Energia1 Dicembre 2022 13:02

Il rapporto tra transizione energetica e combustibili alternativi. Ecco cosa dice il report Intesa Sanpaolo e Politecnico di Torino

Presentato oggi al Parlamento Europeo il quarto MED & Italian Energy Report, lavoro di ricerca quest’anno intitolato “Alternative fuels: a strategic option for the Euro-Mediterranean area?", frutto della sinergia tra SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) e l’ESL@Energy Center del Politecnico di Torino, e della collaborazione con la Fondazione Matching Energies.

L’evento, è stato patrocinato dai deputati europei Tiziana Beghin, Patrizia Toia e Marco Zanni, ed è stato organizzato con la collaborazione dell’Ufficio European Regulatory and Public Affairs di Intesa Sanpaolo con sede a Bruxelles.

Il Rapporto, in linea con le precedenti edizioni, prosegue nella valutazione e comprensione della situazione energetica attuale e delle prospettive future nella regione del Mediterraneo, concentrandosi quest’anno in modo particolare sui combustibili alternativi (sia biocarburanti che sintetici), che bene si sposano con un approccio di economia circolare e potrebbero essere importanti nel sostenere la decarbonizzazione, in particolare quella del trasporto marittimo.
I combustibili alternativi potranno, infatti, avere un ruolo non trascurabile nell’accompagnare il processo di transizione “verde” e nel supportare un decremento della dipendenza energetica, potenziando inoltre l’integrazione Euro-Mediterranea.

Dopo i saluti introduttivi dei tre deputati europei e della reponsabile European Regulatory and Public Affairs di Intesa Sanpaolo, Francesca Passamonti, è seguita la presentazione del Rapporto 2022 a cura di Massimo Deandreis, Direttore Generale SRM ed Ettore Bompard, Direttore ESL@ Energy Center, Politecnico di Torino. I risultati illustrati sono stati discussi dagli speaker presenti: esponenti di Istituzioni italiane ed europee, di associazioni di categoria internazionali, rappresentanti dell’Industria energetica e delle infrastrutture connesse all’energia. Ha concluso i lavori il Presidente della Compagnia di San Paolo e dell’ACRI, Francesco Profumo.

È in corso da ormai un ventennio un’importante modifica della struttura del mix energetico dell’Unione Europea: petrolio ancora dominante ma avanzano prepotentemente Rinnovabili e Biocarburanti.

Per quanto riguarda il mix energetico dell’Unione Europea, il petrolio è ancora la principale fonte energetica, ma la sua quota è diminuita di 6 punti percentuali negli ultimi due decenni, passando dal 38,7% al 32,7%. È aumentata la quota del Gas che è passata dal 20,6% al 24,4%. Importante il balzo di Rinnovabili e Biocarburanti che hanno guadagnato più di 11 punti percentuali passando da una quota del 6,4% ad una del 17,9%.

L’invasione russa sull’Ucraina ha creato turbolenze geopolitiche e strategiche negli assetti del comparto energetico Europeo e quindi anche del nostro Paese: si va riducendo il consumo di gas, diversificando le fonti e stanno cambiando le forniture.

Fino al 2021, l'UE importava il 90% del suo consumo di gas. In questo ambito la Russia ha fornito oltre il 45% di queste importazioni (nel 2010 questo dato era del 31%), oltre a fornire il 27% delle importazioni di petrolio e il 46% di quelle di carbone. Gli altri fornitori di Gas per l’UE: Norvegia, USA, Qatar e Algeria coprono il 47,7% delle esigenze. Nel 2022 (in particolare marzo-settembre) le forniture di gas russo per l’UE sono diminuite dell’80% ed è iniziato un processo di riduzione della domanda (degli utenti finali), di diversificazione degli approvvigionamenti e di aumento di importazioni di GNL insieme ad un potenziamento delle rinnovabili.

L’Italia è tra i Paesi che hanno risentito maggiormente dalla riduzione del gas russo reagendo con maggiori importazioni in particolare dall’Algeria; nei mesi di settembre e ottobre 2022 l'importazione di gas attraverso il Transmed (entry point del Gas algerino) è stata superiore al 40% dell'importazione totale di gas. Contestualmente, a settembre l'importazione di gas russo attraverso il gasdotto TAG è stata pari all'8,7% dell'importazione totale e addirittura inferiore all'1% a ottobre. Il Sud del Mediterraneo diventa quindi strategico per superare la crisi ed impostare i futuri equilibri energetici, non solo per i combustibili fossili. A livello strategico è importante rafforzare, in modo strutturale, il nuovo ruolo centrale del Mediterraneo per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento energetico nel breve e medio periodo.

Il ritmo di crescita della capacità rinnovabile in Medio Oriente e Nord Africa dovrebbe aumentare di oltre il 100% nei prossimi 5 anni, passando da 15 GW a oltre 32 GW. L'espansione della capacità è concentrata in cinque Paesi: Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Israele, Egitto e Marocco.

Un’altra opportunità per attuare la decarbonizzazione sarà rappresentata agli investimenti nell’idrogeno; Marocco ed Emirati Arabi Uniti hanno già elaborato Road Map e/o sottoscritto memorandum sul tema dell’idrogeno verde.

L’UE, in occasione della COP27 di Sharm el Sheikh ha anche sottoscritto un MoU con l’Egitto per creare un partenariato sull’idrogeno verde. Il rafforzamento del dialogo energetico relativo alle fonti fossili attraverso il Mediterraneo è una risposta obbligata alla crisi geopolitica in atto tra Russia e Ucraina. Tuttavia, nel lungo termine, sarà necessaria un’interazione strategica tra le commodity energetiche per costruire un nuovo dialogo “verde”.

L’evoluzione dei sistemi energetici nella regione mediterranea deve essere correlata con il triangolo degli attributi energetici desiderabili, che riflette il cosiddetto “trilemma energetico”: sostenibilità ambientale, sicurezza energetica ed equità.

Il conflitto tra Russia e Ucraina sta spostando la priorità da un vertice (sostenibilità ambientale) agli altri due (sicurezza ed equità sociale). Uno dei primi effetti di ciò è stato un rafforzamento del dialogo energetico tra le sponde basato sulle fonti fossili dal momento che l’Algeria sta assumendo il ruolo di principale fornitore di gas per diversi paesi appartenenti alla sponda settentrionale, come l'Italia: nel mese di ottobre 2022, l’importazione di gas dall’Algeria attraverso il gasdotto Transmed è stata superiore al 40% del totale, mentre l’importazione dalla Russia è stata inferiore all’1%.

Se il rafforzamento del dialogo sulle fonti fossili attraverso il Mediterraneo è una risposta obbligata alla contingenza determinata dalla crisi, nel lungo periodo le scelte politiche strategiche non potranno prescindere dalla necessità di bilanciare i tre attributi chiave.

Lo sfruttamento delle risorse rinnovabili disponibili localmente potrebbe portare a benefici non soltanto in termini di crescente sostenibilità, ma anche con riferimento alla sicurezza degli approvvigionamenti per i paesi altamente dipendenti dall’import e all’equità sociale, garantendo accessibilità all’energia per tutti i cittadini. L’energia elettrica da fonti rinnovabili dovrebbe assumere il ruolo centrale nel futuro mix energetico e nella costruzione di un nuovo dialogo “verde”.

Tuttavia, l’energia elettrica non potrà garantire da sola la completa decarbonizzazione dei sistemi energetici mediterranei, a causa della presenza di usi energetici finali “hard-to- abate” (come la produzione di calore di processo ad alta temperatura nel comparto industriale e come la navigazione e il trasporto aereo a lunga distanza), che richiedono una sinergia con altre commodity (quali l’idrogeno).

In questo contesto, un ruolo non trascurabile potrebbe essere svolto dai combustibili alternativi, sia biocombustibili che combustibili sintetici (ottenuti combinando idrogeno e CO2), il cui sfruttamento si inserisce in un approccio di economia circolare coerente con il Green Deal europeo e che sono già stati inseriti nel piano strategico della Commissione Europea “REPowerEU”.

Nel percorso verso un settore dei trasporti completamente decarbonizzato, i biocombustibili e gli e-fuel dovrebbero sostenere la transizione energetica, in particolare per i segmenti “hard-to-abate” come l’aviazione e il marittimo.

I biocombustibili svolgono attualmente un ruolo fondamentale nella decarbonizzazione del settore dei trasporti dell’UE, rappresentando l’83% del totale dei combustibili rinnovabili utilizzati nel 2020. I paesi dell’UE situati nella regione del Mediterraneo hanno utilizzato circa 6.300 ktep di biocombustibili nel 2020, pari al 38,8% del totale dei biocombustibili consumati a livello dell’UE27; in particolare, Francia, Spagna e Italia rappresentano quasi il 90% di tale quota. viceversa, la sponda orientale e meridionale del Mediterraneo mostra ancora dei ritardi, con le sole Turchia e Cipro che registrano consumi limitati di biocombustibili, rispettivamente di 167 ktep e 27 ktep nel 2020.

La domanda di biocombustibili per il settore dei trasporti nella sponda settentrionale del Mediterraneo dovrebbe aumentare fino al 2030, oscillando tra 8 Mtep e 12,6 Mtep, per poi essere gradualmente integrati da elettricità diretta e da un incremento degli e-fuel. Si prevede che le sponde del Mediterraneo meridionale e orientale seguano un percorso simile, ma traslato in avanti nel tempo di circa due decenni.

Lo sviluppo di catene del valore legate ai combustibili liquidi altamente sostenibili è di fondamentale importanza per la decarbonizzazione di settori “hard-to-abate”, come l’aviazione civile internazionale e il trasporto marittimo.

È stata eseguita un’analisi del potenziale tecnico per la produzione di biocombustibili, basata sulla disponibilità di biomassa come materia prima, con riferimento all’area mediterranea per l’anno 2030. Sono stati considerati principalmente gli studi esistenti a livello di Unione Europea e ci si è concentrati su tre percorsi di produzione: combustibili sostenibili per l’aviazione (Sustainable Aviation Fuels, SAF) e gasolio rinnovabile da biomassa ligno-cellulosica, SAF da oli e grassi di scarto (come l’olio da cucina usato) e infine il biogas naturale liquefatto (Bio Liquified Natural Gas, Bio-LNG) dalla digestione anaerobica della Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani (FORSU). Il potenziale tecnico totale risultante per la sponda settentrionale dell’UE è stato stimato in circa 28 Mtep. Il potenziale SAF previsto da oli e grassi potrebbe coprire circa il 15-16% della domanda potenzialmente generata dai mandati SAF per il 2030, mentre la produzione di Bio-LNG prevista potrebbe coprire circa il 20% della domanda prevista per il settore marittimo. Il potenziale tecnico stimato del Mediterraneo meridionale e orientale si è rivelato leggermente inferiore, principalmente a causa delle elevate incertezze esistenti.

Diverse politiche a supporto dello sviluppo dei combustibili alternativi sono in atto nella regione del Mediterraneo, con la sponda Nord che riveste un ruolo di leadership e le sponde Sud ed Est in fase di accelerazione.

Le politiche che promuovono l'adozione dei biocombustibili nel settore dei trasporti sono in atto da oltre un decennio a livello di Unione Europea. Attualmente, la direttiva RED II 2018/2001 contiene un obiettivo del 14% di FER rispetto al consumo totale di energia del settore dei trasporti per l’anno 2030, con un sotto-obiettivo dell’1,75% di biocombustibili avanzati.

Nell’ambito del pacchetto legislativo “Fit for 55” è stata presentata una proposta di revisione della Direttiva RED II 2018/2001. Tale proposta rende l’obiettivo per il settore dei trasporti maggiormente ambizioso, ridefinendolo in termini di riduzione dei livelli di emissioni di gas a effetto serra (GHG) invece che di consumo di energia rinnovabile. La proposta ha inoltre innalzato il sotto-obiettivo per i biocombustibili avanzati al 2,2% del consumo energetico dei trasporti e ha introdotto un nuovo obiettivo di penetrazione al 2,6% per l’idrogeno e i combustibili sintetici basati sull’idrogeno nel settore.

Altri obiettivi e mandati sono stati proposti nell’ambito delle proposte legislative ReFuel EU Aviation e Fuel EU Maritime, sia in termini di riduzione dei gas serra che di assorbimento di biocombustibili/combustibili sintetici, al 2050.

Per il momento, il quadro politico per i combustibili alternativi dei paesi della sponda orientale e meridionale del Mediterraneo è meno strutturato e dettagliato rispetto a quello dei paesi europei. Tuttavia, vale la pena notare che le azioni politiche stanno rapidamente prendendo forma, attraverso lo sviluppo di piani strategici e roadmap, insieme a progetti che coinvolgono partner industriali.

In questo quadro complessivo, un ulteriore adeguamento delle misure legislative esistenti potrebbe favorire e sostenere finanziariamente le azioni di recupero dei terreni marginali mediterranei che la bioeconomia e le bioenergie potrebbero mettere in campo, utilizzando materie prime autoctone come input per i loro processi.
La creazione di catene del valore legate alle biomasse sostenibili per la produzione di biocombustibili potrebbe rappresentare una soluzione vincente sia per la decarbonizzazione del settore dei trasporti che per il recupero di terreni agricoli abbandonati o marginali, consentendo un’agricoltura più sostenibile.

Per una produzione di biocombustibili economicamente sostenibile sono necessarie filiere di larga scala legate alle bioenergie. Tale produzione su larga scala deve essere progettata in modo sostenibile, tenendo conto di molteplici aspetti e non limitandosi soltanto alla riduzione dei gas serra, ad esempio, supportando l’agricoltura e la silvicoltura sostenibili, stimolando la crescita e l’occupazione, in particolare nelle zone rurali, e possibilmente consentendo una rilevante cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica nel suolo.

Diverse aree del Mediterraneo stanno attualmente sperimentando processi di degrado del suolo, come la perdita di materia organica del suolo (Soil Organic Matter), la perdita di carbonio organico del suolo (Soil Organic Carbon), l’erosione, la compattazione e la salinizzazione del terreno. Questi processi sono ulteriormente accelerati dagli effetti del cambiamento climatico, come le ricorrenti condizioni di siccità, e potrebbero portare alla desertificazione. Catene del valore della biomassa scelte con cura, con caratteristiche di tolleranza alla siccità e ridotta richiesta di acqua, permetterebbero di contrastare tali fenomeni dannosi.

La promozione delle catene del valore della biomassa può quindi portare benefici ai terreni agricoli abbandonati o marginali, che potrebbero essere utilizzati e ripristinati per produrre cibo, mangimi ed energia, in uno schema sostenibile di rotazione delle colture. Queste catene del valore possono anche aiutare a migliorare la resilienza dell’agricoltura agli effetti del cambiamento climatico, promuovendo modelli sostenibili specificamente progettati per tali condizioni agro climatiche, in grado di fornire molti prodotti diversi su rotazioni colturali pluriennali.

I combustibili sintetici non potranno sostituire i combustibili fossili nell’intero settore dei trasporti, ma potrebbero aiutare a preservare le conoscenze e le infrastrutture relative all’industria petrolifera e del gas, nonché i motori a combustione interna convenzionali e i motori a reazione nei sottosettori dei trasporti a lungo raggio.

Nella regione del Mediterraneo, il 94,2% dei consumi finali complessivi di energia nel settore dei trasporti è attualmente coperto da prodotti petroliferi. Il 75,9% dei consumi di prodotti petroliferi è dovuto al solo trasporto su gomma. I trasporti sono responsabili del 29,9% delle emissioni complessive di anidride carbonica nella regione.

La produzione di combustibili sintetici attraverso il processo Fischer-Tropsch richiede idrogeno verde (prodotto tramite elettrolisi) e anidride carbonica (catturandola dalle emissioni delle attività industriali) come materie prime in ingresso. Sia l’elettrolisi che i processi di cattura della CO2 devono essere alimentati da energia elettrica.

Una stima della quantità di energia elettrica da produrre per sostituire il consumo di prodotti petroliferi in tutto il settore dei trasporti del Mediterraneo con carburanti sintetici mostra che dovrebbero essere necessari 6.177 TWh/a, ovvero più di tre volte l’attuale generazione complessiva di energia elettrica in tutta la regione mediterranea. La corrispondente capacità fotovoltaica richiesta è pari a 4.400 GW, il che significa due ordini di grandezza superiore alla capacità fotovoltaica installata nella regione del Mediterraneo nel 2021 (70 GW), con un’area coperta paragonabile alla superficie dell’intera Danimarca. In termini di capacità nucleare equivalente, ciò corrisponderebbe a 849 GW, più del doppio della capacità nucleare globale attualmente installata (381 GW), richiedendo 117 ktU/a di uranio naturale, una quantità 17 volte superiore alla domanda naturale di uranio della regione mediterranea nel 2019 (circa 6,75 ktU/a).

Se si adottassero combustibili sintetici per la decarbonizzazione dei soli settori del trasporto aereo (sia nazionale che internazionale) e marittimo nel Mediterraneo, il fabbisogno di energia elettrica sarebbe pari a 1.198 TWh/a, ovvero il 58% dell’attuale produzione elettrica del Mediterraneo. Ciò corrisponderebbe all’installazione di 605 GW di solare fotovoltaico (più di otto volte la capacità attualmente installata) per il settore aereo e 462 GW per il settore marittimo, o all’installazione di 363 GW di capacità eolica onshore (più di 4 volte la capacità attualmente installata) per l’aviazione e 237 GW per il settore marittimo. In termini di capacità di generazione nucleare equivalente, la decarbonizzazione dei sottosettori dell’aviazione e della navigazione richiederebbe invece 202 GW aggiuntivi.

L’analisi complessiva mostra che i combustibili sintetici non possono rappresentare né un’alternativa ai combustibili fossili né un concorrente dell’energia elettrica, ma potrebbero invece essere utili per conservare il know-how storicamente consolidato e le infrastrutture esistenti legate all’industria dell’oil & gas, che potrebbero essere parzialmente riconvertite per supportare la generazione, la distribuzione e lo stoccaggio di queste commodity, e le tecnologie convenzionali di uso finale come i motori a combustione interna convenzionali e i motori a reazione, che rimangono ancora necessari per i settori del trasporto a lungo raggio che richiedono un’elevata densità energetica e che ragionevolmente continueranno a fare affidamento sui combustibili liquidi.

I trasporti marittimi e la portualità hanno un ruolo sempre più importante negli scenari e stanno andando verso nuovi modelli sempre più volti allo sviluppo energetico: Green Ports e Green Ships.

I porti di fatto stanno diventando poli di sviluppo industriale ed energetico. In quanto terminali di energie fossili e rinnovabili, nonché luoghi di sbocco di pipelines provenienti in particolare dal Nord-Africa che portano flussi di energia e anche vicini a industrie ad alta intensità energetica. Questo ne accrescerà il valore strategico ed economico.

La portualità italiana ha una importante caratterizzazione energetica: il 34% del traffico è costituito da rinfuse liquide (oltre 163 milioni di tonnellate nel 2021). Nei primi 6 mesi del 2022 sono state superate le 80 milioni di tonnellate (+5,6% sul 2021).

I primi 5 Energy port italiani concentrano il 70% circa del traffico e sono: Trieste, Cagliari, Augusta, Milazzo e Genova. Tre scali sono del Mezzogiorno.

Il PNRR sta chiamando la portualità italiana a sfide energetiche strategiche; è stata attribuita alle nostre infrastrutture marittime una dotazione di 9,3 miliardi di euro: l’obiettivo dell’efficientamento energetico e della sostenibilità in generale dei nostri scali è una delle priorità del documento. Tutte le Autorità hanno avviato progetti volti alla riduzione dei consumi energetici e a migliorare la sostenibilità ambientale dei porti mentre con il DL 50/2022 alle Autorità di Sistema è stato attribuito il ruolo di “comunità energetica”, il che permetterà di promuovere il consumo di energia da fonti rinnovabili nelle aree portuali e retroportuali.

È nato e sta evolvendo in Italia, un nuovo modello portuale che sta ricalcando quelli più evoluti del Nord-Europa: il Green Port, vale a dire uno scalo sempre più rivolto a efficientare il proprio consumo di energia, ad essere al servizio di navi che utilizzano combustibili alternativi ed a dotarsi di infrastrutture di attracco ed equipment per il bunkeraggio diversificato delle navi. Ma anche di utilizzare tecnologie digitali, modelli intermodali e sempre più rivolti a perseguire l’obiettivo di riduzione delle emissioni.

Un settore che sta affrontando grandi cambiamenti è quello dello Shipping. Se l'intero settore dei trasporti globali è responsabile del 24% delle emissioni totali di CO2, il trasporto marittimo ne rappresenta il 2,3% (e l'1,8% di tutti i gas serra). L'impronta ambientale del settore marittimo è certamente piuttosto ridotta rispetto agli enormi volumi di merci trasportate in tutto il mondo, ma comunque la decarbonizzazione dello shipping è nella lista delle priorità sia delle Nazioni Unite, attraverso l'IMO (International Maritime Organization), sia dell'Unione Europea.

Gli armatori sono chiamati a investire in modo importante per far diventare la loro flotta sempre più verde utilizzando combustibili alternativi e tecnologie che riducano a zero le emissioni. Anche se investire in carburanti netti a basse/zero emissioni è costoso, infatti questi carburanti sono attualmente fino a tre volte più costosi dei carburanti marini convenzionali.

Da gennaio a ottobre 2022 il 63% della flotta negli orderbook (navi nei cantieri in costruzione) è rappresentato da mezzi alimentati con combustibili alternativi, prevalentemente Gas Naturale Liquefatto e Metanolo.

Secondo autorevoli stime che hanno disegnato diversi scenari per il 2024, l’intera industria europea arriverà a spendere per la decarbonizzazione del trasporto via mare di container tra un minimo di3,5 miliardi e un massimo di 14,5 miliardi di dollari a causa dell’applicazione delle nuove norme ambientali e il passaggio ai combustibili green.

Attualmente il GNL detiene il primato degli orderbook (nel periodo gennaio–ottobre) dello shipping con il 52% del totale della flotta alimentata con combustibili alternativi, al secondo posto il metanolo con l’8,5%. Un ulteriore 11,4% delle navi saranno “Ammonia Ready”.

Molti container carrier stanno investendo in combustibili alternativi, solo per fare alcuni esempi: la cinese Cosco Shipping Holdings ha ordinato 12 navi portacontainer da 24.000 Teu a doppia alimentazione a metanolo per un valore di circa 2,9 miliardi di dollari ripartite tra le sue unità di trasporto container, la OOCL e la Cosco Shipping Lines – rispettivamente per 7 e 5 navi. La danese Maersk ha annunciato ad ottobre l’ordine, per 6 portacontainer dual fuel a Metanolo da 17mila Teu di capacità. Le nuove unità, in consegna nel 2025, si andranno ad aggiungere alle altre dello stesso tipo che il gruppo danese ha commissionato recentemente, e che riceverà nello stesso anno (in totale 19). La francese CMA CGM ha reso noto di aver effettuato ordini per 10 navi portacontainer a doppia alimentazione Gnl e 6 navi alimentate a metanolo, portando il suo portafoglio ordini a 69 navi. Il liner svizzero MSC ha effettuato un maxiordine di 28 portacontainer a GNL dal costo complessivo quasi 3,5 miliardi di dollari. Inoltre, vale 3 miliardi di euro il portafoglio ordini di 3 navi da crociera alimentate a GNL. La prima consegna è avvenuta ad ottobre 2022: la MSC World Europa è la prima nave da crociera al mondo ad essere dotata della nuovissima tecnologia fuel cell a GNL.

Per Francesco Profumo, presidente Compagnia San Paolo “il conflitto in Ucraina ha contributo ad accelerare un processo: l’energia è diventata non solo una leva fondamentale per perseguire gli obiettivi di transizione ecologica e neutralità ma anche un asset strategico e geopolitico. Se è vero che da ogni grande crisi nasce una altrettanto grande opportunità, dobbiamo guardare con crescente attenzione alla regione del Mediterraneo, un mercato giovane con un enorme potenziale per la produzione di energie alternative e rinnovabili. Il nostro Paese è il “ponte” naturale tra Nord e Sud: occorre mobilitare investimenti infrastrutturali e le migliori competenze per farne occasione di crescita e sviluppo. Come investitore istituzionale orientato all’impatto, la Compagnia di San Paolo è pronta a fare la sua parte a servizio del territorio e del Paese”.

Secondo Ettore Bompard, direttore ESL@ Energy Center, Politecnico di Torino “la crisi russo-ucraina ha messo al primo posto la sicurezza e l’accessibilità economica dell’energia, mettendo in secondo piano la sostenibilità ambientale, precedentemente al centro, e si è intensificato, nel Mediterraneo, il dialogo energetico “nero”, basato sul fossile. Nel medio-lungo termine, tuttavia, il dialogo dovrà virare al “verde”, basato sulle fonti rinnovabili, con un mix di commodity energetiche in cui non solo elettricità e idrogeno ma anche combustibili bio e sintetici giocheranno un ruolo, soprattutto nel trasporto aereo e marittimo”.

Per Massimo Deandreis, direttore generale SRM, centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo “il Rapporto è frutto di un progetto ampio di collaborazione tra SRM e il Politecnico di Torino e mette insieme competenze economiche e tecnologiche affrontando i temi energetici con l’ambizione di individuare le tendenze innovative e gli scenari. Dopo il focus sull’idrogeno dell’anno scorso, quest’anno il Rapporto si concentra sulle potenzialità dei carburanti alternativi, che potranno avere un ruolo chiave, non in competizione ma in sinergia con la produzione di elettricità da fotovoltaico ed eolico. L’obiettivo ultimo di questo Rapporto è quello di dare un contributo alla definizione delle policy europee e nazionali”.

Infine per Francesca Passamonti, Head of European Regulatory and Public Affairs, Intesa Sanpaolo “l’ufficio di Bruxelles rappresenta il Gruppo Intesa Sanpaolo dinnanzi le istituzioni europee. Il suo ruolo è quello di partecipare al dibattito sui temi europei più rilevanti per il Gruppo e per l’economia in generale e di rappresentare le proprie posizioni. Mettere a fattore comune ricerche ed analisi svolte dal Gruppo, come quella che viene presentata quest’oggi, rientra nella nostra missione. L’energia è da sempre uno dei temi più rilevanti per l’Unione Europea. Fino a poco tempo fa questo argomento è stato affrontato da una prospettiva prettamente climatica, cioè come un mezzo per rendere l’economia meno dipendente da fonti fossili, in modo da permettere all’UE di raggiungere gli obiettivi prefissati dalla COP21. Con lo scoppio del conflitto fra Russia e Ucraina l’energia è stata sempre più associata a tematiche relative alla sicurezza di approvvigionamento. In tale contesto, esplorare il potenziale di carburanti alternativi che sostituiscano le fonti fossili diventa sempre più importante”.