle forniture europee, a contenere i rialzi dei prezzi si attestano appena sotto gli 80 euro al MWh al TTF di Amsterdam, non succedeva dallo scorso febbraio.

La vera domanda rimane però se i russi riusciranno a reggere la perdita del mercato europeo. Secondo il Financial Times per ora "il gas ha continuato a fluire in Europa e la produzione di petrolio, sebbene in calo, non è crollata. Ma anche se le stesse compagnie energetiche russe sono in grado di sostenere le operazioni, un mercato in contrazione per le esportazioni, un accesso ridotto alle competenze internazionali e la necessità di reindirizzare miliardi di dollari di investimenti infrastrutturali verso l'Asia minacciano di inaugurare un periodo di declino a lungo termine".

E infatti la Russia "potrebbe ancora crescere se tutto funzionasse a meraviglia, ma non sembra che sia così per il prossimo futuro", ha affermato Michael Moynihan, esperto del settore petrolifero e del gas upstream della Russia presso la società di consulenza Wood Mackenzie a FT. "I grandi player russi sono più che in grado di mantenere la produzione", ha affermato Moynihan. "Hanno un vasto portafoglio di giacimenti petroliferi e possono portare a nuova produzione". Secondo Eric Mielke, capo del team di ricerca aziendale di Wood Mackenzie, le compagnie petrolifere e del gas russe generalmente sono entrate nella crisi in "buona salute finanziaria" con livelli di debito gestibili e bassi costi di produzione. Di conseguenza, anche con il greggio Urals di punta della Russia scambiato con uno sconto da $ 20 a $ 30 rispetto al Brent, i produttori russi stavano ancora generando flussi di cassa "significativi".

Ciò che manca all'industria nazionale è altro, vale a dire "la capacità di eseguire alcune delle analisi tecniche più sofisticate necessarie per sviluppare nuovi complessi giacimenti petroliferi, in particolare in località remote offshore come il Mare di Barents", ha evidenziato Ft. "Le società di servizi russe possono replicare molte apparecchiature, ma non possono replicare realmente il software di interpretazione", ha affermato James Henderson, un esperto russo presso l'Oxford Institute for Energy Studies che sta scrivendo un libro sulla storia di Rosneft. Di conseguenza, progetti come il Vostok Oil di Rosneft, un vasto progetto artico sostenuto dai tarderà di materie prime Trafigura e Vitol, ora ha meno probabilità di avanzare, ha affermato sempre al quotidiano finanziario.

Nonostante la fiducia dei russi, le prospettive per il settore dipendono meno dalla capacità delle aziende di continuare a produrre e più dal fatto che rimanga un mercato per il loro prodotto, affermano gli analisti ascoltati da FT. L'UE, che ha ricevuto più della metà delle esportazioni di greggio dalla Russia nel 2021, ha accettato di cessare le importazioni marittime del petrolio del paese entro la fine dell'anno e spera di eliminare gradualmente il gas entro il 2027. Un boicottaggio delle esportazioni russe dopo l'invasione che ha già iniziato a pesare sulla produzione di petrolio. La produzione è stata in media di 10,05 milioni di barili al giorno ad aprile, in calo rispetto agli 11,01 milioni di barili al giorno di marzo, secondo OilX, un fornitore di dati che utilizza le statistiche del governo e le immagini satellitari per misurare l'attività nei giacimenti petroliferi.

Moynihan di Wood Mackenzie ha suggerito che le aziende cinesi potrebbero ritenere di non aver più bisogno di investire in progetti russi per garantire le forniture, dato che in futuro ci sarebbero stati meno concorrenti per il greggio russo. "Ma reindirizzare le esportazioni di energia dall'Europa all'Asia sarà complicato. Non c'è una capacità di trasporto sufficiente perché tutte le esportazioni fluiscano via mare e il traffico marittimo sarà ulteriormente limitato se l'UE e il Regno Unito applicheranno il divieto di assicurare le navi che trasportano greggio russo", ha spiegato FT. Per quanto riguarda il gas "Gazprom potrebbe puntare a convertire più produzione in gas naturale liquefatto e trasportarlo via mare. Ma le ambizioni della Russia di assicurarsi il 20% della produzione mondiale di GNL espandendo la produzione annuale da 30 milioni di tonnellate ad almeno 120 milioni di tonnellate entro il 2035 sono state le più colpite. Le sanzioni europee vietano la consegna di beni e tecnologie necessarie per la liquefazione del gas, da cui dipendono i progetti in fase di sviluppo, tra cui Arctic LNG 2 di Novatek da 21 miliardi di dollari e Baltic LNG di Gazprom. Lo sviluppo delle competenze locali necessarie per sostituire la tecnologia europea del GNL richiederebbe anni, ha affermato Henderson di Oxford. 'Il futuro della strategia GNL della Russia è in serio dubbio'", ha concluso Ft.