Energia5 Giugno 2023 16:33

Energia, la crisi del “certificati bianchi”: il buco nero del sistema dei titoli di efficienza energetica

Dovevano essere la panacea per ottimizzare risorse e investimenti nel campo dell'efficientamento energetico, ma i certificati bianchi, con tutti i buoni propositi iniziali, sono entrati in una spirale fallimentare, subendo un andamento da montagne russe nel corso degli anni.

Introdotti nel 2005 con l'obiettivo di raggiungere un traguardo di massimizzazione energetica, il sistema ha coinvolto  distributori di energia, e altri soggetti volontari come le ESCo, che liberamente scelgono di realizzare interventi di riduzione dei consumi negli usi finali di energia.

In buona sostanza, chi effettua l'intervento di miglioramento ha poi diritto ad  un extra sul risparmio energetico che viene monetizzato con la vendita del certificato rilasciato dal Gse a seguito dell’intervento di efficientamento. Va ricordato che ogni certificato viene valutato come una tonnellata equivalente di petrolio. Il problema è che da strumenti finanziari, i certificati bianchi si sono trasformati in cesoie burocratiche che non solo ne hanno bloccato lo sviluppo, ma ne hanno determinato il crollo.

Da una parte ad influire sul loro destino hanno influito alcune riforme, peggiorative, dall'altra è stato determinante il mercato - solo parzialmente condizionato dalla pandemia. Ricostruendo infatti il loro andamento, è possibile verificare, attraverso i dati del GSE, che il numero di certificati bianchi è aumentato in maniera costante dal 2011 - 2.558 progetti presentati per 3,330 milioni di certificati emessi - fino al 2016, con 12.524 progetti e 5,517 milioni. Tutto questo quindi ben prima della crisi dovuta al Covid. Il primo calo arriva nel 2017, con 5.695 progetti e 5,808 milioni di certificati, prosegue nel 2018 con poco più di 3,3 milioni, ma l'emorragia prosegue l'anno successivo (2,9 milioni), crollando a 1,7 milioni nel 2020 (primo anno di pandemia), a 1,1 milioni nel 2021 e 418 progetti a consuntivo e 774mila nel 2022, ultimo anno intero. Ad oggi, nei primi 4 mesi del 2023, i certificati emessi sono poco meno di 190mila.

Il perché del crollo dei certificati bianchi

Ma cosa è accaduto? Il primo limite è nato dal raggiungimento degli obiettivi della Strategia energetica nazionale (SEN) con largo anticipo rispetto al preventivato, aspetto che ha tolto forza al risparmio energetico. Il secondo problema deriva dal meccanismo di incentivazione incentrato sui CB legato al decreto legislativo 4 luglio 2014 n. 102, che ha dato attuazione alla direttiva europea sull’efficienza energetica del 2012 e in particolare con il suo articolo 7, che impone un risparmio obbligatorio annuo pari all’1,5% delle vendite finali di energia a tutti i Paesi membri, senza considerare i livelli di partenza e gli sforzi già effettuati. In particolare la riforma ha definito un valore massimo ai certificati, ha reso molto più complicato l’iter di presentazione della richiesta per l’ottenimento dei certificati stessi ed è stato ridotto l’obbligo in capo ai distributori di energia in merito agli obiettivi di sostenibilità.

Il PNRR ha messo la "freccia" scavalcando i certificati bianchi

Gli operatori energetici stanno chiedendo a gran voce una riforma del sistema, già toccato nel 2021, ma a prendere il sopravvento è stato il PNRR, che potrebbe mettere fine al sistema precedente. I quasi 30 miliardi stanziati per l'efficientamento energetico viaggiano su binari diversi e, in mancanza di un ulteriore aggiornamento normativo, il destino del certificati bianchi sembra segnato sia dal calo degli investimenti che si protrae da anni, sia dall'esito dei procedimenti riconosciuti dal GSE, sempre più restrittivo nel rilascio dei CB: serve un nuovo modello di investimento che attragga gli imprenditori verso la transizione energetica.

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