Politica13 Ottobre 2022 16:51

Bankitalia avverte: Stop al gas russo farebbe entrare l’Italia in recessione e schizzare su l’inflazione

In uno scenario alternativo avverso, con forniture di beni energetici dalla Russia verso l’Europa permanentemente interrotte a partire dall’ultimo trimestre dell’anno in corso “e compensate grazie a una sostituzione con fonti alternative crescente ma ancora parziale nel prossimo anno e che si completerebbe nel 2024” i prezzi del petrolio e del gas si innalzerebbero “portandosi su livelli più elevati di circa il 50 per cento rispetto a quelli dello scenario di base. A tali sviluppi si accompagnerebbe un ulteriore rallentamento del commercio mondiale e una forte crescita dell’incertezza. Il prodotto si espanderebbe del 3 per cento quest’anno, si contrarrebbe di oltre l’1,5 per cento nel 2023 e tornerebbe a crescere moderatamente solo nel 2024. L’inflazione al consumo, lievemente più elevata nell’anno in corso rispetto allo scenario di base, continuerebbe a salire anche il prossimo anno, superando il 9 per cento, per poi scendere in maniera decisa nel 2024”. È quanto ha prevede Bankitalia nell’ultimo bollettino di ottobre.

Diverso il discorso in caso di scenario di base (flussi di gas dalla Russia ai livelli degli ultimi mesi e i prezzi delle materie prime coerenti con quelli desumibili dai recenti contratti futures): il prezzo del petrolio dovrebbe collocarsi a circa 103 dollari al barile nella media del 2022, a poco meno di 80 dollari nel 2023 e a 74 dollari nel 2024; il prezzo del gas naturale dovrebbe essere pari in media a 150 euro per megawattora nel 2022, a quasi 190 euro nel 2023 e a poco meno di 120 euro nel 2024, ha sottolineato Bankitalia.

In questo scenario, “la crescita del PIL in Italia sarebbe pari al 3,3 per cento quest’anno, allo 0,3 nel 2023 e all’1,4 nel 2024. A una contrazione del prodotto nella seconda metà del 2022 seguirebbe una modesta ripresa dal secondo trimestre del 2023, che si rafforzerebbe gradualmente in seguito. La debolezza dell’attività nei prossimi trimestri rifletterebbe principalmente quella dei consumi delle famiglie e degli investimenti delle imprese in macchinari e attrezzature, che risentono dell’impatto dell’elevata inflazione sul reddito disponibile, della maggiore incertezza e dell’aumento dei costi di finanziamento. Vi inciderebbe inoltre il rallentamento degli scambi internazionali”.

Rispetto alle proiezioni pubblicate nel Bollettino economico di luglio, la crescita del prodotto “è rivista leggermente al rialzo nel 2022 e al ribasso nei due anni successivi, per un punto percentuale nel 2023 e tre decimi di punto nel 2024”. I consumi delle famiglie “si contrarrebbero nella prima metà del 2023, risentendo dell’impatto della forte crescita dei prezzi sul reddito disponibile, per poi tornare ad aumentare nella parte restante dell’anno, grazie alla graduale discesa dell’inflazione e dell’incertezza; ne risulterebbe nella media del 2023 una flessione dello 0,4 per cento”.

L’inflazione al consumo, invece, “si collocherebbe all’8,5 per cento nella media del 2022, principalmente per effetto dei forti rincari dei beni energetici, che si riflettono sull’indice generale dei prezzi sia direttamente, sia indirettamente per il loro impatto sulle altre componenti; vi contribuirebbe in misura significativa anche la crescita dei prezzi dei beni alimentari. Successivamente, una progressiva stabilizzazione dei prezzi dell’energia, seppur su livelli elevati, e l’attenuazione delle strozzature all’offerta favorirebbero una graduale riduzione dell’inflazione, che si porterebbe al 6,5 per cento nella media del 2023 e al 2,3 nel 2024, anno in cui sarebbe trainata principalmente dall’andamento della componente di fondo, che esclude i beni alimentari ed energetici. Questa componente aumenterebbe del 3,2 per cento nella media di quest’anno, del 3,1 nel prossimo e del 2,5 nel 2024”, ha evidenziato ancora Bankitalia.

Le prospettive delineate nello scenario di base sono tuttavia “circondate da incertezza molto elevata, derivante principalmente dall’evoluzione della guerra in Ucraina e delle sue conseguenze su prezzi e disponibilità delle materie prime”, conclude Banca d’Italia.