Opere irrigue6 Dicembre 2023 11:08

Acqua, Anea: Per evitare shock idrico Italia deve rafforzare governance enti gestione

L’acqua è un bene sempre più prezioso come evidenzia proprio in questi giorni COP28, la conferenza Onu sul clima. Particolarmente in Italia, dove il consumo pro capite è il più alto d’Europa, con quasi 220 litri al giorno, e le perdite annuali di rete degli acquedotti superano il 40%. L’Italia è insomma un Paese con un alto stress idrico: c’è dunque bisogno di risorse e di personale qualificato per superare una situazione critica ma anche di un rafforzamento del ruolo di gestione e controllo da parte degli enti preposti, gli Enti di governo d’ambito (EGA), che rappresentano di fatto il luogo in cui si media tra le istanze dei cittadini e i progetti delle aziende che gestiscono il servizio idrico.

È quanto emerge dal rapporto realizzato da REF Ricerche, “Oltre 20 anni di Servizio Idrico Integrato: il ruolo degli Enti d’Ambito”, e presentato oggi nel convegno promosso dall’Associazione nazionale degli enti d’ambito (ANEA), aperto dalla presidente Marisa Abbondanzieri che ha introdotto il contesto generale e l'obiettivo dello studio commissionato. Sono poi intervenuti Stefano Besseghini, presidente Autorità di Regolazione Energia Reti e Ambiente (ARERA); Chiara Braga e Piergiorgio Cortellazzo della Commissione Ambiente alla Camera.

Nonostante le criticità – secondo ANEA - il quadro del servizio idrico integrato registra un’evoluzione complessivamente positiva. All’inizio degli anni ‘90 il settore idrico era caratterizzato da un’alta frammentazione, con più di 7.000 operatori attivi nelle diverse fasi della filiera e situazioni estremamente diversificate nella qualità dei servizi offerti ai cittadini. Oggi gli EGA garantiscono la copertura di circa l’80% della popolazione e gli investimenti nel settore si sono moltiplicati per cinque. A trent’ anni dalla nascita del Servizio Idrico Integrato, la maturità raggiunta dal sistema di governo locale e dalle gestioni, grazie anche alla regolazione ARERA e al consolidamento degli operatori, ha permesso un livello di investimenti programmati che ha raggiunto i 70-80 euro pro capite, rispetto ai 10-20 euro del periodo pre-regolazione, con un tasso di realizzazione che si avvicina al 100%.

Si può quindi affermare che oggi gli Enti di Governo d’Ambito (EGA) e gli operatori sono in grado di attuare gli indirizzi che nascono dalla legislazione comunitaria e nazionale. Ma rimangono carenze di personale qualificato che rallentano il processo di miglioramento del servizio. Soprattutto in alcune aree del Paese si registra un service divide, un divario frutto di carenze passate in termini di capacità di governo efficace, di competenza e di gestione industriale della risorsa acqua, anche se le distanze si stanno progressivamente accorciando.

“Gli Ambiti rappresentano un luogo di mediazione amministrativa e politica importante, ed oggi sono chiamati non solo ad assumersi la responsabilità delle proposte progettuali dei gestori e del loro controllo, e rendicontazione, ma anche del coordinamento nella realizzazione degli interventi strategici per l’adattamento ai cambiamenti climatici su orizzonti temporali più ampi”, dichiara la Presidente Marisa Abbondanzieri.

Lo studio ANEA ha mappato il diverso livello di maturità raggiunto dagli Enti di governo d’ambito e indagato sull’efficacia della loro azione, sul numero e la profondità dei presidi riguardanti i ruoli di indirizzo, regolazione e controllo loro affidati, sulle competenze di cui sono depositari e sulla qualità dei rapporti con gli altri soggetti con i quali sono chiamati a dialogare: ARERA, le autorità di distretto, le Regioni, i gestori e gli utenti del servizio.

Dall’indagine, cui hanno partecipato 36 EGA distribuiti da Nord a Sud che rappresentano 47 milioni di abitanti, tra le principali difficoltà che impediscono la piena operatività degli enti emerge in modo trasversale un deficit di risorse umane, tanto grave da rendere difficile ottemperare alle proprie funzioni istituzionali. Quanto agli EGA di più recente istituzione, le principali difficoltà sono legate ad aspetti operativi/istituzionali che richiedono un immediato intervento e l’attivazione dei poteri sostitutivi da parte delle Regioni. “Si tratta di aspetti la cui risoluzione non è più procrastinabile poiché di fatto inficiano l’efficacia dell’azione tecnico-amministrativa degli EGA – si legge nel rapporto - la regolazione multilivello richiede che gli EGA siano un sostanziale e valido braccio operativo in grado di declinare sul territorio le prescrizioni della regolazione ARERA: le attività che sono chiamati a svolgere necessitano di un rafforzamento delle competenze tecniche, economiche e giuridiche caratterizzate da un’altissima specializzazione”. Il rischio è che ci si trasformi invece in strutture ‘validatrici’ delle proposte avanzate dai gestori, proposte che riguardano naturalmente anche la definizione della tariffa dell’acqua e che quindi impattano sulla vita dei cittadini.

Servono insomma alti livelli di professionalità oltre che un aumento di almeno il 30% in più di figure in pianta organica, perché il compito degli EGA di pianificazione degli interventi e controllo della loro realizzazione è sempre più centrale, per incontrare gli obiettivi del Green Deal europeo e controllare l’adeguatezza della spesa delle risorse del PNRR e del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico (PNIISSI). “Considerata l’ingente mole di investimenti e risorse che si riverserà sul servizio idrico – si legge nel rapporto - appare doveroso un rinforzo ai presidi volti al controllo dell’operato dei gestori”.

Non solo: gli EGA, oltre a doversi assumere la responsabilità delle proposte progettuali dei gestori e del loro controllo, devono farsi carico anche del coordinamento nella realizzazione di interventi strategici per l’adattamento ai cambiamenti climatici su orizzonti temporali più ampi. Si pensi alla tutela della risorsa, dalla definizione delle aree di salvaguardia delle captazioni di acque sotterranee alla tutela degli ecosistemi e alla rigenerazione della risorsa nei territori montani fino alla gestione delle acque meteoriche nei centri urbani. Tutti elementi che necessitano di competenze di programmazione più avanzate, in grado di affrontare il mutato contesto.

L’occasione dell’annunciata revisione del D.Lgs. n. 152/2006 potrebbe essere quella adatta per valutare, insieme a tanto altro, anche il contributo che ANEA, a partire da questa ricerca, potrà offrire nei prossimi mesi nell’ambito dei lavori di riforma.

Il lungo processo di riforma organizzativa e regolatoria del Servizio Idrico, avviato nel 1994 dalla Legge Galli, rafforzato dal decreto Sblocca Italia del 2014 e dal recente Testo Unico sui Servizi Pubblici Locali, è a metà del guado: adesso occorre proseguire nella razionalizzazione degli assetti locali per consolidare il quadro istituzionale del settore idrico. Tenendo presente che le sfide delle politiche europee per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti del clima richiedono un coordinamento sempre maggiore tra la gestione della risorsa e la tutela dell’ambiente. E soprattutto un rafforzamento delle strutture tecniche sia in termini di organico sia di qualifiche e competenze più avanzate di gestione, controllo e programmazione, in grado di affrontare il mutato contesto.