Energia4 Luglio 2022 14:30

Concessioni, Flaei-Cisl: prima della loro scadenza dovranno essere costruiti 120 mila chilometri di nuove linee. Servono Lavoratori, non chiacchiere.

L’appello della FLAEI alla politica: “Ne va del nostro futuro. È un rischio che l’Italia non può permettersi”.

“Da oltre mezzo secolo si è soliti associare i conflitti bellici che scoppiano qua e là, alle tensioni in campo energetico. E la storia quasi sempre lo conferma. Il ricorso agli idrocarburi e la produzione termoelettrica dell’energia hanno reso l’Occidente, l’Italia in particolare, dipendente da realtà e paesi complicati, instabili, geopoliticamente problematici: capita questo dalla “rivoluzione industriale” sviluppatasi con i procedimenti produttivi della termodinamica; e da allora le nostre società vanno incontro a crisi energetiche che, di volta in volta, ne modificano gli assetti economici e relazionali sul piano politico”. È quanto sottolinea la Flaei-Cisl in una nota. “Negli ultimi 20 anni si sono moltiplicate, tuttavia, le applicazioni nei campi delle rinnovabili e, con slancio pari all’urgenza di contenere le emissioni di CO2, è stato programmato di cancellare un secolo di tecnologie per sostituirlo con fonti alternative da rendere praticabili e sufficienti a date prestabilite, operazione nient’affatto semplice e scontata. Le nostre Aziende non sembrano preoccuparsene, né sembrano occuparsi dei ritardi che investono la soluzione del problema; se la cavano affermando che “la soluzione c’è e risiede in strutture a prova di futuro su scala mondiale”.

“Noi – prosegue la nota - giudichiamo precario e ampiamente inadeguato lo stato della Rete elettrica. Tutti ne hanno avuto conferma in questi giorni con le interruzioni susseguitesi a Nord, proprio dove la Rete sembrava essere maggiormente sicura. C’è chi si è esercitato a ricercarne le cause disquisendo sui tecnicismi che ne sarebbero la causa, ma la spiegazione è elementare: lo stato e la portata delle linee, solo in parte ridotta dal caldo, sono inadeguati e, da sempre, in questi casi, si interviene rafforzando o duplicando gli impianti. Altro che miracoli attesi dalla digitalizzazione a cui taumaturgicamente ci si è consegnati e dalla quale lo stesso Ministro Cingolani ha invitato a diffidare. Digitalizzazione che potrà anche risolvere qualche problema di efficientamento e di funzionamento, ma che mai potrà sostituire le funzioni primarie delle linee su cui viaggia l’energia elettrica. Sostenere quanto precede ha portato taluni a sostenere che chi critica la Rete, come fa la FLAEI, lo fa perché è “detrattrice delle FER”, contraria al loro sviluppo: insomma, chiedere una Rete adeguata all’Italia significherebbe essere contro le fonti rinnovabili, un modo per nulla riuscito e sbagliato di spostare le responsabilità dall’accusato all’accusatore. Noi pensiamo invece proprio il contrario, perché chiunque animato da sano buonsenso sa che senza Rete elettrica nessun funzionamento e nessuna transizione è possibile”.

!Il GSE sostiene che entro il 2030 dovranno essere costruiti 120 mila chilometri di nuove linee, prima cioè della scadenza delle attuali concessioni. Ma le linee elettriche non dovranno servire soltanto l’utenza del momento, dovranno, seppure in un mutato assetto, caricarsi tutta l’energia che sostituirà il diesel e la benzina degli autoveicoli attuali, tutta l’energia elettrica che prenderà il posto del gas negli edifici civili e tutta l’energia del sistema produttivo che utilizza la fonte termica. Entro il 2030 i concessionari dovranno provvedere, ognuno per quanto di competenza; ma potranno farlo con enormi volumi di investimenti e se disporranno di risorse umane e professionali adeguate, di Lavoratori competenti; se presidieranno adeguatamente i territori dove la Rete nasce e svolge le sue funzioni. Ecco, tutto questo manca”.
“Sono carenze che la FLAEI denuncia da troppo tempo e che generano affanno e stress nei luoghi di lavoro, con perdita di qualità e di sicurezza nel servizio. Noi riteniamo che prima di procedere ai bandi per il prossimo rilascio delle concessioni il Ministero competente e le Autorità di Settore debbano stabilire a chi è dovuta e in che termini la pianificazione e lo sviluppo delle reti nei territori una volta avvenuta l’aggiudicazione. E questo per garantire a tutti che un asset strategico come la Rete non sia lasciato al caso o alla buona volontà e quindi per impedire che il valore del suo funzionamento venga dopo il valore del titolo di borsa: il mercato e i profitti sregolati non possono riguardare la Rete che non può, non deve diventare luogo o merce di speculazione. Chi vuole davvero la transizione deve anzitutto preoccuparsi della Rete elettrica e di quanto serva per favorirla e renderla adeguata, efficiente e moderna. Investire nella Rete e nelle opere per renderla funzionale è investire in un asset ad uso dello Stato che, attraverso più incisive forme di controllo e di pianificazione, deve orientare, indicare obiettivi e assicurare le esigenze del Paese. Ci rivolgiamo alla politica: lasciare in mano a società per azioni quotate tali decisioni senza alcuna supervisione è un errore che l’Italia non può più permettersi”; conclude la nota.