Opere irrigue22 Marzo 2024 11:07

Acqua, dopo la siccità del 2022 perso il 52% delle riserve d’acqua rispetto alla media degli ultimi 70 anni. Il report

Il 2022 ha visto l'Italia fronteggiare una grave riduzione della disponibilità di risorse idriche rinnovabili, con un volume totale disponibile di soli 67 km^3, in calo del 52% rispetto alla media del periodo 1951-2022. I dati sono emersi oggi, in occasione della presentazione del Blue Book 2024 promosso da Utilitalia e realizzato dalla Fondazione Utilitatis e del Libro Bianco 2024 “Valore Acqua per l’Italia” di The European House – Ambrosetti, relativi alla filiera estesa dell’acqua. Una situazione allarmante, come evidenziato dal Presidente di Fondazione Utilitatis, Mario Rosario Mazzola, che richiede un'azione immediata per aumentare la resilienza delle infrastrtture agli effetti dei cambiamenti climatici sul ciclo idrologico: “La persistenza di periodi siccitosi, insieme a fenomeni alluvionali, non può più essere vista come un'eccezione, ma piuttosto come la nuova norma”.

Come evidenzia il Libro Bianco 2024, realizzato attraverso il lavoro della Community Valore Acqua per l’Italia di The European House-Ambrosetti, nel 2022 il Paese ha affrontato una crisi idrica senza precedenti che ha generato una perdita di acqua consumabile al quantitativo necessario per irrigare circa 641.000 ettari di terreno, un'area che corrisponde all'intera superficie agricola del Lazio, ma non solo: la quantità d’acqua consumata annualmente da oltre 14 milioni di persone, un numero pari agli abitanti di Lombardia e Piemonte, e alla quantità necessaria alla produzione di 82.000 imprese manifatturiere, il tessuto industriale di regioni come Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna.

"In un momento storico caratterizzato dalla crisi climatica - ha dichiarato Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di The European House – Ambrosetti - e dalla conseguente riduzione della disponibilità di acqua, l'adozione di strategie volte all'efficienza nell'uso di questa risorsa è una priorità. E’ importante modernizzare e rendere più efficienti le nostre infrastrutture idriche, come dighe e piccoli invasi, per ottimizzare la raccolta e lo stoccaggio dell'acqua o affrontare la sfida rappresentata dal trattamento degli oltre 1,5 milioni di tonnellate di fanghi di depurazione oggi non valorizzati, ma deve esserci consapevolezza e partecipazione attiva dei cittadini: in Italia si prelevano mediamente 156,5 m³ di acqua per abitante all'anno a fini potabili, il terzo valore più alto nell'Unione Europea dopo Irlanda e Grecia”.

Secondo Mazzola, “è necessario adottare un approccio globale che consideri tutti i diversi utilizzi dell’acqua nel nostro Paese, insieme a interventi non più procrastinabili sul fronte della governance e ad azioni sinergiche che coinvolgano anche il mondo agricolo”.

Come emerge dai dati del Blue Book, del resto, il settore della depurazione delle acque reflue può avere un ruolo significativo nella differenziazione delle fonti di approvvigionamento, al netto di nuovi investimenti. Il parco impiantistico va infatti adeguato agli obiettivi indicati nella proposta di revisione della direttiva acque reflue, che prevede l’applicazione di tecnologie avanzate per migliorare il processo depurativo e dunque la qualità dell’acqua in uscita. Si stima una spesa complessiva di circa 5 miliardi di euro per adeguare gli impianti attuali con processi di eliminazione dell’azoto e del fosforo, e tra 1,6 e 6,1 miliardi di euro per implementare gli impianti esistenti con sistemi di trattamento che eliminino uno spettro più ampio di microinquinanti. In un’ottica di economia circolare, il riutilizzo delle acque reflue può rappresentare una risorsa non convenzionale di grande valore, considerando che il contributo potenziale offerto si colloca tra il 38% e il 53% del fabbisogno irriguo nazionale.

Insieme a questi interventi, per incrementare rapidamente la quantità di acqua disponibile, trova già attuazione il "Piano Laghetti", un'iniziativa congiunta di ANBI e Coldiretti chemira a costruire 10.000 invasi medio-piccoli e multifunzionali in tutta Italia entro il 2030. Questo piano non solo aumenterà la relativa capacità di invaso del 60%, ma espanderà anche le aree irrigabili di 435.000 ettari, creando più di 16.000 nuove opportunità di lavoro.