Energia6 Ottobre 2022 15:30

Gas, così l’Olanda mette in ginocchio imprese del food e Pmi italiane. Usano il loro “piccolo” Ttf per speculare sulle spalle di chi produce

Le imprese italiane sono alla canna del gas. Nel senso letterale della parola. Pur di non incorrere in spese fuori controllo e non recuperabili attraverso lo svolgimento della propria attività, preferiscono chiudere.

Un tetto al prezzo del gas è il leit motiv ormai ricorrente degli ultimi mesi per cercare di arginare i valori stellari raggiunti dalle quotazioni del combustibile in Europa. Quotazioni che hanno portato dietro con loro anche i costi dell’energia elettrica, il cui valore è agganciato alla componente gas visto che almeno in Italia, la maggior parte dell’elettricità prodotta avviene proprio attraverso il combustibile blu. Eppure in Europa c’è chi si oppone: i tedeschi e l'Olanda di Timmermans e di Bolkestein in primis ma anche qualche altro paese a cui non piace l’idea. Il motivo? Con un price cap potrebbe indebolirsi la capacità europea di attrarre forniture, con il rischio di trovarsi con una carenza di gas in un momento in cui la Russia sta procedendo con il bilancino. Eppure almeno 15 paesi, tra cui Italia e Francia, avevano scritto una lettera a Bruxelles per cercare di trovare un accordo lo scorso 30 settembre, giorno del vertice straordinario dei ministri dell’Energia. Che si è concluso con un nulla di fatto ma che ha aperto la speranza alla riunione del 6 e 7 ottobre a Praga dove l’auspicio è che il Consiglio europeo dia qualche segnale sulla questione (benché riformulata) anche se le aspettative sono basse.

D’altronde la stessa presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen oggi alla plenaria del Parlamento europeo ha chiarito che un tetto al prezzo del gas “va concepito in modo adeguato per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento”, ma deve trattarsi “di una soluzione temporanea per far fronte al fatto che il Ttf, il punto di riferimento principale dei prezzi, non è più rappresentativo del nostro mercato. Questo benchmark del Ttf riflette il gas da gasdotto. Negli ultimi 7 mesi, proprio per liberarci dal Gas russo, abbiamo aumentato il mercato del Gnl, che però non è riflesso bene nel Ttf. Quindi, inserire un tetto al gas complessivo è una soluzione tampone in attesa di un nuovo indice dei prezzi dell'Ue che rifletta meglio il funzionamento del mercato, e la Commission ha già iniziato a lavorare su questo".

Bisogna però ricordare che i costi del gas importato attraverso rigassificatori è comunque più costoso, risentendo appunto dei costi industriali di produzione per la sua liquefazione e successiva ri-trasformazione oltre al trasporto: in sostanza pur se inferiore ai valori attuali i prezzi risulterebbero comunque superiori all’epoca d’oro del gas via tubo.

Come si è arrivati a questa situazione? Ci aiuta il quotidiano Domani che sintetizza perfettamente il percorso che ha portato il nostro paese a essere ingabbiato da bollette record: “Il prezzo stellare del gas diventato un incubo per famiglie e imprese è un guaio che l’Italia si è procurata da sola, risultato di una trattativa tra l’Eni e la russa Gazprom durata anni. Inutile invocare un price cap europeo”. In quell’occasione “il prezzo del gas è stato svincolato da quello del petrolio e ancorato a un nuovo indice, l’olandese TTF, che allora sembrava più vantaggioso, ma che con il passare del tempo si è dimostrato manipolabile e inaffidabile”, scrive il quotidiano aggiungendo che “il prezzo del gas ancorato al TTF è artificiosamente molto più alto di quello del gas liquefatto già da prima della guerra tra Russia e Ucraina ed è un’aberrazione perché i costi di produzione del gas liquido lo rendono più caro tra due a tre volte di quello gassoso”.

https://www.editorialedomani.it/economia/ecco-perche-il-legame-col-mercato-olandese-del-gas-ci-condanna-alle-bollette-da-record-qenu61ut

Il Ttf infatti è un mercato molto piccolo, vengono scambiati appena il 15% di tutto il gas europeo con un mercato di fatto ridicolo – appena 1-2 miliardi di euro – di fronte alle quantità che fluiscono ogni anno in Europa. Naturalmente in un contesto simile la volatilità risulta essere maggiore di mercati come quello londinese del petrolio dove si scambiano cifre nell’ordine delle migliaia di miliardi. “È una sorta di suk in cui spadroneggiano gli influssi finanziari e speculativi manovrati da società anche apparentemente lontane dalle faccende del gas nelle quali non di rado la presenza di capitali russi è molto marcata”, scrive il quotidiano Domani.

Per sapere come è nato il Ttf basta leggere un articolo del Riformista di qualche tempo fa: “Il TTF di Amsterdam è considerato il punto di riferimento in Europa per monitorare e comprendere il mercato del gas. Il mercato virtuale e indice della Borsa olandese sta per compiere vent’anni, è stato istituito infatti nel 2003 come alternativa al National Balancing Point, il mercato del gas con sede nel Regno Unito, e progressivamente ha sostituito la piattaforma britannica come centro del mercato. Ad Amsterdam trasportatori e acquirenti commerciano forniture di gas dal lunedì al venerdì, dalle 8:00 alle 18:00. I borsini accreditati sono Intercontinental Exchange (Ice) ed European Energy Exchange (Eex)”.

Non solo. “A contrattare sono produttori nazionali e internazionali, società di stoccaggio, distributori e operatori di rete dell’industria del settore. I nomi italiani sono Eni, Enel, Edison, Hera, Sorgenia, Repower, Estra, Dolomiti Energia e piccoli trader. Le banche poi, come Goldman Sachs, Morgan Stanley, i grandi trader Gunvor, Trafigura, Glencore, Vitol, major come Shell o Danske. Anche se gestisce solo una parte del mercato del gas in Europa, il TTF detta il prezzo in tutto il continente”.

https://www.ilriformista.it/che-cose-il-ttf-il-mercato-del-gas-di-amsterdam-come-funzionano-prezzo-quotazioni-futures-317307/

L’Italia porterà avanti la sua linea con il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani: da un lato il disaccoppiamento dei costi del gas dall’energia prodotta dalle rinnovabili e dall’altro l’abbandono del Ttf per un nuovo indice europeo risultato di una mediazione tra valori legati a Brent, Henry Hub statunitense, indici Gnl di Cina e Australia. (La Von der Leyen in vista del vertice di Praga che parte oggi ha comunque pronte 2 proposte di tetto: 'un tetto massimo al prezzo del gas utilizzato per la produzione di energia elettrica'. E un 'price cap' in attesa di trovare indici differenti al Ttf a cui agganciare le quotazioni).

Eppure risolvere la situazione, partendo almeno dal contesto nazionale, potrebbe essere una soluzione alla portata. Per Salvatore Carollo, ex dirigente Eni e manager del settore energia dovrebbe essere la stessa Italia a liberarsi dal cappio, con un intervento del governo e dell’Autorità per l’energia. “Non è chiaro se questo autolesionismo sia il risultato di una valutazione sbagliata oppure se siamo alle solite. E cioè che ancora una volta quel che guida le scelte non sono gli interessi dei cittadini e delle imprese ma la forza delle lobby – si legge sul quotidiano Domani -. Grazie a quel cappio si stanno ricoprendo d’oro le circa venti società di distribuzione del gas naturale in Italia dopo la liberalizzazione del settore (…) Siccome il prezzo che queste società possono praticare al dettaglio a consumatori e imprese è collegato proprio al prezzo artificiosamente gonfiato del Ttf per loro va benissimo così”.

Da settimane Carollo invoca l’Autorità per l’energia affinché dichiari “ufficialmente e solennemente di non voler più sottostare alla tirannia del Ttf adottando al suo posto un calcolo del prezzo al consumo basato sulla media del prezzo reale di acquisto degli operatori gasieri. ‘Basterebbe questo – dice Carollo – a far crollare almeno della metà il prezzo del gas per i cittadini e le imprese italiane”. Eppure per Arera il Ttf continua a rimanere un punto di riferimento”.

Insomma, per dirla in breve, il tetto al prezzo del gas non si fa perché da un lato fa comodo agli olandesi che hanno incrementato i valori della loro borsa del gas ed estraggono risorse dal vecchio campo di Groningen. Ai norvegesi che stanno facendo affari d’oro con i loro giacimenti nel Mare del Nord essendosi di fatto sostituiti alla Russia sul mercato europeo, alla Germania che ha il timore di bloccare le forniture di cui ha bisogno abbassando troppo il tetto e rendendo, dunque, poco attraente il mercato europeo. Infine le compagnie energetiche nazionali – vedi Eni che ha chiuso il semestre 2022 con utili di 7,2 mld – che stanno facendo profitti record. Ci guadagnano tutti, tranne cittadini e imprese.  

Bisogna comunque riconoscere che Arera, almeno in parte, ha deciso di sganciare le quotazioni del gas dal Ttf come base per le bollette del mercato tutelato. Motivo per cui la scorsa settimana ha annunciato solo gli aumenti per l’elettricità mentre arriveranno a fine mese quelli per il combustibile blu. L’autorità infatti ha deciso di guardare la media dei prezzi dell’indice italiano Psv che naturalmente lavora su quantità minori e ha dei vantaggi legati per esempio ai costi di trasporto e minore volatilità rispetto a fattori esterni.

Per approfondire: 

La Norvegia? Prevede di incassare 131 miliardi di dollari da petrolio e gas nel 2023