Energia15 Luglio 2022 12:32

Arera, ecco i dati della Relazione 2022: riprendono i consumi di gas, cresce l’import in Europa

Ecco nel dettaglio i dati della Relazione annuale 2022 di Arera:

BONUS SOCIALI: CON AUTOMATISMO IN BOLLETTA OLTRE 4 MILIONI I BONUS RICONOSCIUTI, TRIPLICATO IL NUMERO DI FAMIGLIE CHE OTTIENE LO SCONTO

Il 2021 è stato il primo anno di attuazione del nuovo regime di riconoscimento automatico dei bonus sociali elettrico, gas e idrico per disagio economico (Introdotto con il Decreto fiscale 2020). L’automatismo è diventato operativo dal 1° luglio per le forniture di luce e gas (anche per i clienti serviti da forniture condominiali) mentre il bonus sociale idrico automatico verrà riconosciuto agli aventi diritto nel corso dell’anno 2022.
L’introduzione dell’automatismo ha portato a triplicare il numero delle famiglie a cui viene riconosciuto lo sconto direttamente nelle bollette della luce e del gas. Il nuovo sistema - in seguito alla valutazione di 4.281.855 DSU nel periodo gennaio-dicembre 2021inviate dall’INPS al Sistema Informativo Integrato – ha visto riconoscere 4.025.483 bonus per disagio economico: 2.487.599 per le forniture elettriche e 1.537.884 per quelle del gas, per un valore complessivo di 696,8 milioni di euro (488,1 milioni di euro per i bonus elettrici e a circa 208,7 milioni di euro per i bonus gas diretti). Resta “a domanda” attraverso il sistema SGATE il bonus per disagio fisico che nel 2021 è stato riconosciuto a 41.967 famiglie.
In attuazione dei provvedimenti del Governo per contenere gli effetti dell’aumento delle bollette energetiche, a partire dal IV trimestre del 2021 sono state introdotte delle compensazioni integrative dei bonus sociali elettrico e gas aggiuntive rispetto agli importi previsti dai bonus “ordinari”. Lo stanziamento complessivo, a valere sul bilancio dello Stato, è stato di 450 milioni di euro per il solo periodo 1° ottobre - 31 dicembre 2021.

SPORTELLO PER IL CONSUMATORE ENERGIA E AMBIENTE: RECUPERATI 11 MILIONI DI EURO A FAVORE DI CLIENTI E UTENTI FINALI ATTRAVERSO LA CONCILIAZIONE

Nel 2021, il call center dello Sportello ha ricevuto 630.083 chiamate in orario di servizio, in deciso aumento rispetto al 2020 (+ 31%), con un tempo medio di attesa tempo medio di attesa di 229 secondi e un tempo medio di conversazione di 241 secondi (entrambe in aumento rispetto al 2020 quando erano stati, rispettivamente, di 174 e 227 secondi). La quasi totalità delle chiamate gestite dal call center dello Sportello nel 2021 ha interessato i settori dell’energia elettrica e del gas (96%). In linea con il biennio precedente, i tre argomenti principali delle chiamate sono stati: i bonus sociali (50%), le modalità di risoluzione delle controversie (22%) e le pratiche aperte presso lo Sportello (11%).
Con queste procedure lo Sportello fornisce ai clienti dei settori energetici informazioni specifiche codificate in banche dati centralizzate (Sistema informativo integrato, Sistema indennitario), come ad esempio l’identificazione del venditore ignoto in caso di voltura, le richieste per conoscere la controparte commerciale e la data di switching.
Le richieste scritte di informazioni “semplici” sono state 20.041 (14.822 nel 2020), la maggior parte delle quali riferite ai settori energetici e, in particolare, ai seguenti temi: bonus sociale (25%), fatturazione (19%), mercato (18%), contratti (11%) e morosità e sospensione (11%). In notevole aumento le richieste di attivazione di procedure speciali informative arrivate a 43.756 (+36% rispetto al 2020).
Il Servizio conciliazione, nel 2021, ha ricevuto 20.428 domande (+10% rispetto al 2020): continua, seppur con un tasso più contenuto, la crescita tendenziale dei volumi gestiti su base annua. Il 48% delle domande ha interessato il settore dell’energia elettrica (-6% rispetto al 2020), il 25,5% quello del gas (-0,5%) mentre il settore idrico si attesta al 18% (+5,5%). Dal 1° luglio 2021 il Servizio è stato estese anche al settore del telecalore.
Il tasso di accordo è stato del 70% (-1% rispetto al 2020) ma varia a seconda del settore: dal 79% del settore idrico al 75% del gas, fino al 63% dell’elettrico. Il tempo medio di conclusione delle procedure è stato di 58 giorni (62 nel 2020).
Nel 2021 è di oltre 11 milioni di euro la “compensation”, ossia il corrispettivo economico ottenuto dai clienti o utenti finali mediante l’accordo di conciliazione (sotto forma di valore recuperato anche rispetto al valore della controversia oppure di rimborsi, indennizzi, ricalcolo di fatturazioni errate, rinuncia a spese e interessi moratori ecc.).

CONTENZIOSO: DALL’AVVIO DELL’AUTORITA’ VALIDE IL 97,7% DELLE DELIBERE APPROVATE, NEL 2021 DIMINUISCONO I RICORSI

Su un totale di 11.860 delibere approvate dall’Autorità sin dal suo avvio (aprile 1997-31 dicembre 2021), ne sono state impugnate 1.276, pari al 10,8%, e ne sono state annullate in via definitiva (con sentenza passata in giudicato), in tutto o in parte, 272, pari al 21,3% del totale delle delibere impugnate e al 2,3% di quelle adottate. L’indice di resistenza delle delibere dell’Autorità al controllo giurisdizionale si attesta attorno al 97,7%. In particolare, Nell’anno 2021 si è registrato un decremento del contenzioso in termini di numero di ricorsi rispetto all’anno precedente: 74 ricorsi (erano stati 144 nel 2020).

ELETTRICITA’: NEL 2021 PER I CLIENTI DOMESTICI PREZZI ALLINEATI ALLA MEDIA AREA EURO. IN GERMANIA ANCORA I PIU’ ELEVATI

I prezzi medi dell’energia elettrica per i consumatori domestici italiani mantengono per il 2021 una posizione simile al 2020, allineati e leggermente inferiori alla media dei paesi dell’Area euro in termini di prezzi lordi, con un peggioramento in termini di prezzi netti, compensato dalla riduzione del peso di oneri e imposte.
Nel 2021, il differenziale dei prezzi lordi rimane elevato per la prima classe di consumo (< 1.000 kWh annui, +21% nel 2021, rispetto a +18% nel 2020) e torna a essere, se pur di poco, positivo per l’ultima classe di consumo (>15.000 kWh annui, +1% nel 2021 rispetto a -6% nel 2020); sono invece pressoché invariati rispetto all’anno precedente e leggermente più bassi rispetto l’area euro, i prezzi nelle fasce centrali: il differenziale di segno negativo delle tre classi di consumo centrali (tra 1.000 e 2.500 kWh annui, tra 2.500 e 5.000 kWh annui e 5.000 e 15.000 kWh annui sono rispettivamente -3%, -4% e -2%. Le prime due classi centrali (quindi per i consumi dai 1000 ai 5000 kWh) sono quelle dove si concentrano i maggiori consumi, coprendo rispettivamente il 38% e il 42% del totale dell’energia elettrica fatturata per i domestici nel 2021.
In termini di prezzi netti si verificano per la prima volta differenziali positivi rispetto all’Area euro per tutte le classi di consumo, superiori al 10% per la prima e per l’ultima classe (questa presentava l’anno precedente un differenziale negativo del -8%) e di poco inferiori al 10% per le tre classi di consumo centrali (che presentavano l’anno precedente differenziali compresi tra il +1% e il +3%).
Con riferimento ai principali paesi europei, nel 2021 la Germania si conferma, ancora una volta, il paese con i prezzi dell’energia elettrica più alti per il settore domestico, fatta eccezione per la prima classe di consumo. Rispetto all’omologo tedesco, il cliente domestico italiano continua a pagare prezzi finali decisamente inferiori, con un divario rimasto sostanzialmente stabile rispetto al 2020 per le classi 1000-2500 kWh e 5000-15000 kWh, pari a circa il -26% e invariato al – 28% per la 2500-5000 kWh; per l’ultima classe >15000 kWh i prezzi italiani perdono parte del vantaggio conseguito l’anno precedente, quando erano passati dal -11% al -28%, rimanendo di molto inferiori, ma in risalita al -19%.
Guardando alla classe di consumo intermedia (2.500-5.000 kWh/a) – rappresentativa del cliente domestico, in quanto oltre ad avere il maggior peso in termini di energia venduta (42%) include il cliente tipo normalmente di riferimento per l’Autorità – il prezzo lordo è aumentato del 5,5%, in linea con l’aumento medio dell’Area euro (+ 5,8%) e a fronte di incrementi più elevati negli altri paesi, tranne che in Francia. Sempre guardando ai valori al lordo delle imposte, le famiglie italiane con consumi in questa classe hanno pagato un prezzo di 23,10 c€/KWh che corrisponde al 28% in meno delle tedesche e al 10% in meno delle spagnole, ma al 16% in più delle francesi.

ELETTRICITA’: NEL 2021 PER LE IMPRESE ITALIANE PREZZI MEDI LORDI PIU’ ALTI RISPETTO ALL’AREA EURO. RESTA CONVENIENZA RISPETTO A GERMANIA.

Il processo di progressiva riduzione del divario tra i prezzi medi lordi dell’energia elettrica per il settore industriale del nostro Paese e quelli più convenienti pagati nell’Area euro, che, iniziato nel 2017, era ripreso nel 2020 dopo l’interruzione del 2019, torna a mostrare segnali di inversione nel 2021, con un peggioramento della situazione per tutte le classi, eccetto che per la prima.
In particolare, i differenziali rispetto all’Area euro per le ultime due classi (tra 20.000 e 70.000 MWh di consumo annuo, e tra 70.000 e 150.000 MWh), che erano divenuti addirittura negativi nel 2020, tornano positivi (passando rispettivamente dal -3% al +5% e dal -16% al +6%); a ogni modo, le differenze non riacquistano i valori antecedenti al 2017, quando i prezzi italiani di queste due classi erano in media superiori del +25% e del +15% rispetto a quelli dell’Area euro.
I prezzi italiani nel 2021 per la prima classe (<20 MWh annui) si confermano i più alti rispetto alla media Area euro, +21%, sia pure in miglioramento rispetto all’anno precedente (era +27%) e in continuo calo rispetto al rimarchevole +41% del 2019. Per le altre tre classi si accentua il differenziale positivo (dal +5 al +13%, dal +9% al + 14% e dal +7% al +8%), senza però tornare ai livelli del 2019 (+17%, +20% e +18%).
In termini di prezzi netti, il differenziale tra i prezzi italiani e quelli medi europei, che aveva subito una significativa contrazione nel 2020, cresce per tutte le classi. Continua invece tra il 2021 e il 2020 il calo del peso degli oneri e imposte, anche se ancora più alto rispetto all’Area euro.
Nel 2021 la crescita dei prezzi industriali italiani è interamente dovuta agli aumenti dei prezzi netti (che vi contribuiscono per una quota del +25%), a fronte di una contrazione della componente fiscale (cui compete un calo medio dei prezzi del -3%); la crescita dei prezzi dell’Area euro, minore di quella italiana e pari in media al +13%, è invece dovuta a un minor aumento dei prezzi netti e a una sostanziale stabilità delle componenti fiscali.
Passando al confronto con i principali paesi europei, i prezzi medi italiani al lordo degli oneri e delle imposte continuano, come da anni, a non essere quelli più elevati tra i principali paesi europei. I consumatori industriali di energia elettrica del nostro Paese, infatti, pagano prezzi più convenienti rispetto agli omologhi tedeschi. Il differenziale negativo è in media pari al -10% e va dal -7% della classe 20-500 MWh (con prezzo in Italia 22,97 c€/kWh e in Germania 24,68 c€/kWh) al -19% della classe 70.000-150.000 MWh (con prezzo in Italia 13,46 c€/kWh e in Germania 16,58 c€/kWh).

ELETTRICITA’: IN ITALIA CONSUMI A 300 TWH (+6%), METÀ DELLA PRODUZIONE DA GAS (49,5%). RINNOVABILI AL 40%, EOLICO +10,8%, STABILE IL FOTOVOLTAICO (+0,5%).

Nel 2021 i consumi di energia elettrica (300,6 TWh) risultano in aumento del 6% circa rispetto all’anno precedente, recuperando pressoché totalmente la diminuzione dell’anno precedente (nel 2020 il calo era stato del -6%) dovuta alla straordinaria situazione pandemica che aveva rallentato i consumi. L’aumento si è registrato in tutti i settori di consumo, compreso il domestico dove, tuttavia, l’aumento è stato molto più contenuto rispetto agli altri settori (+1,5%, contro aumenti superiori al +6% negli altri settori).
La domanda nazionale di energia elettrica è tornata in linea con i livelli pre-covid del 2019 (-0,6%) ed è stata soddisfatta per l’86,5% dalla produzione nazionale netta (che è aumentata del 2,2%), mentre per il restante 13,5% dalle importazioni. L’energia esportata è dimezzata e quella importata è aumentata del 17%, facendo registrare un saldo di energia import-export pari al 32,9%. Nel 2021 la produzione nazionale lorda di energia elettrica in Italia ha raggiunto 286,9 TWh, dai 280,5 TWh del 2020, con un incremento quindi del 2,3%. La crescita si è avuta, in particolare, nella produzione termoelettrica che è passata da 161,7 TWh circa a 170 TWh (+5,2%), grazie soprattutto alla maggiore produzione da gas naturale (142 TWh) che ha prodotto 8,4 TWh in più rispetto al 2020 e a quella da combustibili solidi (28 TWh) che ha generato 1,2 TWh in più rispetto all’anno precedente.

La produzione da fonti rinnovabili (114,7 TWh) è risultata, invece, in diminuzione (-1,9%); la produzione da bioenergie, idroelettrico e geotermico è diminuita rispettivamente del 6,9%, del 5,9% e del 2,1%, mentre è aumentata considerevolmente la produzione da eolico (10,8%). È rimasta pressoché invariata la produzione fotovoltaica (25 TWh) con un aumento dello 0,5%. Sul totale della produzione il gas pesa quindi per il 49,5% (tutto il termoelettrico rappresenta il 59,3%) e le rinnovabili per il 40%.
Eni è il primo operatore nella generazione termoelettrica, sebbene Enel abbia una quota appena inferiore; il primo gruppo, infatti, detiene il 15,7% della generazione termoelettrica complessiva lorda, mentre per il secondo la stessa quota è pari al 15,3%. Enel si conferma, per contro, il primo operatore nella produzione da fonti rinnovabili dove ricopre il 23,3% della generazione lorda, grazie alla sua quota significativa nell’idroelettrico (37,7%, in crescita rispetto al 34,8% dell’anno precedente) e alla totalità della produzione geotermica.
Per l’anno 2021, si stima che, a consuntivo, i costi derivanti dall’incentivazione delle sole fonti rinnovabili siano pari a circa 10,5 miliardi di euro, con una diminuzione di circa 1 miliardo di euro rispetto al 2020 e circa mezzo miliardo di euro al di sotto dei costi degli anni 2018 e 2019. La quantità di energia elettrica incentivata complessivamente si attesta a poco più di 63 TWh.

ELETTRICITA’: 58,5% DEI CLIENTI DOMESTICI HA SCELTO IL MERCATO LIBERO. ANCORA IN CRESCITA IL NUMERO DEI VENDITORI A 804 (+65 UNITÀ RISPETTO AL 2020).

Nel 2021 il numero complessivo dei punti di prelievo è rimasto sostanzialmente invariato (-0,2%) a poco meno di 37 milioni, di cui 29,8 milioni domestici e 6,7 milioni non domestici. Nell’ambito dei clienti domestici, a dicembre 2021 12,4 milioni sono serviti in maggior tutela e 17,5 milioni nel mercato libero: è proseguito quindi il sorpasso del mercato libero sul servizio di maggior tutela, cominciato nel 2020. I punti domestici serviti nel mercato libero sono saliti nella media del 2021 al 58,5%, contro il 54,3% del 2020.
Se poi si guarda ai volumi, il superamento del mercato libero si conferma ancor più netto: nel 2021, infatti, l’energia acquistata dal settore domestico in questo mercato è salita al 60,7%, nel 2020 era il 57,1% e nel 2019 superava di poco la metà, il 51,7%.
Nel 2021 la Sardegna è rimasta l’unica regione in cui la quota delle famiglie che acquistano l’elettricità nel mercato libero non raggiunge il 50%; in tutte le altre 19 regioni più della metà delle famiglie compra elettricità nel mercato libero.
Lo switching delle famiglie è ulteriormente cresciuto, come nel 2020, sia che lo si misuri in termini di punti di prelievo, sia in termini di volumi, con un’accelerazione stimolata dalle aspettative sulla rimozione della tutela di prezzo, ora attesa entro gennaio 2024 per i domestici e, verosimilmente, per la ricerca di condizioni economiche più favorevoli per la crescita straordinaria dei prezzi dalla seconda metà del 2021. Nello specifico, il 15,7% dei clienti domestici – circa 4,7 milioni di punti di prelievo – ha cambiato fornitore almeno una volta nel corso dell’anno 2021, in volumi il 17,9% circa del totale dell’energia acquistata dal settore domestico.
Nel 2021 il numero delle imprese di vendita di energia elettrica nel mercato libero iscritte all’Anagrafica operatori dell’Autorità (804) è tornato a crescere in modo sostenuto (+65 unità) dopo il rallentamento del 2020 (+16 unità) ma senza arrivare ai livelli del 2019 (+88 unità). Si conferma quindi un trend di espansione che procede ininterrottamente dalla liberalizzazione del 2007.
Il gruppo Enel rimane l’operatore dominante dell’intero mercato elettrico italiano, sebbene con una quota in lieve riduzione da qualche anno: nel 2021 è scesa al 34,5% del totale dei clienti (bassa, media e alta tensione, domestici e non domestici, era al 35,6% nel 2020). Al secondo posto, con il 6,3% delle vendite, è salito il gruppo A2A, mentre il gruppo Edison, che occupava tradizionalmente il secondo posto, è sceso al terzo, con una quota complessiva del 5,3 (5,9% nel 2020). La quota dei primi tre operatori (gruppi societari), è al 46,1% delle vendite complessive, mentre era al 46,9% nel 2020.
Enel controlla il 60,5% dell’energia consumata dalle famiglie (63% nel 2020 e 67,1% nel 2019); con una quota del 7,5% il secondo gruppo è Eni. Guardando al solo mercato libero, Enel ha una quota del 27%, stabile rispetto agli anni precedenti. Il secondo operatore diviene A2A, con il 6,3% circa, mentre Edison passa al terzo posto con il 6,1% circa (deteneva il 7% nel 2020).
In termini di prezzo medio finale (componente a copertura dei costi approvvigionamento), nel 2021 i valori del mercato libero risultano in media, se pur di poco, lievemente più economici di quelli del mercato tutelato, con uno scarto prossimo al 2% (-1,7%). Solo le classi di consumo tra 1000 e 2500 KWh risultano ancora più onerose nel mercato libero che nel tutelato, comunque in misura limitata (circa +1%). Il ribaltamento della valutazione di convenienza rispetto all’anno precedente è dovuto ai contratti a prezzo bloccato, che hanno arginato (almeno nel 2021) i forti aumenti verificatisi nei mercati all’ingrosso nel corso dell’anno, in particolare nella parte finale. Infatti, mentre il costo di approvvigionamento nel servizio di maggior tutela è aumentato mediamente del 75% rispetto all’anno precedente, nel mercato libero l’aumento è stato solo del 9%.

GAS: RIPRESA GLOBALE DEI CONSUMI OLTRE I LIVELLI PRE-COVID. CRESCE L’IMPORT IN EUROPA

Il 2021 ha visto un’importante ripresa dei consumi di gas a livello globale (+4,5%), con livelli superiori a quelli pre-Covid e giunti oltre la soglia dei 4.000 miliardi di m3. L’aumento della domanda è conseguenza, soprattutto nel primo semestre, della ripresa dei consumi dell'industria e della produzione elettrica, nonché delle condizioni metereologiche che hanno determinato un maggior fabbisogno per riscaldamento. Su base annua, l’aumento è stato trainato dai consumi asiatici (+8,7% l’Eurasia e +6,4% l’Asia del Pacifico) e in particolare dalla della Cina (+12%), dovuta al rimbalzo della sua economia e ai crescenti impieghi del metano nei vari usi, oltre che da fattori climatici. Molto significativa anche la crescita della domanda in Russia (+10,9%), stabili invece gli impieghi negli Stati Uniti. Nell’Unione Europea a 27, dopo la diminuzione di quasi il 3% nel 2020, la domanda è cresciuta di 17 miliardi di m3, per un rialzo del 4,3%, segnando il livello di consumo più elevato dal 2011 (412 miliardi di m3).
Le cause di tali aumenti sono da ricercare nella ripresa delle attività economiche e in un maggior utilizzo del metano nella produzione elettrica, dovuto in questo caso anche alla riduzione della produzione eolica nel Nord Europa e a un minore ricorso a nucleare e carbone in Francia e Germania. Una primavera ritardata ha inoltre protratto i consumi per riscaldamento anche in Europa.
Per quanto riguarda l’offerta, nel 2021 la produzione mondiale di gas è aumentata del 4,5%, crescendo in tutte le aree considerate tranne che in Europa (-3,3%) e nell’Unione Europea in particolare (-9,1%). L’Unione Europea, a seguito del forte rimbalzo dei consumi, ha fatto registrare un aumento delle importazioni del 3%, passando da 326,7 a 337,5 miliardi di m3. La Russia, con il 45,3% del totale importato (quasi 155 miliardi di m3) è il principale fornitore dell’Unione Europea, in maggior parte tramite gasdotti; circa il 24% invece è giunto in Europa tramite GNL. Nel 2021, il principale fornitore di GNL alla UE sono gli Stati Uniti (22,3 miliardi di m3), seguiti da Qatar (16,3), Russia (16),
L’UE ha coperto il fabbisogno 2021 anche attraverso un forte ricorso agli stoccaggi, entrati nella fase di erogazione autunnale con un livello di riempimento basso, pari al 77%, e hanno chiuso l’anno al 54%, in confronto rispettivamente al 95% e al 75% del 2020. Gli scambi sull’hub olandese TTF sono aumentati del 5% anno su anno, mentre la sua quota sul totale del commercio di gas europeo è salita dal 70% nel 2020 all'80% nel 2021. La quota delle borse sul totale dei volumi scambiati è passata dal 38% nel 2020 a poco più del 50% nel 2021.

GAS: PREZZI IN AUMENTO SUI MERCATI. TTF HUB PIU’ IMPORTANTE. CONCORRENZA INTERNAZIONALE PER IL GNL, ASIA GRANDE ACQUIRENTE

Il 2021 ha conosciuto uno straordinario rialzo dei prezzi europei e asiatici. In Europa, i record storici delle quotazioni spot e a breve termine sono stati ripetutamente infranti negli ultimi mesi del 2021. In seguito, verranno ulteriormente superati, dopo il 24 febbraio 2022, dopo l’invasione russa dell’Ucraina. In particolare, nel 2021, in Europa i prezzi spot all’ingrosso agli hub del gas sono in media annua più che quadruplicati rispetto al 2020. All’hub italiano PSV le quotazioni sono passate dai 19,8 €/MWh di gennaio ai 109,5 di dicembre (44,6 €/MWh in media annua). Andamento analogo si riscontra negli altri principali punti di scambio europei. Il TTF, primo hub europeo per dimensione degli scambi, liquidità e significatività dei valori, è salito da 19,3 €/MWh a inizio anno a 106,1 €/MWh a fine 2021 (in media annua 44 €/MWh). Le cause sono da attribuire a una combinazione di fattori: ripresa rapida dopo la pandemia; interrelazione tra mercati asiatici ed europei, in concorrenza per assicurarsi i volumi di GNL non legati a contratti a lungo termine; forte crescita della domanda asiatica trainata dalla Cina; volumi di GNL disponibili sul mercato globale minori di quelli attesi (per minore capacità di liquefazione e colli di bottiglia sulle rotte di trasporto); mancato riempimento degli stoccaggi europei; volumi delle esportazioni russe sui minimi contrattuali degli accordi di lungo termine e quasi cessata immissione da parte di Gazprom di volumi spot sul mercato europeo; effetti di una riduzione progressiva degli investimenti globali nell’upstream. Dopo il modesto aumento del 2020 (+0,4% vs. il 2019), nel 2021 il commercio internazionale di GNL ha registrato una crescita del 4,5%, per un volume di 372,3 miliardi di m3. Lato domanda, a livello regionale, la ripresa è stata disomogenea e ha interessato maggiormente l’Asia, che ha registrato un +7%, assorbendo una quota del 73,2% (+2 punti percentuali rispetto al 2020) del commercio internazionale. A trainare l’aumento è stata soprattutto la Cina che con quasi 80 miliardi di m3 (+15% sul 2020) ha superato come primo importatore mondiale il Giappone, che invece ha fatto rilevare volumi stabili rispetto all’anno precedente.

GAS: NEL 2021 IN ITALIA CONSUMI A +8,1%, PRODUZIONE AL MINIMO STORICO CON 3,3 MILIARDI DI m3. AUMENTA L’IMPORT DEL +9,9%, RICORSO AGLI STOCCAGGI. MENO GAS DALLA RUSSIA, MA PRIMO IMPORTATORE, SALE L’ALGERIA, TERZO L’AZERBAIGIAN CON IL GASDOTTO TAP. +500% L’EXPORT DI GAS ITALIANO VERSO L’ESTERO PERCHE’ MENO CARO

Nel 2021 il consumo netto di gas naturale è aumentato di 5,6 miliardi di metri cubi, attestandosi a 74,1 miliardi di metri cubi (+8,1% rispetto al calo record del 2020). I consumi del settore industriale sono cresciuti del 9,7% e quelli della generazione termoelettrica del 5,8%. ‘Commercio e servizi’, il settore che più aveva sofferto per le restrizioni effettuate durante la pandemia, è tornato ai livelli del 2019, segnando un +6,3%. Altrettanto è accaduto per i consumi di gas legati ai trasporti, che sono tornati sui livelli pre-Covid, anche nel settore domestico i consumi aumentano del 10,9%.
Nel 2021 minimo storico anche per la produzione nazionale, crollata del -16,7% rispetto al 2020, che già aveva subito una pari riduzione. Sono stati complessivamente estratti 3,3 miliardi di metri cubi di gas naturale: 1,87 miliardi dal mare e 1,6 dai campi situati in terraferma. Il grado di dipendenza dell’Italia dalle forniture estere è salito al 93,5% (dal 92,8% del 2020.). Eni controlla meno del 70% della produzione, dal 71,6% dell’anno precedente, a distanza il gruppo Royal Dutch Shell al 16%. Nel 2021 l’Italia ha importato 6,6 miliardi di metri cubi di gas naturale in più rispetto al 2020: le importazioni lorde sono infatti salite a 73 miliardi di metri cubi, evidenziando un incremento del 9,9%rispetto al 2020. Si è fatto un maggiore ricorso agli stoccaggi e a fine anno i prelievi sono risultati di 1.591 milioni di metri cubi superiori alle immissioni (erano 1.076 milioni di metri cubi nel 2020). Il gasdotto TAP, entrato a regime nel suo primo anno di funzionamento ha condotto in Italia 7,2 miliardi di metri cubi, portando l’Azerbaigian al terzo posto nella classifica dei paesi da cui importiamo gas dopo Russia e Algeria. Nel 2021, quindi, il peso della Russia tra i paesi che esportano in Italia è diminuito al 40% (era al 42,9% nel 2020), mentre la quota dell’Algeria è risalita dal 22,8% al 30,8%. Al terzo posto per importanza, come detto, si è posizionato l’Azerbaigian con una quota del 9,9%. Nella classifica vi sono poi: il Qatar, da cui arriva il 9,4% del gas complessivamente importato in Italia (10,5% nel 2020), seguito dalla Libia, al 4,4% e dalla Norvegia al 2,7% (era al 10,4% nel 2020). L’incidenza delle importazioni dal Nord Europa (cioè da Norvegia e Olanda insieme) si è quindi fortemente ridotta dall’11,8% al 3,1% nel 2021. Dei 73 miliardi di m3 di gas importato in Italia, 9,9 miliardi di m3 sono giunti via nave. Accanto alle tradizionali – e maggioritarie – provenienze dal Qatar e dall’Algeria che insieme incidono per l’82% di tutto il GNL importato, nell’importazione via nave degli ultimi anni stanno assumendo importanza altri paesi: in primis dagli Stati Uniti, divenuti molto significativi dal 2019, e dalla Nigeria, i cui quantitativi stanno aumentando da tre anni.
Eni rimane al primo posto delle imprese importatrici, con una quota di mercato del 48,4% (47,3% nel 2020). L’aumento delle importazioni di Eni (+15,8%) è di poco superiore a quella evidenziata dal totale delle importazioni nazionali. Insieme i primi tre importatori hanno approvvigionato il 72,4% del gas entrato nel mercato italiano (era 76,1% nel 2020). I volumi di gas esportato sono quintuplicati rispetto al 2020, salendo da 316 milioni di m3 a 1,5 miliardi di m3. L’incremento delle esportazioni, che si è manifestato specialmente nell’ultimo trimestre dell’anno, è stato favorito da una situazione che allora vedeva un’abbondanza di gas e ha reso il gas italiano più conveniente rispetto a quello acquistabile al TTF.

GAS: 485 LE IMPRESE ATTIVE, ANCORA IN AUMENTO. PRESSOCHE’ STABILE IL LIVELLO DI CONCENTRAZIONE DEL MERCATO. OLTRE IL 63% DELLE FAMIGLIE E’ SUL MERCATO LIBERO

Nel settore della vendita, su un totale di 485 imprese attive (-+22 rispetto al 2019) soltanto 30 (il 6,2%, come nel 2020) ha venduto oltre 300 milioni di metri cubi, coprendo l’83,7% di tutto il gas acquistato nel mercato al dettaglio.
Nel 2021 il livello della concentrazione nel mercato della vendita finale è leggermente diminuito. I primi tre gruppi controllano il 43,4%, mentre nel 2020 la quota era pari al 43,7%. Considerando i primi cinque gruppi, la porzione di mercato servita resta praticamente stabile al 53,9% (contro il 53,8% del 2020). La quota del gruppo Eni, infatti, diminuisce di un punto percentuale rispetto al 2020, passando dal 18,4% al 17,1%, perché le vendite del gruppo sono cadute di quasi mezzo miliardo di metri cubi (-4,4%). Al contrario, le quote dei gruppi Edison ed Enel sono leggermente cresciute: dal 13,5% al 13,9% nel caso di Edison e dall’11,8% al 12,4% nel caso di Enel. Ciò grazie a un risultato nelle vendite di entrambi i gruppi nettamente positivo. Nel 2021 la quota delle famiglie che hanno acquistato il gas nel servizio di tutela è scesa 36,8%; nel 2020 era risultata pari al 39,6%.
Il numero di clienti che ha cambiato fornitore nell’anno solare 2021 è stato di circa 2,8 milioni, con una percentuale di switching risultata complessivamente pari all’11,6% (dal 10,1% del 2020) e corrispondente a una porzione di volumi del 13,4% (era 13,2% nel 2020). I cambiamenti di fornitore dei consumatori domestici nel 2021 si sono ampliati di un punto percentuale, confermando e anzi accrescendo la già significativa vivacità registrata dal 2018, dopo un certo numero di anni nei quali si era un po’ attenuata.

GAS: PER I CLIENTI DOMESTICI PREZZI SOPRA MEDIA UE PER TUTTE LE FASCE DI CONSUMO. PREZZI LORDI PIU’ ALTI IN FRANCIA (CONSUMI BASSI) E SPAGNA (CONSUMI MEDI). DIMINUISCE L’INCIDENZA FISCALE

Anche nel 2021 i prezzi del gas naturale per i consumatori domestici italiani, comprensivi di oneri e imposte, sono stati più alti della media dei prezzi dell’Area euro per tutte le classi di consumo. Per la prima classe di consumo (< 520 m3/anno), in particolare, si è registrato un lieve aumento dei prezzi lordi, +11% rispetto all’Area euro (era +10% nel 2020). Per la classe dove si presenta la quota maggiore del totale dei consumi domestici (la classe 520-5.200 m3/anno con il 71,8% dei consumi), si riduce di poco il divario con la media dei prezzi lordi dell’Area euro, passando al +12% (era il +13%). Per la classe oltre 5.200 m3/a (perlopiù riscaldamenti centralizzati) il valore è stato invece del +21%, in aumento rispetto al +15% dell’anno precedente.
In termini di prezzi netti il differenziale con l’Area euro è aumentato per tutte le classi di consumo.
La componente oneri e imposte cala invece per tutte e tre le classi, confermandosi in particolare più bassi rispetto all’Area euro per la prima classe. Gli aumenti dei prezzi netti hanno di conseguenza molto contribuito, in Italia, a quelli dei prezzi lordi, mentre nell’Area euro sia l’aumento dei prezzi netti che le variazioni delle imposte hanno concorso alla crescita dei prezzi lordi.
Guardando al confronto con i principali paesi europei, il prezzo italiano per la classe di consumo più bassa (129,38 c€/m3), comprensivo delle imposte, rimane inferiore, come in passato, solo a quello francese. Nella seconda classe di consumo il prezzo italiano (90,30 c€/m3) non è quello più elevato come nel 2020, risultando superato dal prezzo praticato in Spagna. Il prezzo italiano (86,01 c€/m3) si conferma invece il più alto, come in passato, nella terza classe di consumo. I prezzi più convenienti rimangono, in tutte le classi, quelli tedeschi.
La componente oneri e imposte si conferma più alta nel nostro Paese per le classi a maggiori consumi, sebbene con un forte calo dei differenziali positivi, soprattutto rispetto alla Germania, che negli anni passati era il paese che in queste classi applicava le imposte più basse e si trova invece nel 2021 a essere seconda solo all’Italia. Nella prima classe la componente fiscale italiana, che nel 2020 era superiore solo a quella tedesca, scende fino a divenire quella più bassa.

GAS: PER I CLIENTI INDUSTRIALI PREZZI LORDI PIU’ BASSI DELL’AREA EURO IN TUTTE LE CLASSI, TRANNE LA BASSO CONSUMANTE. MIGLIORANO I DIFFERENZIALI CON GLI ALTRI PAESI

Nel 2021 i prezzi italiani del gas per i clienti industriali sono risultati inferiori a quelli dell’Area euro in tutte le classi eccetto che nella prima (consumi inferiori a 26.000 m3/anno), dove continuano a essere quelli più alti, con differenziali positivi pari al +13% a fronte di un +14% nel 2020. Nelle classi I3 e I4 (per consumi da 260.000 m3 a 26 milioni di m3 all’anno) i differenziali sono invece pari al -13% (rispettivamente -9% e -8% nel 2020). Per la classe di consumo I2 (da 26.000 fino a 260.000 m3/anno) il differenziale, nullo nel 2020, è divenuto negativo, seppur debolmente, in quanto pari al -1%. Il differenziale per la classe a più alti consumi (cioè con consumi annui compresi tra 26 e 104 milioni di m3), dopo aver assunto valori pari al +2% che nel 2020, è tornato a essere negativo e pari al -9%,
Per quanto riguarda i prezzi netti, i differenziali sono invece tutti positivi, con valori medi pari al 5% (6% nel 2020) Nel confronto con i principali paesi europei la situazione continua a essere variegata: rispetto alla Germania i prezzi della prime due classi si confermano più elevati, con differenziali positivi però in continuo calo (dal +33% nel 2020 al +25% nel 2021 e dal +13% al +8%), mentre per le altre classi aumenta la convenienza dei prezzi italiani, con differenziali negativi in ampliamento e compresi tra il -11% e il -17%.

ACQUA: ATTIVATI 15,6 MILIARDI DI INVESTIMENTI. REALIZZATI il 97% CIRCA DEGLI INTERVENTI PROGRAMMATI

Nel corso del 2021 sono proseguite le istruttorie per l’approvazione delle predisposizioni tariffarie per il terzo periodo regolatorio. In questo contesto, le approvazioni delle proposte tariffarie per il quadriennio 2020-2023 deliberate dall’Autorità, alla data del 30 aprile 2022, hanno riguardato complessivamente 91 gestioni, interessando 34.533.179 abitanti (60% della popolazione nazionale). Si rileva che, a livello nazionale, la variazione media dei corrispettivi applicati all’utenza, rispetto all’anno precedente, risulta del 2,79%, e, dunque, al di sotto dei limiti di prezzo fissati dall’autorità, pur in presenza dell’avviato percorso di miglioramento della qualità del servizio idrico integrato.
Con riferimento al terzo periodo regolatorio, i programmi degli interventi trasmessi all’Autorità portano a quantificare, per il quadriennio 2020-2023, una spesa per investimenti da finanziare attraverso tariffa, in termini pro capite, pari a circa 200 €/abitante a livello nazionale, con valori più elevati al Centro, pari a 278 €/abitante. Considerando anche le previsioni in ordine alla disponibilità di finanziamenti pubblici per la realizzazione di infrastrutture idriche, gli investimenti programmati per il quadriennio 2020-2023 risultano, in termini pro capite, pari a 263 €/abitante a livello nazionale (corrispondenti a una spesa annuale per investimenti di 65,8 euro/abitante).
Estendendo l’analisi sulla base della popolazione residente nel Paese, la spesa per investimenti, in termini assoluti, inclusa la disponibilità di fondi pubblici, ammonta a 15,6 miliardi di euro per il quadriennio. Da considerare che il fabbisogno qui rappresentato non tiene ancora conto del potenziale impulso che potrebbe derivare dalle politiche di pianificazione e di sostegno agli investimenti infrastrutturali nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Le verifiche compiute con riferimento ai costi delle immobilizzazioni computati in tariffa hanno confermato i generali miglioramenti nella capacità di realizzazione degli investimenti programmati, già evidenziati nella passata edizione della Relazione annuale. Il tasso di realizzazione è risultato infatti il 97% per il 2018 e il 94,5% per il 2019.

ACQUA: 322 €/ANNO LA SPESA MEDIA PER LA FAMIGLIA TIPO DI 3 PERSONE. MIGLIORANO LE PERDITE ACQUEDOTTI AL 40,7% E LE INTERRUZIONI (-31%). ANCORA DIFFERENZE TERRITORIALI TRA NORD E CENTRO-SUD.

Con riferimento ad un campione di 93 gestioni (che erogano il servizio a circa 39 milioni di abitanti), si rileva che, per l’annualità 2021, la spesa media annua sostenuta da un’utenza domestica residente tipo (famiglia di 3 persone, con consumo annuo pari a 150 m3), ammonta a 322 euro/anno a livello nazionale, con un valore più contenuto nel Nord-Ovest (239 euro/anno) e più elevato nel Centro (397 euro/anno), area quest’ultima in cui i soggetti competenti hanno programmato, per il periodo 2020-2023, una maggiore spesa pro capite per investimenti da finanziare attraverso tariffa.
Considerando le diverse voci che compongono la bolletta degli utenti domestici, per consumi annui di 150 m3, il 39,5% circa della spesa è imputabile al servizio di acquedotto, per il quale si spendono a livello nazionale 127,3 euro/anno. La spesa media nazionale per i servizi di fognatura e depurazione ammonta, rispettivamente, a 41,7 euro/anno (12,9% del totale) e a 95 euro/anno (29,5%). Inoltre la quota fissa pesa il 9% e altrettanto pesano le imposte (9%).
In linea generale, dall’analisi dei dati emerge un avanzamento nel processo di miglioramento complessivo per gli indicatori di qualità tecnica individuati dall’Autorità e una lieve ma stabile crescita del numero di gestori per i quali viene svolta periodicamente dagli Enti di governo dell’ambito la ricognizione dei dati infrastrutturali e di qualità, anche con riferimento alle gestioni localizzate nell’area geografica del Sud e delle Isole.
Più nello specifico, dalla ricognizione dello stato delle infrastrutture sulla base degli ultimi dati tecnici disponibili (riferiti al 2021), è emerso, a livello nazionale: un valore delle perdite idriche lineari mediamente pari a 17,2 mc/km/gg, nonché un valore medio delle perdite idriche percentuali pari al 40,7% (era il 41,2% nel 2019). Si rilevano valori di perdite più contenuti al Nord e valori medi più elevati al Centro e nel Sud e Isole, dove poco meno della metà della risorsa idrica immessa nei sistemi di acquedotto viene dispersa.
Per quanto riguarda le Interruzioni del servizio (la cui attivazione ai fini dell'applicazione del meccanismo di incentivazione è prevista a partire dall'anno 2020), il valore è fortemente condizionato da situazioni critiche a livello territoriale (specie nel Sud e Isole). In particolare, si osservano numeri bassi nel Nord Ovest (0,71 ore/anno) e nel Nord Est (0,64 ore/anno), superiori nel Centro (6,92 ore/anno) e più elevati nel Sud e Isole13 (171,41 ore/anno); i dati più critici sono riferibili a gestioni collocate nelle regioni Abruzzo e Sicilia. Rispetto ai dati precedenti, è stata comunque registrata una riduzione media delle interruzioni pari al 31%.
L’analisi del fabbisogno di investimenti (al lordo dei contributi) per il periodo 2020-2023 a livello nazionale conferma la concentrazione degli sforzi dei gestori al contenimento del livello di perdite idriche, che pertanto risulta obiettivo prioritario nelle scelte di pianificazione degli Enti di governo dell’ambito. Complessivamente le risorse destinate agli interventi per il miglioramento delle perdite costituiscono circa il 22% del fabbisogno totale del campione per il quadriennio 2020-2023, valore sostanzialmente in linea con quello rilevato nel biennio 2018-2019. Seguono gli investimenti per il miglioramento della qualità dell’acqua depurata e per l’adeguamento del sistema fognario, (in particolare nell’ottica di minimizzare gli allagamenti e sversamenti da fognatura), che si attestano rispettivamente al 18,1% ed al 13,9%, mentre diminuisce lievemente l’incidenza del peso degli interventi per ridurre le interruzioni idriche, che arriva al 13,5% del fabbisogno totale.
Analizzando la distribuzione degli investimenti per area geografica, emerge l’impatto nelle aree del Sud e delle Isole degli interventi finalizzati al superamento delle infrazioni comunitarie nei servizi di fognatura e depurazione. In termini generali di servizio, nel Nord-Ovest e nel Sud e Isole è stato espresso un maggiore fabbisogno nelle attività di fognatura e depurazione, mentre nel Nord-Est e nel Centro vi è una netta prevalenza di investimenti nell’attività di acquedotto. L’area nella quale si concentra la quota maggiore di investimenti per la riduzione delle perdite è quella del Sud e Isole (circa un quarto del fabbisogno totale), seguita dal Centro, mentre nel Nord-Ovest il fabbisogno di investimenti destinato all’adeguatezza del sistema fognario si colloca abbondantemente sopra la media, e, insieme al miglioramento della qualità dell’acqua depurata supera le risorse allocate al macro indicatore M1 (alla riduzione delle perdite).
Si conferma ancora l’esistenza, nel Paese, di un water service divide, con valori dei parametri tecnici che tendono generalmente a rappresentare situazioni di maggiore criticità in corrispondenza dell’area Sud e Isole.

RIFIUTI: CRESCONO A OLTRE 7.800 GLI OPERATORI. GOVERNANCE PIU’ FRAMMENTATA. IL METODO TARIFFARIO COPRE CIRCA 50 MILIONI DI ABITANTI. APPROVATO L’MTR-2

Nel corso del 2021, l’Autorità ha proseguito il processo di costruzione del quadro regolatorio di settore attraverso la definizione del Metodo tariffario rifiuti per il secondo periodo regolatorio 2022-2025 (MTR-2). Anche nel 2021, il processo di approvazione delle predisposizioni tariffarie relative agli anni 2020 e 2021 è stato condizionato dal protrarsi dell’emergenza sanitaria legata al virus COVID-19 e dal conseguente differimento dei termini per l’approvazione della TARI disposto dal legislatore con diversi interventi normativi. La scadenza, da ultimo fissata al 31 luglio 2021 ha fatto sì che la maggior parte delle predisposizioni tariffarie relative al piano economico-finanziario 2021 sia stata trasmessa in prevalenza nei mesi di luglio e agosto 2021, e in alcuni casi anche successivamente. Con riferimento all’annualità 2020 sono state trasmesse complessivamente poco più di 6.250 proposte tariffarie da più di 3.000 ETC, per una popolazione corrispondente di circa 51,5 milioni di abitanti (circa l’87% della popolazione nazionale). Per quanto concerne, invece, il piano economico-finanziario 2021, l’Autorità ha ricevuto circa 5.700 predisposizioni, che rappresentano una popolazione complessiva di circa 49,2 milioni di abitanti (circa l’83% della popolazione nazionale) da circa 2.700 ETC. Da ottobre ha preso il via l’approvazione delle proposte relative all’anno 2021.
Con riferimento al 2020, le predisposizioni approvate dall’Autorità riguardano circa 180 ambiti tariffari, interessando 8,7 milioni di abitanti (residenti in 270 Comuni), per le quali è stato approvato un incremento medio delle entrate tariffarie, rispetto al 2019, molto contenuto e pari allo 0,43%. Per quanto concerne il 2021, anno in cui l’attività di approvazione ha seguito nella tempistica le proroghe dei termini per l’approvazione delle tariffe determinate dal protrarsi dell’emergenza sanitaria, le predisposizioni approvate hanno interessato 33 ambiti tariffari e una popolazione di poco più di 4,3 milioni di abitanti (distribuita in 124 Comuni); l’incremento medio annuo delle tariffe, con riferimento alle predisposizioni 2021 finora approvate dall’Autorità, è stato pari all’1,3%. Risultano iscritti all’Anagrafica Operatori dell’Autorità 7.843 soggetti (erano 7.470 nel 2020), con un incremento di circa il 370 unità rispetto all’anno precedente, di cui 7.608 iscritti come gestori, nell’86,5% dei casi Enti Pubblici e nel 13,5% gestori con diversa natura giuridica. Lieve incremento del 7% dei soggetti iscritti come Enti territorialmente competenti (ETC). A conferma della complessità e della frammentarietà della governance di settore, si rileva, inoltre, un numero ridotto di Enti di governo dell’ambito (poco meno di 60), a fronte di un numero molto elevato di Enti territorialmente competenti (3.762, rispetto ai 3.523 del 2020), coincidenti nel 98% dei casi con i Comuni.

RIFIUTI: PREZZI E ATTIVITA’ FORTEMENTE DISOMOGENEI PER TRATTAMENTO, INCENERIMENTO E DISCARICA

Nell’ambito dell’avvio del procedimento per la definizione del MTR-2 e dei criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento è stata avviata un’attività di ricognizione volta all’acquisizione di dati e informazioni inerenti agli impianti di trattamento dei rifiuti urbani – inceneritori, discariche e impianti di trattamento meccanico biologico. Su un panel di 29 impianti di incenerimento (su 37 censiti dall’ISPRA, nel 2019 anno di riferimento) sono stati inceneriti 4,9 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui il 13% di rifiuti speciali e l’87% di rifiuti urbani. Solo 5 impianti hanno ricevuto unicamente rifiuti di origine urbana; per la maggior parte degli impianti la quota di rifiuti speciali risulta residuale rispetto a quella dei rifiuti urbani; mediamente negli impianti di taglia maggiore la quota di rifiuti speciali conferiti risulta più significativa. I primi 5 impianti del panel hanno trattato il 49% del totale dei rifiuti inceneriti. Il prezzo di conferimento dichiarato dai gestori del panel è estremamente variabile da impianto a impianto e viene indicato da un minimo di 84 €/tonnellata a un massimo di 191 €/tonnellata; a livello di macroarea si registra invece un prezzo medio di conferimento di 105 €/tonnellata al Nord, e 113 €/tonnellata al Centro e al Sud (prezzo medio 106 €/tonnellata). Gli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) (raccolti dati relativi a 68 impianti su 130 censiti dall’ISPRA) ricevono 4,9 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui il 98% di rifiuti di origine urbana e solo il 2% di rifiuti speciali. Il maggiore apporto di rifiuti è dato dai rifiuti indifferenziati (79%). Il prezzo di conferimento varia da un valore minimo di 15 €/tonnellata a un valore massimo di 189 €/tonnellata (prezzo medio 108 €/tonnellata). Infine, analizzando i dati di 55 discariche su 131 (ISPRA) queste hanno gestito complessivamente, nel 2019, 3,6 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui 2,6 milioni di tonnellate di rifiuti di origine urbana da valore minimo di conferimento di 12 €/tonnellata fino a un valore massimo di 190 €/tonnellata (prezzo medio 84 €/tonnellata).

TELERISCALDAMENTO: TREND IN CRESCITA, ANCORA CONCENTRAZIONE NELL’ITALIA SETTENTRIONALE

Si conferma il trend di crescita del teleriscaldamento e del teleraffrescamento, in termini di volumetria allacciata ed estensione delle reti, giunta nel 2020 a 375,2 milioni di metri cubi. L’estensione delle reti è quadruplicata, passando da circa 1.091 km nel 2000 a 4.666 km nel 2020. La diffusione del servizio rimane concentrata principalmente nell’Italia settentrionale e centrale, dove la maggiore domanda di calore per il riscaldamento degli edifici e l’elevata densità abitativa consentono di giustificare i rilevanti investimenti infrastrutturali necessari per assicurare la fruizione del servizio agli utenti. Le 5 regioni del nord Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Veneto rappresentano, da sole, oltre il 95% dell’energia termica erogata.
Il gas naturale si conferma la fonte energetica nettamente prevalente per il funzionamento degli impianti di telecalore, rappresentando il 69,2% del consumo energetico complessivo, in leggera flessione rispetto all’anno precedente. Un contributo significativo è fornito anche dai rifiuti urbani residui (RUR), pari al 15,8% delle fonti energetiche utilizzate, e dalle bioenergie (biomasse, biogas e bioliquidi) che, arrivando a rappresentare il 10,3% del totale, guidano la crescita delle fonti rinnovabili. Con riferimento alle tecnologie di generazione si conferma una netta prevalenza degli impianti di cogenerazione di elettricità e calore, che hanno prodotto il 65,7% dell’energia termica immessa nelle reti.
Il numero delle imprese operanti nel settore del telecalore oggi iscritte alle Anagrafiche dell’Autorità è di 253 (259 l’anno precedente). Di queste, l’86% si occupa, di norma in forma integrata, di attività strettamente legate all’esercizio delle reti e alla fornitura dall’energia termica alle utenze (distribuzione o misura o vendita) mentre la quota rimanente si occupa solo di produzione di energia termica.
L’energia distribuita dalle reti di telecalore è utilizzata principalmente per la climatizzazione ambientale (riscaldamento e raffrescamento) e la produzione di acqua calda a uso igienico-sanitario, mentre è marginale l’utilizzo in processi industriali. Una quota significativa del mercato è infatti costituita da utenze di tipo residenziale e terziario (rispettivamente il 65,3% e il 31,9% del totale), mentre la domanda del settore industriale rimane marginale (2,8%).
Dall’analisi dei prezzi del settore, si evidenzia un’ampia eterogeneità dei prezzi medi applicati dagli esercenti. In particolare, il 50% delle offerte commerciali è risultata compresa tra 73 e 107 €/MWh, con un valore medio di 91 €/MW.