News6 Dicembre 2022 10:58

Istat: crescita italiana trainata da investimenti in costruzioni (+12,8%) impianti macchinari e armamenti (+11,6%). Pil su ma nel 2023 torna giù. Bene il turismo

Il Pil italiano è atteso crescere a ritmi ancora sostenuti nel 2022 (+3,9%) per poi rallentare significativamente nel 2023 (+0,4%).

Nel biennio di previsione, l’aumento del Pil verrebbe sostenuto dal contributo della domanda interna al netto delle scorte (rispettivamente +4,2 e +0,5 punti percentuali) mentre la domanda estera netta fornirebbe un apporto negativo in entrambi gli anni (-0,5 e -0,1 punti percentuali). Nel 2022 le scorte dovrebbero fornire un marginale contributo positivo +0,2 p.p.a cui ne seguirebbe uno nullo nel 2023.

I consumi delle famiglie residenti e delle ISP registreranno una evoluzione in linea con l’andamento dell’attività economica, segnando un deciso aumento nel 2022 (+3,7%) cui seguirà un rallentamento nell’anno successivo (+0,4%).Gli investimenti sono attesi rappresentare l’elemento di traino dell’economia italiana sia nell’anno corrente (+10,0%) sia, in misura più contenuta, nel 2023 (+2,0%).

Nel biennio di previsione l’occupazione, misurata in termini di ULA, segnerà una crescita superiore a quella del Pil con un aumento più accentuato nel 2022 (+4,3%) rispetto a quello del 2023 (+0,5%). Il miglioramentodell’occupazione si accompagnerà a quello del tasso di disoccupazione che scenderàsensibilmente quest’anno (8,1%) per poi registrare un lieve rialzo nel 2023 (8,2%).

La prolungata fase di crescita dei prezzi, sostenuta dall’eccezionale aumento di quelli dei beni energetici, è attesa riflettersi sull’andamento del deflatore della spesa delle famiglie residenti sia nell’anno corrente (+8,2%)sia, in misura più contenuta, nel 2023 (+5,4%).

Lo scenario previsivo è caratterizzato da ipotesi particolarmente favorevoli sul percorso di riduzione dei prezzi nei prossimi mesi e sulla completa attuazione del piano di investimenti pubblici previsti per il prossimo anno.

Anni 2020-2023, valori concatenati per le componenti di domanda; variazioni percentuali sull’anno precedente e punti percentuali

Il quadro internazionale

Economia mondiale in rallentamento

L’elevata inflazione, trainata dall’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche, e l’orientamento restrittivo della politica monetaria nei principali paesi, caratterizzano lo scenario internazionale congiuntamente alla elevata incertezza sull’evoluzione della guerra tra Russia e Ucraina. Questi elementi rappresentano un freno all’economia mondiale che è attesa decelerare quest’anno e il prossimo. La Commissione Europea ha rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil mondiale per il biennio 2022-2023 (rispettivamente +3,1% e +2,5%).

Il commercio internazionale di beni e servizi in volume, incrementatosi nel 2021 del 10,4%, ha più che recuperato i livelli pre-pandemia. Nel 2022, gli scambi mondiali hanno continuato ad aumentare favoriti dall’allentamento, nella seconda metà dell’anno, delle strozzature nelle catene globali del valore e dal graduale, seppurecontenuto, riassorbimento dello shock dal lato dei prezzi delle materie prime. La domanda internazionale di beni e servizi dovrebbe crescere quest’anno del 5,4% per poi rallentare ulteriormente al 2,3% nel 2023.

Nel terzo trimestre, in Cina il Pil ha segnato un aumento congiunturale (+3,9%), recuperando ampiamente la flessione dei tre mesi precedenti (-2,7%). L’economia cinese dovrebbe crescere nel biennio di previsione rispettivamente del 3,4% e del 4,5%. Le prospettive sono caratterizzate, tuttavia, da un elevato grado di incertezza a causa delle severe restrizioni alla mobilità in atto per contrastare la diffusione dei contagi da Covid-19.

Il Pil degli Stati Uniti, tra luglio e settembre, ha registrato un rimbalzo congiunturale (+0,6%) interrompendo la fase di calo dei ritmi produttivi che aveva caratterizzato i sei mesi precedenti (-0,1% e -0,4% nel primo e secondo trimestre). La ripresa è stata trainata dalle esportazioni nette mentre la domanda interna ha continuato a mostrare segnali di debolezza. L’inflazione, seppur in decelerazione, si è mantenuta su livelli elevati (+7,7% tendenziale a ottobre da +8,2% a settembre) nonostante i consistenti rialzi dei tassi ufficiali che, a novembre, hanno subito il quarto incremento consecutivo di 75 punti base, attestandosi nell’intervallo tra 3,75-4%. La crescita dell’economia statunitense registrerà una decisa decelerazione sia nell’anno in corso sia nel successivo (rispettivamente +1,8% e +0,7%).

PRINCIPALI VARIABILI INTERNAZIONALI

Nell’area dell’euro, nel terzo trimestre, il Pil è cresciuto dello 0,2% in termini congiunturali, in rallentamento rispetto ai tre mesi precedenti (+0,6%, +0,8% rispettivamente nel primo e nel secondo trimestre). A livello nazionale, l’andamento del Pil ha mostrato un generale miglioramento caratterizzato da differenti intensità: +0,5% in Italia, +0,4% in Germania e +0,2% in Francia e Spagna.

Il recupero dei livelli di attività pre-crisi appare generalizzato tra i paesi seppure con intensità diverse. Confrontando il valore del Pil destagionalizzato e misurato a prezzi concatenati nel terzo trimestre del 2022 con la media del 2019, l’Italia ha segnato un deciso miglioramento (+1,3%) superiore a quello delle principali economie europee (+1,0% Francia, +0,4% Germania e -1,6% in Spagna).

Nell’area euro l’inflazione ha mostrato un primo rallentamento a novembre (10,0% tendenziale dal 10,6% di ottobre). L’indice core, salito al 6,6% dal 6,4% di ottobre, è ancora sostenutoprincipalmente dai prezzi dei beni e in misura meno rilevante da quelli dei servizi.

Secondo la Commissione europea la ripresa dei ritmi produttivi determinerebbe un significativoaumento del Pil dell’area euro per l’anno in corso (+3,2%) a cui seguirebbe un deciso rallentamento nel 2023 (+0,3%).

Nel dettaglio, tra i principali paesi, la Spagna crescerebbe quest’anno del 4,5% (+1,0% nel 2023), la Francia del 2,6% (+0,4%) mentre laGermania segnerebbe una crescita più contenuta per l’anno corrente (+1,6%) a cui seguirebbe una flessione nel 2023 (-0,6%).

Lo scorso anno, il tasso di cambio si è attestato a 1,18 dollari per euro mentre per il 2022 si stima un progressivo deprezzamento dell’euro che ha raggiunto 1,06 dollari. In base all’ipotesi tecnica sottostante la previsione, il valore scenderà ulteriormente a 1,04 nel 2023. Le quotazioni del Brent, pari a 70,7 dollari al barile lo scorso anno, mostreranno un deciso rialzo quest’anno per poi ridursi parzialmente nel 2023 (rispettivamente 103,7 e 86,0).

Previsioni per l’economia italiana

Nel terzo trimestre è proseguita la fase di espansione dell’economia italiana (+0,5% la variazione congiunturale) il cui livello ha ampiamente superato quello pre-crisi. L’aumento del Pil è stato sostenuto interamente dalla domanda interna al netto delle scorte, che ha apportato un contributo positivo (+1,6 punti percentuali), mentre la domanda estera netta ha fornito un contributo negativo (-1,3 p.p.), associato al forte aumento delle importazioni (+4,2%) e a un miglioramento solo marginale delle esportazioni (+0,1%).

La domanda interna è stata sostenuta prevalentemente dalla spesa delle famiglie residenti e delle ISP (+2,5% la variazione congiunturale) e, in misura più contenuta, dagli investimenti (+0,8%).

Dal lato dell’offerta, sono emersi andamenti eterogenei tra i settori. Nei servizi è proseguita la fase di espansione del valore aggiunto (+0,9%) trainata dai comparti del commercio, trasporto, alloggio e ristorazione mentreagricoltura, industria in senso stretto e costruzioni hanno invece segnato una diminuzione.

A novembre, gli indici di fiducia delle famiglie e delle imprese hanno mostrato un rialzo interrompendo la fase di flessione che aveva caratterizzato i mesi precedenti. I consumatori hanno espresso un generalizzato miglioramento dei giudizi su tutte le componentidell’indice mentre tra le imprese manifatturiere si è segnalata una decisa ripresa delle aspettative di produzione. Nelle costruzioni si è avuto un peggioravano dei giudizi diffuso.

I segnali per i prossimi mesi appaiono discordanti. Da un lato i miglioramenti della fiducia degli operatori e del mercato del lavoro registrati a ottobre supportano la possibile tenuta dei ritmi produttivi. Dall’altro, è opportuno ricordare come nel terzo trimestre, tra le imprese manifatturiere, sia salita ulteriormente la quota di coloro che indicano i costi e i prezzi più elevati come un ostacolo alle esportazioni. Nello stesso periodo è aumentata anche la quota di imprese che individua nell’insufficienza di domanda un ostacolo alla produzione.

Dal lato della domanda ci si attende un ridimensionamento dei consumi condizionati dailivelli particolarmente elevati dei prezzi. A novembre l’inflazione acquista si attesta all’8,1%, mentre quella al netto dei beni energetici al 4,1%. Anche la spesa per investimento da parte delle imprese segnerebbe una decelerazione condizionata anche dal peggioramento del mark-up.

Nel prossimo anno, sotto l’ipotesi favorevole che inizi una fase di decelerazione dei prezzi dei beni energetici, l’andamento favorevole degli investimenti, sostenuti da quelli pubblici legati all’attuazione del PNRR, costituirebbe il principale fattore di traino dell’economia mentre la domanda estera netta fornirebbe ancora un contributo negativo.

Nel 2022 il Pil segnerebbe un ulteriore miglioramento (+3,9%) trainato dalla domanda interna che, al netto delle scorte, contribuirebbe positivamente per 4,2 punti percentuali mentre la domanda estera netta fornirebbe un apportonegativo (-0,5 punti percentuali). La variazionedelle scorte apporterebbe un marginale contributo positivo (+0,2 p.p.). La fase espansiva dell’economia italiana registrerà una decisa decelerazione nel 2023 quando il Pil aumenteràdello 0,4%, sostenuto interamente dal contributo della domanda interna al netto delle scorte (+0,5punti percentuali) mentre la domanda estera netta fornirebbe un contributo lievemente negativo (-0,1 p.p.).

In questo scenario, il saldo della bilancia commerciale rimarrà in disavanzo nel biennio di previsione (-1,1% in entrambi gli anni).

Consumi in rallentamento

Nel terzo trimestre del 2022, la spesa per consumi è aumentata nei principali paesi europei ad eccezione della Francia in cui si è mantenuta sui livelli del trimestre precedente. L’Italia ha segnato la migliore performance(+1,8%), in lieve accelerazione rispetto al trimestre precedente. La crescita dei consumi di Spagna e Germania è stata invece più contenuta (rispettivamente +1,0% e +0,7%). La spesa delle amministrazioni pubbliche ha mostrato un andamento più eterogeneo registrando un rialzo in Spagna (+0,6%), uno più contenuto in Francia (+0,2%) e una stabilizzazione in Germania. L’Italia ha invece segnato una lieve diminuzione (-0,2%).

La spesa per consumi finali sul territorio economico delle famiglie è diminuita in Francia (-0,2%) ed è aumentata in Germania (+0,8%). In entrambi i paesi la spesa per acquisto di beni durevoli è cresciuta più di quella per servizi mentre è diminuita quella per l’acquisto di beni non durevoli. Nello stesso trimestre, i consumi delle famiglie italiane hanno seguito un andamento simile a quello degli altri principali paesi dell’area euro. La spesa delle famiglie sul territorio economico ha segnato nel terzo trimestre l’aumento congiunturale più marcato (+2,2%) sostenuto dalla ripresa degli acquisti di servizi e beni durevoli (+3,1% e +4,6% rispettivamente. I beni di consumo non durevoli, invece, hanno registrato un lieve rallentamento (-0,3%). La quota di spesa in servizi è tornata sopra il 50%, mantenendosi ancora sotto la media del 2019 (50,2% in T3 2022 rispetto ad una percentuale media del 52,6% nel 2019).

Per il 2022 si prevede un incremento dei consumi delle famiglie e delle ISP in termini reali (+3,7%) che si accompagnerebbe a riduzione della propensione al risparmio. Il miglioramento dei consumi è atteso rallentare nell’anno successivo (+0,4%) condizionato dagli alti livelli di inflazione. Nell’orizzonte di previsione i consumi della PA mostrano un miglioramentonell’anno corrente (+0,2%) per poi ridursi nel 2023 e -0,5%.

La fase di ripresa economica italiana è stata guidata dall’ampio recupero degli investimenti, la cui quota sul Pil, misurata a prezzi correnti, è aumentata nel terzo trimestre del 2022 di 3,6 punti percentuali rispetto alla media del 2019, attestandosi al 21,6%, un livello ancora inferiore a quello osservato in Francia e Germania (rispettivamente 25,2% e 22,8%) ma superiore a quello della Spagna (20,8%). L’aumento della quota di investimento in costruzioni (+2,7 p.p.) è in parte legato alle politiche di sostegno al settore. Nello stesso periodo è salita anche la quota di investimenti in impianti, macchinari e armamenti (+0,9 p.p.) e, in misura modesta, quella dei prodotti di proprietà intellettuale (+0,1 p.p.), aggregato che comprende la ricerca e sviluppo e software.

Nel terzo trimestre dell’anno in corso l’Italia ha evidenziato, rispetto ai principali paesi europei,una quota elevata di investimenti in impianti, macchinari e armamenti (36,1%, circa 7 p.p. in più rispetto alla media dell’area euro) e una contenuta presenza di quelli in prodotti di proprietà intellettuale (14,6%, circa 5 punti in meno rispetto alla media dell’area euro).

Nei primi tre trimestri del 2022 gli investimenti italiani hanno registrato un significativo progresso, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+10,8%), decisamente superiore a quello osservato da Francia Germania e Spagna (rispettivamente +2,0%, +0,2% e +4,8%). La crescita italiana è stata trainata dagli investimenti in costruzioni (+12,8%) e in impianti macchinari e armamenti (+11,6%).

Il rinnovo da parte del governo delle misure di sostegno al settore delle costruzioni, la realizzazione del piano di investimenti pubblici previsti dal PNRR e i timidi segnali di ripresa della fiducia nelle imprese, sono elementi che dovrebbero compensare i segnali negativi provenienti dal peggioramento delle attese sulla liquidità tra le imprese manifatturiere, l’aumento dei costi di produzione e la politica monetaria meno accomodante prevista per il 2023.

Nel 2022 il processo di accumulazione di capitale è previsto in crescita del 10,0% per poi rallentare nell’anno successivo (+2,0%) pur mantenendo il ruolo di motore principaledell’aumento di Pil. Nel 2023 il rapporto tra investimenti e Pil si attesterebbe al 21,5%.

Dinamismo negli scambi con l’estero ma disavanzo commerciale in crescita

Nel periodo gennaio-settembre di quest’anno gli scambi con l’estero dell’Italia hanno mostrato una dinamica vivace, sia per le esportazioni sia per le importazioni rispetto ai principali paesi europei. Tuttavia, l’ampliamento del disavanzo commerciale, determinato dall’eccezionale incremento dei prezzi delle materie prime, ha rappresentato un fattore negativo.

Nei primi tre trimestri dell’anno, seppure in graduale rallentamento, le esportazioni di beni e servizi misurate in valori concatenati sono aumentate complessivamente di oltre il 10% grazie alla vivacità delle vendite di beni e al buon andamento dei flussi turistici.

I dati di commercio estero mettono in evidenza un recupero di quote di mercato delle esportazioni totali italiane, misurate in valore,rispetto all’aggregato costituito da Francia, Germania, Italia e Spagna. Il miglioramento delle quote risulta più accentuato verso i paesi extra Ue.

La crescita delle importazioni, favorite dall’andamento favorevole della domanda interna, ha interessato i beni di consumo, quelli intermedi e energetici. Pesa, tuttavia,sull’andamento degli scambi il deterioramento del saldo commerciale italiano che, negativo dal primo trimestre del 2022, ha registrato un graduale peggioramento nel corso dell’anno ed ha superato, secondo le statistiche sul commercio con l’estero i 16 miliardi di euro nel terzo trimestre (era pari a 9,9 miliardi nello stesso periodo dello scorso anno). Il forte aumento dei listini delle materie prime ha inciso negativamente soprattutto sul disavanzo energetico e su quello di beni intermedi, in particolare i prodotti chimici e della siderurgia e i metalli.

Nonostante il rallentamento, per il 2022 si prevede un aumento delle esportazioni di beni e servizi del 10,8% e delle importazioni del 13,2%mentre il contributo della domanda estera alla crescita del Pil risulterebbe negativo (-0,5 punti percentuali). Nel prossimo anno il marcato rallentamento del commercio mondiale porterebbe a una forte decelerazione sia per le importazioni sia per le esportazioni (+2,2% e +2,0% rispettivamente).

Miglioramenti sul mercato del lavoro

Nel terzo trimestre le condizioni del mercato del lavoro hanno mostrato una sostanziale stabilizzazione con una variazione nulla delle ore lavorate e una marginale riduzione delle unità di lavoro (ULA) per il totale dell’economia(-0,1% la variazione congiunturale), a sintesi di un miglioramento nell’industria in senso stretto (+0,9%), di una riduzione nell’agricoltura e nelle costruzioni (rispettivamente -2,5% e -1,1%) e di una stabilizzazione nei servizi.

A ottobre, il mercato del lavoro ha registrato unulteriore segnale positivo: la crescita dell’occupazione (+0,4% rispetto al mese precedente, +82mila occupati) porta il tasso di occupazione al 60,5% (+0,2 punti), mentre la disoccupazione si è attestata al 7,8% (-0,1 punti in meno rispetto al mese precedente). Anche il numero di inattivi si è ulteriormente ridotto (-0,5%).

La fase di ripresa dell’attività economica italiana ha avuto un effetto sui differenziali con l’area euro in termini di tasso di occupazione e di disoccupazione. Nel primo caso, considerando l’intervallo tra il primo trimestre 2019 e il secondo trimestre 2022, la distanza si è moderatamente ampliata passando da 9 punti percentuali (67,8% e 58,8% rispettivamente) a 9,4 p.p. (69,7% e 60,3% rispettivamente) evidenziando come la crescita del tasso di occupazione dell’area euro sia stata superiore a quella italiana. Rispetto al tasso di disoccupazione la distanza si è invece ridotta passando, nello stesso periodo, da 3,1 p.p. (8,2% e 11,3%) a 1,4 p.p. (6,7% e 8,1%).

Le prospettive sull’occupazione mostrano unasostanziale tenuta. Nel terzo trimestre il tasso di posti vacanti per le imprese con almeno 10 dipendenti, si è mantenuto sui livelli del trimestre precedente (1,8%) a sintesi di un incremento nell’industria (+0,1 punti percentuali) e di un decremento nei servizi (-0,1 punti percentuali). A novembre le aspettative delle imprese sull’occupazione hanno evidenziato una eterogeneità con miglioramenti nella manifattura e nei servizi di mercato e un peggioramentonelle costruzioni.

In questo scenario la crescita delle ULA nel biennio di previsione (rispettivamente +4,3% e +0,5%) si manterrà superiore a quella del Pil. Il tasso di disoccupazione segnerà un deciso miglioramento nel corso dell’anno (8,1%) per poi mostrare un limitato rialzo nel 2023 (8,2%).

In presenza di una fase contrattuale caratterizzata da recenti rinnovi nel settore industriale ma con più di due terzi dei dipendenti dei servizi in attesa di rinnovo, le retribuzioni per ULA segnerebbero un aumento nel biennio di previsione (rispettivamente +2,5% e +3,4%)significativamente inferiore al deflatore della spesa delle famiglie.

Dopo una lunga fase di accelerazione che ha attraversato quasi tutto il 2022, a novembre l’inflazione si è stabilizzata. L’indice generale ha riportato una variazione tendenziale pari all’11,8% nel mese di ottobre e di novembre, dopo aver registrato una crescita tendenziale pari all’8,4% nel terzo trimestre. Il risultato di novembre sintetizza da un lato il rallentamento dei listini dei beni energetici non regolamentati(+69,9% da +79,4% di ottobre) e dei beni alimentari non lavorati (+11,3% da +12,9%),andamento legato alla decelerazione dei prezzi delle materie prime, dall’altro, nonostante le politiche adottate per contenere le tariffe delle bollette, i prezzi degli energetici regolamentati e dei beni alimentari lavorati hanno mostrato un’ulteriore crescita (+56,1% e +14,4% rispettivamente).

I prezzi degli altri beni continuano a mostrare undeciso aumento (+5% a novembre da +4,6% del mese precedente) mentre i listini dei servizi si mantengono sui livelli del mese precedente(+3,8%). In particolare, continuano a crescere i prezzi dei servizi per l’abitazione e quelli ricreativi e culturali, mentre rallentano i prezzi dei trasporti (+6,8% a novembre da +7,2%).

Nel corso del 2022 la diffusione della fase di crescita dei prezzi si è riflessa nelle misure dell’inflazione di fondo, e in particolare in quella al netto dei soli beni energetici (6,1% a novembre da 5,9% a ottobre.

L’andamento dell’inflazione italiana a ottobre e novembre, misurata dall’indice armonizzato dei prezzi al consumo IPCA, risulta superiore a quello dell’area euro con un ulteriore aumento del differenziale (rispettivamente +2,0 e +2,5 punti percentuali). A novembre l’IPCA al netto dei soli beni energetici mostra invece un differenziale negativo rispetto alla media dell’area (-0,5 punti percentuali), evidenziando come la dinamica tendenziale dei prezzi della componente energia risulti particolarmente sostenuta per l’Italia (+67,8% a novembre)rispetto a quella di Germania (+39,8%) e Francia(+19%).

Per il 2022 la variazione acquisita dell’IPCA al netto dei beni energetici risulta pari al 4,4%, un valore in linea con la previsione dell’indice IPCA al netto degli energetici importati diffuso dall’Istat il 7 giugno 2022 (+4,7%).

L’inflazione è attesa decelerare nei prossimi mesi, anche se con tempi e intensità ancora incerti. Nella media del 2022, il tasso di variazione del deflatore della spesa delle famiglie è previsto crescere (+8,2%, era +1,6% nel 2021) mentre il deflatore del Pil segnerà un incremento significativo ma più contenuto (+3,6%, era +0,5% nel 2021).

Sotto l’ipotesi che le pressioni al rialzo dei prezzi delle materie prime siano contenute nei prossimi mesi e in presenza di una stabilizzazione delle quotazioni del petrolio e del cambio, nel prossimo anno l’inflazione è attesa in parziale decelerazione. Nel 2023, il deflatore della spesa per consumi delle famiglie e quello del Pil sono previsti crescere rispettivamente del 5,4% e 3,6% in media d’anno.

Revisioni del precedente quadro previsivo

L’attuale scenario previsivo fornisce un aggiornamento delle stime per il biennio 2022-2023 diffuse a giugno.

La revisione delle variabili esogene ha riguardato prevalentemente il commercio mondiale, -0.4 punti percentuali nel 2022 e -2.5 p.p nel 2023 rispetto alle ipotesi di giugno e il prezzo del petrolio, +2,3 dollari il barile nel 2022 e -15,4 nel 2023.

L’ aggiornamento delle esogene ha avuto un impatto sull’andamento del commercio estero con revisioni al rialzo sia delle importazioni che delle esportazioni (rispettivamente +4,7 p,p, e +4,1 p.p).

Il miglioramento del ciclo economico negli ultimi mesi ha portato anche a una revisione della stima del Pil per il 2022 di +1,1 punti percentuali (da 2,8% a +3,9), della spesa delle famiglie residenti e ISP (+1,4 punti percentuali) e degli investimenti (+1,1 p.p).

La revisione al ribasso del commercio e del Pil mondiale ha determinato una riduzione delle previsioni per il Pil nel 2023 (-1,5 punti percentuali, da 1,9% a 0,4%), degli investimenti (-2,4 p.p) e dei consumi (-1,3 p.p.). L’eccezionale andamento dei prezzi energetici ha determinato una revisione al rialzo dei deflatori del Pil (+2,2 p.p ) e della spesa delle famiglie (+2,7 p.p.) per il 2023 rispetto al precedente quadro previsivo.