Energia14 Dicembre 2022 11:02

Deloitte: un italiano su tre preoccupato dal cambiamento climatico

Due su tre hanno già cambiato abitudini per proteggere il Pianeta

Per più di un italiano su tre (36%) il cambiamento climatico rappresenta una delle più importanti minacce da affrontare nell’immediato. E ben 7 italiani su 10 ritengono appropriata la preoccupazione di essere testimoni della “più grande crisi climatica ed ecologica della storia”. È quanto emerge dalla ricerca “Il Cittadino consapevole: Comportamenti sostenibili per guidare strategie innovative a sostegno di una rapida transizione ecologica”, il primo report del nuovo Osservatorio Deloitte sui trend di sostenibilità e d’innovazione.

"Il livello di consapevolezza delle persone sui temi del cambiamento climatico e i relativi effetti sulla società e sull’economia è sempre più elevato, così come il desiderio di trovare un rimedio a questa situazione. Per questo abbiamo lanciato un nuovo Osservatorio che si pone l’obiettivo di monitorare il sentiment e le opinioni della popolazione italiana sul tema della sostenibilità dell’innovazione - afferma Andrea Poggi, Innovation Leader di Deloitte NSE -. La maggiore consapevolezza dei cittadini impone alle aziende di trasformare i propri modelli operativi e di business, favorendo l’adozione di un approccio “green-by-design” che garantisca la trasformazione dei processi aziendali in ottica ecosostenibile e il soddisfacimento dei bisogni e dei desideri sempre più “green” della popolazione. Per fare questo le aziende dovranno investire sia nell’innovazione di prodotto, sia in quella di processo, conseguendo maggiori livelli di efficienza interna così da essere in grado di gestire al meglio il trade-off tra prezzo, performance e sostenibilità. Tale cambiamento impone che le aziende lavorino su di un processo di R&S più avanzato, che faccia anche leva sul paradigma dell’Open Innovation", spiega Poggi commentando i dati della ricerca.

La crisi climatica è un dato di fatto e il mondo deve affrontarla. Tra i principali timori per il futuro, il cambiamento climatico è percepito come imminente dal 36% degli intervistati, con punte del 45% tra la GenZ e del 40% tra i Baby Boomers, che temono di lasciare ai propri figli e nipoti un pianeta in declino. Reduci dal caldo record dell’estate 2022, quasi 7 italiani su 10 temono di essere testimoni della “più grande crisi climatica ed ecologica della storia”. Inoltre, i cittadini concordano sulle cause alla base del riscaldamento globale, imputabili in ultima analisi alla società contemporanea e ai suoi modelli di sviluppo non sostenibili.

Ma quali azioni sono davvero efficaci contro il cambio climatico? Oltre 2 rispondenti su 3 dichiarano di aver cambiato abitudini in un’ottica sostenibile già prima della pandemia. A questi si affianca un ulteriore 23%, principalmente giovani (38% GenZ e 28% Millennials), che sta riflettendo su come rendere più ecosostenibile il proprio stile di vita. Ma, nel concreto, cosa significa “stile di vita più sostenibile”? Condividere, riciclare, rigenerare e ridurre al minimo i rifiuti sono elementi imprescindibili secondo oltre 7 cittadini su 10. Importanti anche “prodotti biologici e filiere certificate, economia circolare e brand ecosostenibili”, che sono parole chiave che ispirano i nuovi modelli di consumo “green” per il 40%.

E quale prezzo sono disposti a pagare i consumatori? La transizione verso nuove abitudini più sostenibili, tuttavia, presenta alcune criticità. Il prezzo (51%) è il primo elemento critico anche alla luce dell’attuale contesto economico caratterizzato da una crescita record dell’inflazione. Un altro ostacolo rilevato dai consumatori è la difficoltà di reperire il prodotto o il servizio (38%). La difficoltà di trovare informazioni certificate e affidabili sulla sostenibilità (36%) è la terza importante barriera, ed è un fattore particolarmente rilevante soprattutto per quelle generazioni più desiderose di dare il proprio contributo (Gen Z e Baby Boomer).

Cosa distingue un marchio sostenibile secondo gli italiani? Quando si considera la sostenibilità ambientale, l’interesse è rivolto soprattutto al tipo di materiali impiegati, che deve essere quanto più rinnovabile (36%), naturale (34%) e riciclabile (31%), ma anche alla minimizzazione dell’impatto ambientale lungo tutto la catena del valore (31%). Il tema della durabilità del bene, invece, sebbene centrale nell’ottica della sostenibilità, non è considerato dai consumatori come un aspetto prioritario, specialmente tra i Baby Boomer, che si dimostrano ancora influenzati dalla “cultura del consumo”: solo il 23% di loro, infatti, dichiara che la durabilità è tra le tre caratteristiche più rilevanti.

Consumare sostenibile per sentirsi meglio. Un’altra evidenza che emerge dall’Osservatorio è legata alle emozioni che l’acquisto di un prodotto o un servizio sostenibile genera. Chi pratica la sostenibilità, infatti, non solo desidera ristabilire un rapporto positivo con la natura (58%), ma vuole anche percepire maggiori benefici in termini di salute e benessere (49%) e di autostima (48%). E così la sostenibilità è ormai una discriminante di prim’ordine per i consumi legati alla mobilità (55%: altri mezzi di trasporto; 51%: veicoli personali), all’immobiliare (57%) e ai generi alimentari (51%). Invece, nel consumo di software (24%), di servizi d’intrattenimento (23%) e di prodotti finanziari (19%) le scelte d’acquisto sono ancora guidate da considerazioni più tradizionali.

I canali di informazione sulla sostenibilità. Oltre 4 intervistati su 10 indicano le etichette quali fonti privilegiate di informazione. Oltre le etichette, i canali di comunicazione tradizionali (stampa e TV) sono il riferimento per oltre un cittadino su tre (36%) seguito dai canali ufficiali dell’azienda (26%). La Gen Z, invece, dimostra un maggiore interesse e utilizzo di canali informativi più moderni, affidandosi spesso a social media e influencer (21%). Infine, un vecchio metodo ancora diffuso è il classico passaparola tra conoscenti (20%), potenziato dalla crescente pervasività delle tecnologie digitali e dal livello di connessione sempre più stretto delle persone.

Il greenwashing secondo i consumatori. I consumatori sono molto attenti al tema del greenwashing: il 65% ritiene che tali pratiche siano spesso utilizzate dalle aziende e solo il 44% dichiara di fidarsi di quanto comunicato dalle aziende. In particolare, il 75% ha già sperimentato nella propria quotidianità almeno un caso di ambientalismo di facciata. Stando al percepito dei cittadini, il settore in cui è più frequente riscontrare casi di greenwashing è quello alimentare, sono altresì impattati il comparto del “tessile, moda e accessori”, quello della cura della persona, quello energetico e quello agricolo. Infine, il 18% dei cittadini ritiene che l’ambientalismo di facciata impatti negativamente sulla propensione ad acquistare prodotti green in generale, limitando e rallentando la transizione verso stili di vita più vicini sostenibili.

 

Il ruolo dello Stato nella Transizione Ecologica. Per 2 cittadini su 3 lo Stato rappresenta “il naturale attore” in grado di orchestrare la transizione ecologica italiana. Lo Stato, secondo i cittadini, è chiamato ad agire secondo due traiettorie fondamentali: farsi carico dei costi della transizione ecologica e favorire lo sviluppo di un quadro amministrativo, normativo, autorizzativo e tariffario che incentivi cittadini e aziende nell’adozione di comportamenti e modelli economici sempre più sostenibili. Così, secondo oltre 7 intervistati su 10, lo Stato è il principale soggetto che deve farsi carico dei costi della transizione verde, seguito dalle aziende (31%) a cui il 75% degli intervistati chiede di sacrificare parte della propria profittabilità per evitare aumenti di prezzo. Infine, un intervento da parte dello Stato è auspicato anche in merito agli aspetti amministrativi e normativi connessi alla transizione verde: più chiarezza e più semplicità normativa sono pre-requisiti essenziali per un nuovo modello di sviluppo ecosostenibile.