Politica13 Giugno 2022 09:42

Draghi oggi in Israele a caccia di gas che la Croazia ci sfila da sotto il naso. Sugli extraprofitti è guerra legale

Il premier Mario Draghi sarà oggi in Israele in visita ufficiale. Tema principale sarà il gas e l’opportunità “per ridurre la drammatica dipendenza dall’energia di Mosca” scrive La Repubblica questa mattina ricordando le tre opzioni possibili per far arrivare il carburante: “La prima scommette sul futuro gasdotto EastMed. La seconda prevede di utilizzare il flusso di gas che da Israele giunge fino in Egitto.
La terza sfrutta lo snodo della Turchia per arrivare nel nostro paese attraverso il Tap”. L’ipotesi più veloce da realizzare è quella che vede coinvolta l’Egitto è il trasporto tramite rigassificatori, visto che EastMed richiederebbe una complessa e costosa opera di realizzazione e non entrerebbe in funzione prima del 2027 mentre l’opzione Tap dovrebbe mettere in prova le relazioni tra Turchia e Israele.

Come se non bastasse, la Croazia sta pensando di estrarre gas dall’Adriatico. “La geologia non rispetta la linea immaginaria di confine disegnata in mezzo al golfo di Venezia dagli uomini - ha scritto il sole 24 Ore di ieri -. E così i giacimenti di metano nascosti a migliaia di metri di profondità sotto il fondale delL'Alto Adriatico sono stati distribuiti dalla casualità geologica con uguale generosità a cavallo fra le acque italiane, di qua dalla linea, e croate, di là. C'e un problema. Gli italiani hanno stabilito dal 2002 che di qua - fra i 30 e i 40 miliardi di metri cubi di metano, ma ci sono stime anche più elevate- non si può piantare nemmeno un palo. I croati invece stanno perforando a tutta manetta a un metro di là dalla linea immaginaria. Contano di estrarvi 36,8 miliardi di metri cubi di gas, da usare- ora che i gasdotti dalla Russia minacciano raffreddore-per i prossimi vent'anni prima che il metano sia rigettato come un fossile del passato remoto. La compagnia petrolifera croata Ina investirà di 266 milioni e poserà una grandinata di piattaforme”.

Intanto Enel, Eni ed Edison i principali destinatari hanno schierato i loro avvocati per rifare i conti sulla tassa riguardante gli extra profitti, ha scritto il Corriere della Sera.
“Il governo, per sapere quanto effettivamente si mette in tasca in più la lunga filiera di operatori, ha incaricato l'Arera di andare a vedere dentro ai contratti, le rinegoziazioni, l’attività di trading, e quanto pesano i costi dei derivati stipulati con le banche a protezione del rischio che il prezzo salga o Scenda troppo in fretta - si legge sul Corsera -. II mercato vive di contratti di compravendita in cui la consegna del bene e il pagamento del prezzo pattuito avvengono a una data futura prefissata. Si tratta di scommesse in anticipo sul prezzo del gas, generalmente a tre mesi. Se si prevede che scenda si comincia a vendere, se si prevede che salga si comincia a comprare, e il prezzo si gonfia. A pagare questa speculazione è l'utente finale, mentre ad arricchirsi come mai prima sono i grandi colossi e i fondi speculativi. Nomi sconosciuti come Man Group, Systemic Investments, Florin Court Capital, Gresham Investment. Hanno sedi in paradisi fiscali, e a Wall Street o a Londra, non comprano e vendono gas naturale, ma i derivati a cui il bene fisico è agganciato. È un mondo talmente intricato e opaco che per Arera è impossibile definíre una cifra precisa”.

E quindi il Tesoro come ha calcolato gli extraprofitti? “Sulla liquidazione Iva, cioè a
quanto comprano la materia prima gli operatori e a quanto la vendono. Eni, Enel Edison contestano perché si tratterebbe di un valore grezzo. Inoltre sollevano un problema di costituzionalità: ‘Perché dobbiamo pagare solo noi e non anche le banche, UniCredit e Intesa in testa che con le polizze di copertura sul prezzo delle materie prime stanno facendo soldi a palate?’”.