Energia24 Aprile 2024 17:46

Alleanza per il Fotovoltaico: “Coldiretti metta fine ad allarmismi infondati”

“Stiamo registrando, frequentemente, interventi da parte di Coldiretti che solleva criticità e lancia allarmi riguardo presunti rischi provocati dagli impianti fotovoltaici nei confronti dei terreni agricoli. Secondo l’associazione degli agricoltori, in diverse aree geografiche del Paese, il fotovoltaico sarebbe causa di consumo del suolo, occupazione dei terreni e cementificazione per via di una normativa troppo permissiva. Si tratta di rilievi infondati, che possono generare un allarmismo gratuito e privo di connessione con la realtà. La tecnologia fotovoltaica non è in contrasto con la tutela e lo sviluppo dell’agricoltura che, invece, può e deve procedere in sintonia con un incremento delle fonti rinnovabili. Le fonti energetiche rinnovabili sono una risposta cruciale per la lotta agli effetti del cambiamento climatico, che ha ripercussioni soprattutto sul settore agricolo. Il fotovoltaico a terra è temporaneo e non produce alcuna impermeabilizzazione del suolo, né alcun impoverimento di nutrienti, humus, biodiversità. Grazie all’innovazione tecnologica non prevede l'impiego di cemento, non ha alcun impatto chimico né pregiudica l'utilizzo agricolo. Anzi, è acclarato che consente il risparmio idrico e protegge gli insetti impollinatori dall'eccessiva insolazione. Gli impianti fotovoltaici occupano senz'altro territorio, ma non lo consumano; al contrario lo preservano, in molti casi, da usi ben peggiori. A tal riguardo, secondo l’ultimo rapporto ISPRA, pur se si volesse installare a terra tutto il nuovo fotovoltaico previsto in Italia dal PNIEC al 2030 (57 GW) si utilizzerebbe comunque una porzione minima del suolo nazionale, ben sotto l’1%". Lo afferma, in una nota, l’Alleanza per il Fotovoltaico, che aggiunge: "Ipotizzando di realizzare 5 GW/anno di fotovoltaico a terra, servirebbe una superficie di appena 10.000 ettari da dedicare agli impianti, mentre l’attuale superficie agricola totale in Italia è pari a 16,5 milioni di ettari. Per realizzare questi 5 GW di fotovoltaico basterebbe impiegare lo 0,06% della superficie agricola ogni anno. In 10 anni si tratterebbe dello 0,6% del territorio agricolo nazionale. Considerato che per soddisfare questo fabbisogno sarebbe sufficiente andare a coinvolgere solamente i terreni attualmente incolti e inattivi, che in Italia sono 3,5 milioni di ettari, si comprende come il “problema del consumo di suolo” sia in realtà un falso problema".

"Riguardo la normativa - che Coldiretti lamenta essere troppo lasca - è sufficiente evidenziare che le autorizzazioni stentano a decollare e che oltre il 90% dei progetti viene bocciato definitivamente con un parere negativo della Soprintendenza. Anche gli iter autorizzativi come la PAS (per gli impianti minori) prevedono comunque la partecipazione di numerosi enti, che si occupano di valutare ogni singola componente dei progetti e garantire che sia sempre soddisfatto l’interesse pubblico. Ad esempio, in questo tipo di procedure intervengono l’Autorità di Bacino e Genio Civile per temi idraulici; i geotecnici dei Dipartimenti di Ingegneria Civile e Ambientale per le questioni connesse alla geomorfologia; le Soprintendenze e i Dipartimenti degli enti locali per valutare il corretto inserimento nel contesto ambientale e paesaggistico e per tutelare i beni del nostro Paese; i Dipartimenti agricoltura regionali per valutare aspetti agricoli; i Dipartimenti urbanistica per verificare l’effettiva possibilità di realizzazione. In sostanza, l’iter autorizzativo passa per una pluralità di strutture che rende i progetti sicuri sotto ogni profilo. La normativa risulta quindi tutt’altro che permissiva. Nel complesso, non vi è ragione di porre in antitesi e contrapposizione fotovoltaico e agricoltura: sono due realtà compatibili e complementari. Entrambe, sinergicamente, possono e devono costituire i pilastri per uno sviluppo sostenibile del nostro Paese, e gli operatori del settore auspicano che si apra finalmente un tavolo di dialogo tra le parti”, conclude la nota.